Intervista a Fabio Marcelli dirigente di ricerca dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR
Quanto incidono i fattori culturali nella formazione di nuovi diritti?
I fattori culturali esercitano un’importanza fondamentale nella formazione di nuovi diritti in quanto questi ultimi, prima di tradursi in norme ed essere applicati dai giudici, derivano in qualche modo dallo sviluppo della coscienza sociale. Su queste basi, la cultura, intesa come insieme di valori, di credenze e di convinzioni, ha un ruolo decisivo.
Quali sono i passaggi per far si che una convinzione venga codificata come diritto?
Una data convinzione si traduce dapprima in un principio a carattere giuridico, dal quale poi discende un determinato diritto. Il principio viene affermato dalle norme e da ciò discende il diritto per mezzo della pratica sociale o, qualora necessario, attraverso l’intermediazione di organi che possiamo definire in senso lato ‘giurisdizionali’. In genere si applica un riconoscimento normativo, ed in una società come quella italiana, ma in generale in tutte le società occidentali rette da sistemi aventi costituzioni più o meno rigide e con un primato del potere legislativo, si tende ad attribuire valore determinate all’affermazione che proviene dal Parlamento. Prima di arrivare a questo, si passa per tutto un processo di produzione normativa composto da vari aspetti. In un primo tempo ci potrà essere una discussione di livello esclusivamente culturale, anche a livello internazionale, in ambito di conferenze, convegni ecc. Da questo tipo di discussione potrebbero emergere elementi più precisi, ad esempio mediante dei rapporti redatti nell’ambito delle Nazioni Unite. In seguito questi si possono tradurre in leggi, ma anche in convenzioni internazionali, che a loro volta devono essere tradotte in norme a livello statale. Il passaggio legislativo è dunque inevitabile, e costituisce il momento terminale di un processo più ampio che parte da molto più lontano.
Nel caso del ‘diritto al reddito di base universale e incondizionato’, non codificato ancora come tale dalla giurisprudenza, quant’è influente il fattore ‘cultura’?
In questo caso il fattore cultura ha un’influenza preponderante. Siamo di fronte a quello che definirei in termini marxiani un tipico caso di contraddizione tra rapporti di produzione e forze produttive. Le forze produttive si sviluppano ed ad un certo punto entrano in contrapposizione con i rapporti di produzione che invece restano fissi. Di questi rapporti di produzione fanno parte anche determinate ideologie, come ad esempio l’ideologia del ‘lavoro come fatica’, basata sul principio che senza fatica non si ha diritto ad un reddito. Tutte queste ideologie che potremmo definire ‘lavoriste’, hanno un’influenza notevole ed ostacolano l’idea di un reddito garantito. Uno dei problemi è quello della redistribuzione del reddito prodotto, a livello nazionale, europeo e internazionale. Di questo, oggi ne è testimone il dibattito intorno ai decreti con i quali il Governo vorrebbe far fronte agli effetti di tipo economico derivanti dalla pandemia. Ad esempio c’è la posizione di Confindustria che sostiene di essere l’unica in grado, mediante il finanziamento della produzione, di dare una risposta alla crisi economica. Viceversa ci sono altre posizioni di diversi gruppi sociali che sostengono che i soldi debbano andare direttamente alle famiglie ed ai cittadini colpiti in prima persona dalla crisi economia derivante dalla pandemia. Questo dibattito avrà sicuramente come effetto quello di accelerare la discussione già da tempo in corso, sul reddito garantito.
La giurisprudenza italiana ha mai pensato di far rientrare il reddito di base universale e incondizionato tra i diritti esistenti? Ci sono discussioni attualmente in atto sul tema?
In Italia attualmente non c’è una giurisprudenza sul tema del reddito garantito. La giurisprudenza italiana è ancora legata ad un approccio ‘lavorista’ di stampo classico, e il riferimento principale è l’articolo 36 della Costituzione che afferma che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione sufficiente per garantire a se stesso e alla propria famiglia un’esistenza dignitosa.
Ci sono inoltre posizioni giurisdizionali più avanzate, come il caso più noto a livello europeo della Corte Costituzionale Federale Tedesca. Nel 2010 suddetta Corte dettò una sentenza nella quale si faceva riferimento al concetto di reddito minimo necessario ad assicurare un’esistenza degna, con riferimento alle provvidenze che erano state erogate dalla legge così detta Hartz-IV. Nello specifico, la Corte affermò che nel caso in cui i beneficiari del reddito fossero andati incontro a sanzioni causa rifiuto di eventuali lavori o per altre motivazioni, suddette sanzioni non avrebbero potuto superare una determinata soglia monetaria. Questa sentenza ha dato inizio ad un indirizzo giurisprudenziale che poi si è consolidato nel corso degli anni. Un elemento da valutare negativamente nella giurisprudenza italiana, ma anche di altri paesi, è la tendenza a mettere sul piatto della bilancia i diritti da un lato, e dall’altro i principi del pareggio di bilancio ecc. Questo ha condizionato negativamente l’applicazione anche di altri diritti fondamentali in ambito della sanità o di altri beni sociali essenziali.
Ci sono nel mondo dei paesi che annoverano il reddito di base universale e incondizionato tra i diritti fondamentali?
In diversi paesi ci sono dei piccoli passi avanti, ma stiamo parlando di una fase ancora embrionale dello sviluppo di questo diritto. Potrei citare l’accordo che è sopraggiunto in Portogallo tra le parti sociali, che ha stabilito l’erogazione di un reddito di cittadinanza. Quello che è certo è che la condizione pandemica attuale sta accelerando le iniziative volte a concedere un reddito di cittadinanza. Tutto ciò sulla base che questa pandemia porterà inevitabilmente ad una crisi economica che accentuerà i livelli di disuguaglianza sociale ed economica, che erano già alti in precedenza. E’ di qualche giorno fa una presa di posizione molto importante, da parte della vice segretaria delle Nazioni Unite per l’Asia meridionale, la quale ha parlato esplicitamente dell’urgente necessità di un reddito di cittadinanza.
Quali sono i casi più recenti grazie ai quali sono entrati a far parte della nostra giurisprudenza dei ‘nuovi diritti’?
Sono diritti che la giurisprudenza sta affermando, ad esempio in relazione a tutte le questioni ambientali. Sul tema c’è stato uno sviluppo che ha ormai circa 50 anni. Nel caso di questioni economiche, la giurisprudenza diventa meno ardita per condizionamenti di tipo anche culturale, come accennato in precedenza. Infatti in questi casi la giurisprudenza ha delle remore ad entrare nel merito delle questioni di bilancio anche come conseguenza delle ideologie vigenti a livello giudiziario e più generale. Se si parla di identità sessuale è per certi aspetti più semplice perché è un diritto che non comporta necessariamente, implicazioni di carattere economico.
Al contrario, quando parliamo di diritto al reddito minimo garantito, la questione economica viene immediatamente alla ribalta perché ci si chiede: questi soldi dove li andiamo a prendere? Sono terreni più difficili da percorrere per la giurisprudenza, in assenza di un input da parte del potere politico.
Anche la sfera relativa alla privacy ha conosciuto uno sviluppo, o ancora i discorsi relativi all’identità sessuale o alle preferenze sessuali, hanno avuto una certa evoluzione in campo giuridico. Questi diritti di ‘nuova generazione’ hanno un grosso appoggio a livello sistematico, dal principio di ‘non discriminazione’. Quest’ultimo impone di non trattare diversamente situazioni uguali, ma anche di non trattare in modo uguale situazioni differenti.
Quali sono stati i passi fatti a livello socio-culturale, che hanno portato all’introduzione nel nostro ordinamento, di nuovi diritti fino ad allora non ritenuti tali dalla legge?
Facendo riferimento ad esempio ai diritti sulla questione ambientale, c’è stata una diffusione a livello sociale, della consapevolezza dell’importanza dell’inquinamento. I danni apportati all’ambiente come la riduzione della bio-diversità, il peggioramento della qualità della vita, hanno portato inevitabilmente ad una reazione e alla strutturazione di movimenti che operano su determinati territori e che in qualche maniera influenzano anche il lavoro parlamentare e il lavoro del Governo. Per quanto riguarda la questione della privacy, la consapevolezza delle implicazioni abbastanza inquietanti che può avere lo sviluppo della tecnologia, come ad esempio il tema delle intercettazioni, ha portato la società ad interrogarsi su questi aspetti ed a chiedere delle garanzie della privacy. Il discorso della libertà sessuale è legato ad un fenomeno del superamento in una certa misura, di vecchi tabù legati alla sessualità. Dunque in tutti i casi il fattore determinante è lo sviluppo di una consapevolezza che poi si traduce in dei movimenti organizzati, sia a livello nazionale che internazionale. Infatti uno degli aspetti positivi della globalizzazione è proprio questa maggiore comunicazione tra la sfera nazionale ed internazionale. La stessa cosa dovrebbe avvenire per il reddito garantito ed è fondamentale che ci sia la consapevolezza di un interesse anche a livello internazionale. A tal proposito un relatore delle Nazioni Unite fece un rapporto molto interessante con delle affermazioni coraggiose sul reddito garantito. E’ interessante il parallelo con la figura di William Beveridge, un lord inglese considerato l’inventore dello stato sociale, che visse intorno alla metà del secolo scorso. Secondo il relatore delle Nazioni Unite, nello stesso modo in cui lo stato sociale venne proposto per far fronte alle esigenze e alla crisi post seconda guerra mondiale dovuta al capitalismo, oggi sarebbe necessario un nuovo Beveridge che porti avanti un’analoga iniziativa che poggi su dei pilastri come quelli del reddito minimo garantito.
In Italia, repubblica fondata sul lavoro come afferma la nostra Costituzione, quant’è importante la correlazione lavoro-denaro e quanto questo fattore gioca sull’accettazione del reddito di base universale e incondizionato, in qualità di diritto umano?
La Costituzione italiana è legata ad una determinata fase di sviluppo delle forze produttive. Sappiamo che la Costituzione venne adottata subito dopo la seconda guerra mondiale ed è entrata in vigore il 1 gennaio del 1948, dunque sono passati più di 70 anni, eravamo in una fase differente e c’era un’enfasi particolare legata alla figura del lavoratore. Il lavoro probabilmente era un elemento che unificava le forze politiche di allora. Il principio del lavoro ha una portata storica fondamentale tutt’ora attuale, e la Costituzione è rimasta in parte incompiuta. Ciò che si occorre fare è dare compimento ad un disegno costituzionale, tenendo in considerazione anche le nuove suggestioni che emergono da temi come quello del reddito minimo garantito che del resto fa i conti con quello che concretamente è il lavoro oggi.
In futuro, il diritto al reddito di base universale e incondizionato potrà avere una sorte similare a quella del diritto alla privacy, all’ambiente e a tutti quei ‘nuovi’ diritti che sono entrati a far parte della giurisprudenza italiana in epoca recente?
Io mi auguro che questo avvenga, ma non è affatto un esito scontato. Tutto il discorso della produzione normativa e della formazione di nuovi diritti è legato fondamentalmente ai rapporti di forza che si registrano a livello sociale. Se il conflitto sociale si svilupperà e riuscirà ad imporre le esigenze di settori sociali più ampi, che oggi ambiscono al reddito garantito, avremo delle modifiche. Non si tratterà di modifiche semplici, soprattutto rispetto a quelle ottenute in altre sfere. Quanto meno dal punto di vista della diffusione del discorso a livello normativo e giurisprudenziale, bisogna augurarsi che si facciano dei passi avanti, e forse qualche piccolo passo avanti è stato già fatto. Probabilmente questa fase della pandemia, tra tutti i suoi aspetti e le sue conseguenze, avrà anche un’incidenza importante sulla questione del reddito garantito, ma è ancora presto per dire come tutto ciò si svilupperà e quali saranno le effettive conseguenze sul piano concreto.