Terzo giorno di presidio davanti al Comune dei senza fissa dimora dopo la chiusura del sito di Piazza d’Armi
Arrivo in piazza Palazzo di Città 11.30 circa, una donna con una figlia affetta da grave disabilità psichica pare sia stata destinata ad una struttura, non sono riuscito a verificare, ma il tam tam, che il più delle volte funziona egregiamente, dà segnali positivi: speriamo in bene.
Dopo un po’ davanti al comune si forma un gruppo di agenti Digos e l’Assessore Leto.
Partono dirigendosi “in parata” verso – guardando il Palazzo del Comune – la parte sinistra della piazza. Comincio a scattare, con la coda dell’occhio vedo i colleghi accorrere.
Si forma un capannello, viene fatta una sorta di appello, il primo giorno, dono stati presi i nomi dei presidianti. La situazione si fa concitata, gli attivisti che supportano i presidianti cercano di capire, io anche.
Alla fine viene portato un presidiante all’ufficio stranieri, ad ora non ne so più nulla. La situazione pare surreale, la sensazione è di opacità. Sensazione confermata quando nel primo pomeriggio ad una donna con patologia (non Covid-19) pregressa viene offerta una sistemazione in “un’ottima struttura”.
“L’ottima struttura” si rivela essere “L’Isola di Ariel” in via Aquila, struttura al centro di svariate critiche nell’ambito torinese, e, secondo molti, non classificabile come “ottima”.
La donna chiede di essere accompagnata da un’attivista, ma il Comune nega il permesso, la donna, se vuol entrare nella struttura, dovrà essere accompagnata sola, da – immagino – agenti della Digos.
L’Avvocato Vitale di Legal Team cerca in tutti i modi di trovare una mediazione per salvaguardare il desiderio della donna, ma il niet del Comune è irremovibile.
Assessore Leto, avrei una domanda: se si fosse trattato di sua madre, non avrebbe preferito che fosse accompagnata da visi amici? Da persone che sente vicine?
Mi sento sempre di più in un’atmosfera surreale: la realtà è che stiamo parlando di persone, del destino, dell’esistenza di esseri umani.
Cerco di capire, di andare a fondo, parlo con Chiara: mi racconta della struttura in piazza d’Armi, mi dice che c’erano diversi italiani che ci dormivano, pensionati che vivevano in affittacamere e data l’emergenza e la chiusura delle strutture “turistiche” hanno perso la camera in affitto e sono finiti in mezzo ad una strada.
Mi racconta di solo otto posti femminili, di donne che ogni sera litigavano per contendersi i letti, francamente in numero di un’esiguità incomprensibile, di quanto fosse problematica la situazione all’interno del sito, e di come potesse essere meglio gestita.
Riportiamo un virgolettato de “La Stampa” riguardante delle dichiarazioni della vicesindaca Schellino: ” il sistema di accoglienza agli stranieri, nel periodo dell’emergenza, è stato potenziato, con «un aumento di circa 25 posti». A questi si fanno ad aggiungere quelli della rete rivolta ai senza dimora, «con 33 posti aggiuntivi»”.
E ancora: “Insomma, la situazione era ingestibile. Non solo. Perché malgrado la presenza della polizia municipale, ci sono state tensioni, oltre ai problemi legati all’alcolismo di diversi ospiti”.
Vicesindaca: ma davvero avete chiuso il sito perché non eravate in grado di gestire l’ordine pubblico? Sta davvero dicendo che non eravate in grado di gestire un dormitorio da 100 persone? Se fosse così: non sarebbe il caso di trarre le dovute conclusioni?
Come mai parla di stranieri, quando in piazza d’Armi c’erano diversi italiani? Da dove prende le sue informazioni? Se fosse scesa in piazza Palazzo di Città a vedere, avrebbe visto che ci sono donne italiane che non hanno fissa dimora e che sono lì, sotto il Comune in attesa che voi, la politica, troviate delle soluzioni.
Cosa pensate di fare, oltre a non mettere dei bagni chimici (al terzo giorno di presidio, ancora nulla)? Di far andare via di lì le persone? Per mandarle dove? In un parco? Ma i parchi non sono frequentabili solo da persone che fanno attività fisica? Forse a dormire all’aperto, ma in periferia?
Oppure pensate di mandare tutti in uno dei diversi (tutti?) help center che sono focolai di Sars-CoV-2?
E poi una boccata d’aria, di concretezza: arrivano i volontari di R4A (Rainbow for Africa), col loro camper attrezzato, per fare uno screening medico delle persone che presidiano.
Ma anche lì l’illusione dura poco. Basta poco per rendersi conto di quante persone con patologie (non Covid-19) conclamate da anni siano completamente al di fuori di qualunque continuità assistenziale, sia sanitaria che sociale, nonostante ne abbiano i requisiti.
Questa situazione ha aperto un vaso di pandora, una situazione vergognosa di abbandono perpetrata da anni.
La schiavitù persiste nel mondo, ora in molti paesi c’è la schiavitù da debito, molto meno impegnativa della schiavitù tradizionale, che comunque doveva mantenere lo schiavo in età improduttive come l’infanzia e la vecchiaia.
Nei paesi occidentali neo-liberisti c’è la schiavitù da mancanza di diritti, se non hai i documenti, se non hai un lavoro, una casa, sei privo di diritti: esattamente come uno schiavo.