“Adesso possiamo andare avanti con le procedure di detenzione attraverso gli avvocati e quindi penso sia sufficiente sospendere lo sciopero della fame, soprattutto perché non voglio che tu trascorra l’Eid preoccupata per me”, si legge nella lettera dell’attivista egiziano Alaa Abd El Fattah inviata a sua madre dal carcere di Tora.
Dopo aver appreso che la sua detenzione di custodia cautelare era stata rinnovata da un giudice, l’attivista, tra i leader egiziani più influenti della Primavera Araba, ha dichiarato la fine dello sciopero della fame che durava da più di un mese. Alaa è in prigione dallo scorso settembre dopo aver già scontato cinque anni per le rivolte di Piazza Tahrir del 2011 contro il regime di Mubarak.
Alaa aveva iniziato lo sciopero della fame dopo che a lui e ad altri detenuti politici era stato impedito di partecipare alle udienze per il rinnovo della detenzione a causa delle restrizioni da coronavirus, per l’uso di due pesi e due misure sul rilascio dei detenuti a rischio contagio e per le condizioni dei prigionieri politici nel carcere di Tora: celle fatiscenti, accessi negati all’aria aperta, niente libri o giornali. In Egitto nelle scorse settimane sono state rinnovate le detenzioni di circa un migliaio di prigionieri, anche se a loro e agli avvocati è stato impedito di partecipare alle sedute giudiziarie.
In questi giorni aveva fatto il giro del web una foto che ritrae la madre di Alaa, Laila Seif, docente di matematica all’Università del Cairo e attivista già dal 1972, mentre dorme in strada, distesa sopra dei cartoni con la testa appoggiata alla sua borsa e gli abiti sporchi davanti alla prigione di Tora come segno di protesta. La madre e la sorella di Alaa si sono recate ogni giorno davanti al carcere per fornirgli i beni necessari per affrontare il digiuno: vitamine, bevande a base di erbe, soluzione di reidratazione, disinfettanti e materiali igienici. Le autorità penitenziarie hanno però ripetutamente rifiutato qualsiasi oggetto proveniente dall’esterno della prigione.
“Lo sciopero di Alaa non riguarda solo lui, ma è un grido per la società, per gli obiettori di coscienza e per salvaguardare le condizioni di tutti quelli in prigione come lui”, scrive la sorella Mona Seif, anche lei attivista, in un post sul suo account Facebook.
Già nel novembre 2014 Laila Seif affrontò uno sciopero della fame come protesta per l’arresto del figlio. Ieri, dopo aver finalmente ricevuto la lettera di Alaa, le due familiari hanno lasciato il complesso della prigione.
Alla protesta delle familiari di Alaa segue l’arresto di Lina Attalah, giornalista della testata indipendente Mada Masr, rilasciata nella notte di domenica dopo il pagamento su cauzione di 2.000 sterline egiziane, circa 117 euro. La giornalista era stata arrestata durante un’intervista a Laila Seif. La testata Mada Masr è da tempo nel mirino dell’intelligence egiziana ed è l’unica rimasta ancora libera dal controllo del regime di al-Sisi.