“Si è convertita”, “là non stava mica così male”, “meglio aiutare i lavoratori in difficoltà”: questi sono solo alcuni tra i tanti commenti d’odio che si sono diffusi in rete dopo la notizia del ritorno di Silvia Romano, dopo un anno e mezzo di prigionia in Kenya e in Somalia.
Probabilmente c’era da aspettarselo, eppure la cattiveria, l’odio e l’ignoranza intrinseca in queste parole non smettono mai di stupire.
Il ritorno dell’attivista italiana dovrebbe farci gioire per la notizia, ma nulla di più, e le speculazioni sulla sua eventuale nuova religione sono inutili e dannose, sbandierate sui titoli di tutti i quotidiani principali di oggi, come se l’orientamento religioso fosse un crimine o un errore, uno scoop inutile che dovrebbe farci riflettere.
E poi il caro vecchio populismo, ormai sempre presente nei discorsi dell’ attuale agenda politica italiana, in questo caso nascosto dietro i commenti come “aiutiamo prima i lavoratori”, come se ci fosse da scegliere esclusivamente tra le due opzioni e non si potesse invece essere felici per questa notizia e cercare di aiutare tutti come una vera comunità dovrebbe fare, certamente senza dimenticare le difficoltà legate al Covid-19.
La sua liberazione è prova di grande coraggio ed esempio di umanità da parte dello Stato verso i propri cittadini, cosa che spesso non avviene in altre zone del mondo in cui lo Stato agisce da vero e proprio tiranno verso la popolazione ormai ridotta a sudditi. Il valore del riscatto e gli investimenti necessari all’operazione sono sicuramente importanti, ma la sua liberazione vale sicuramente di più.
Nonostante questo, il dibattito sugli eventuali effetti negativi che operazioni simili possono portare dovrebbe essere almeno preso in considerazione, poiché il rischio di finanziare e incoraggiare altri sequestri è reale ed è un dibattito che dovrà svilupparsi nelle apposite sedi e al giusto tempo, ma non ora.
L’operazione che in questo caso ha portato alla liberazione di Silvia però, rimane insindacabile, così come la maggiore importanza per il diritto alla vita rispetto al lato finanziario.
Ora come in tutti i momenti simili a questo, non dobbiamo neanche dimenticare la necessità e il rispetto della privacy della persona e, in questo caso, della famiglia, senza inutili strumentalizzazioni per secondi fini (spesso politici) che non hanno nessun significato, di fronte alla gioia che proverà la famiglia ad essere riunita.
Ricevuta l’ottima notizia è tempo di lasciare spazio. Non resta altro da fare che dedicare un pensiero positivo e tornare alla nostra vita.