Barzelletta dei tempi del “Ventennio” fascista. Un gerarca ispeziona le truppe italiane in Africa:

“Che cosa aspettate a lanciare l’offensiva?”

“Ma ci sono i monsoni”

“Beh! Uccideteli”

“Ma sono venti”

“Anche fossero quaranta!”

Homo è realmente Sapiens? Capace di imparare dall’esperienza?

La situazione in cui si incontra attualmente il mondo ha aspetti veramente paradossali: che questi non vengano considerati dal senso comune, da quella che viene chiamata opinione pubblica, fa riflettere su quanto tale opinione si fondi su riflessioni serie o su stereotipi.

Sorvoliamo pure sul fatto che una pandemia fosse ampiamente prevista dagli esperti, cioè la certezza che prima o poi sarebbe arrivata[1], dal momento che di questo rischio reale l’opinione pubblica non era affatto stata edotta (e questo la dice lunga sulla prevalenza di interessi precisi rispetto alla lungimiranza della politica). Ma è drammaticamente sotto gli occhi di tutti come questa politica miope si sia trovata tragicamente impreparata all’irruzione (insisto, tutt’altro che imprevista) della pandemia, e come l’improvvisazione sia stata la causa in particolare della falcidia di una generazione di anziani, nonché di personale sanitario, di cui questa classe politica porterà un marchio di infamia storico. Forse non è generalmente noto, appunto perché la popolazione non ne era neanche stata informata, che da ben 15 anni esisteva un Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale[2]: qualsiasi commento su cosa rappresentasse concretamente questo “pezzo di carta” mi sembra superfluo[3].

La domanda di fondo è quale tesoro potrà fare di questa drammatica esperienza l’opinione pubblica sui rischi e le minacce capitali che gravano oggi sull’umanità: se è vero che la specie umana apprende dall’esperienza, un campanello d’allarme doverebbe attivare per lo meno l’istinto di conservazione per evitare altri disastri. Pertanto, se questa pandemia è piombata per l’opinione pubblica come inaspettata e improvvisa (insisto, non certo imprevista dagli esperti, anche se tra questi vi sono pure tanti che seguitano a dire “È come un’influenza stagionale”), l’umanità dovrebbe avere ricevuto un allarme chiaro: la società umana è soggetta a rischi epocali, che ne mettono a repentaglio la stessa esistenza, è necessario eliminarli!

Come per il caso della pandemia, non è necessario inventare nulla, è tutto perfettamente chiaro: chi avesse ancora qualche incertezza dovrebbe leggere l’allarme che l’autorevole Bulletin of the Atomic Scientists lancia da molti anni con il Doomsday Clock (Orologio dell’Apocalisse), portando quest’anno le lancette alla distanza da brivido di appena 100 secondi (1h e 40’) dalla fatidica mezzanotte[4]. L’esperienza di questa pandemia non giustifica nessuno a dire un domani “Io non sapevo”: l’indifferenza sconfina oggi nella complicità, cosciente o inconsapevole[5].

Su una delle minacce epocali, la crisi climatica-ambientale, l’emergenza pandemica offre delle prospettive concrete: tutti abbiamo apprezzato un’aria più sana, anche se resta da vedere se davvero i cittadini sono disposti a rinunciare a una serie di pseudo-comodità comprendendo finalmente che è preferibile una società dai ritmi meno concitati, più sobria. Certo le modalità spesso assurde con le quali, forse non a caso, è stato attuato il distanziamento sociale hanno imposto un artificioso rallentamento dei ritmi concitati e nevrotici della nostra vita (ha circolato la foto della persona che camminava sola su una spiaggia deserta a perdita d’occhio cacciata via dall’elicottero della Finanza!). Il timore reale è che l’ansia di ritornare alle attività di prima, unita alle sacrosante preoccupazioni economiche (in assenza di interventi efficaci della politica), prenda presto il sopravvento: ignorando le epocali difficoltà in cui sono piombati i monopoli dei combustibili fossili, i quali approfitteranno di qualsiasi incertezza per riguadagnare i margini di profitto. Semmai in tempi di emergenza pandemica varrebbe la pena di chiedersi che cosa accadrebbe se si sovrapponesse un disastro naturale causato dal riscaldamento globale! Due assaggi ci sono stati venerdì 15 maggio, mentre scrivevo questo articolo: il nubifragio a Milano con l’esondazione del Seveso, strade e case allagate e blackout in diversi quartieri, mentre in Lombardia aumentavano i contagi e i decessi; e l’esplosione della fabbrica chimica a Marghera, con diversi operai feriti e la nube tossica su Venezia. Eventi ampiamente previsti, prima o poi sarebbero accaduti, come per la pandemia! Ma le misure di prevenzione e sicurezza non sono mai state attuate.

 

Bombe nucleari a go-go

Ma sulla minaccia di guerra nucleare la situazione è purtroppo molto meno chiara, e l’opinione pubblica sembra stranamente molto meno consapevole e preoccupata, oppure troppo influenzata dalle accuse incrociate delle potenze nucleari di aggressività per giustificare così non solo il mantenimento degli arsenali nucleari, ma addirittura la loro modernizzazione. Appare incomprensibile che l’allarme per la pandemia della COVID-19 non abbia attivato anche la preoccupazione per i rischi di una guerra nucleare, che provocherebbe sofferenze, vittime e devastazioni enormemente superiori![6] Forse perché ci si è assuefatti, sotto il clima della Guerra Fredda, a questo rischio che incombe 75 anni? Perché la minaccia è talmente grave che le persone la rimuovono? Non è certo una soluzione. È superfluo aggiungere che se questa pandemia ha colto i paesi europei e gli Stati Uniti scandalosamente impreparati (sebbene vi fossero tutti gli allarmi, e perfino i piani pandemici, nota 2) è immaginabile come un conflitto nucleare improvviso, ancorché ampiamente previsto, avrebbe conseguenze … inimmaginabili![7]

La situazione è quindi molto complessa, per questo vorrei partire da una prima considerazione che dovrebbe convincere anche le persone più scettiche, e suggerire concrete possibilità di pressione sul potere politico. Le due maggiori potenze nucleari, USA e Russa, mantengono centinaia di missili nucleari basati a terra nel medesimo stato dei tempi della Guerra Fredda di launch on warning, cioè lancio immediato su allarme, basato ingannevolmente sulla necessità di non vedere annientata da un first-strike dell’avversario la propria forza nucleare missilistica. Ma questa pretesa esigenza si fonda su un vero pretesto che tradisce (e nasconde) la volontà di mantenere il ruolo aggressivo delle armi nucleari. Infatti, concedendo anche che questa misura fosse giustificata durante la Guerra Fredda, con la fine dei due Blocchi 30 anni fa se ci fosse realmente la volontà di de-escalare il rischio nucleare (dall’inglese de escalate, brutta traduzione, ridurre il rischio) ci sarebbe una misura elementare sulla quale le potenze nucleari potrebbero accordarsi: separare fisicamente le testate dai vettori, in modo che la preparazione dei missili per il lancio richieda ore, annullando così quel rischio di rappresaglia nucleare per errore, cioè per falso allarme, che si è sfiorato tante volte nel passato! Fra pochi giorni ricorre il terzo anniversario della morte di Stanislav Petrov (19 maggio 2017) che il 26 settembre 1983 non si fidò dell’allarme del sistema di difesa sovietico di un attacco nucleare dagli Stati Uniti e disubbidì alla consegna di lanciare la ritorsione nucleare, e a posteriori non fu premiato ma subì un richiamo: non fu comunque né la prima né l’ultima volta[8]. Noam Chomski ha affermato “Se siamo ancora vivi è per miracolo!”.

È importane dire subito che gesti eroici come questi probabilmente non sarebbero oggi più possibili, con gli sviluppi della cosiddetta cyber war! È del settembre scorso un autorevole e dettagliato rapporto sui rischi enormi che un attacco informatico potrebbe causare nell’intero sistema di difesa, ed anche per il controllo delle armi nucleari[9]. Va detto subito che questo non è solo una preoccupazione di un gruppo di esperti, poiché già nel 2013 il Defense Science Board del Pentagono aveva concluso in uno studio che i sistemi militari erano vulnerabili a un cyberattack e il governo “non era preparato a difendersi contro questa minaccia”: i comandi militari potrebbero perdere la “fiducia nelle informazioni e le capacità di controllo sui sistemi e le forze”, incluse le armi nucleari e i sistemi comando, controllo e comunicazione, potrebbero per esempio ricevere falsi allarmi di un attacco. Il recente rapporto del gruppo di esperti conferma, in estrema sintesi, che un attacco informatico potrebbe avere “effetti catastrofici” sui “sistemi delle armi nucleari”, i sistemi di pianificazione e di lancio, falsi allarmi, accrescono i rischi di lanci non autorizzati. “Le misure tecniche di sicurezza informatica (cybersecurity) … non possono, di per se, fornire una certezza sufficiente della sicurezza e affidabilità dei sistemi critici, inclusi i sistemi delle armi nucleari”.

Insomma, il ricorso e la fiducia nell’automatizzazione spinta lungi dall’assicurare la sicurezza eliminando l’errore umano, diventa invece sempre più soggetta alla possibile perdita di controllo su tutti i sistemi militari, e in particolare quelli nucleari. Si deve sottolineare che ormai queste capacità di interferenze e attacchi informatici sono a disposizione di tutti i paesi.

A maggior ragione sono assolutamente necessarie per escludere lanci incontrollati delle armi nucleari le misure che dicevo di separazione delle testate dai missili: il rapporto le iclude esplicitamente fra le raccomandazioni, “Sviluppare opzioni per aumentare il tempo di decisione per valutare le minacce informatiche ai sistemi di allarme precoce (early warning systems)”. Il fatto che le potenze nucleari non mostrino nessuna intenzione di adottarle la dice lunga su quali siano le reali finalità delle armi nucleari … e i colossali interessi che stanno dietro di esse!

 

Nuclear business, more than usual!

Veniamo allora a questi interessi. Partiamo da una sintetica panoramica delle colossali spese per le armi nucleari, cioè per finanziare letteralmente il harakiri (il giapponese“tagliare il ventre”) dell’umanità![10]

Nell’anno 2019 la spesa totale delle 9 potenze nucleari è stata di quasi 73 miliardi di $: per quasi metà degli Stati Uniti ($ 35,4 mld), seguiti da Cina ($ 10,4 mld), Gran Bretagna ($ 8,9 mld), Russia ($ 8,4 mld) e Francia ($ 4,8 mld). Poi gli USA dicono di essere minacciati dalla Russia, che spende ¼ per le armi nucleari, e meno di 1/10 come spesa militare totale: la forza della propaganda, e l’abisso di ignoranza della gente!

Israele, per l’arsenale che tiene gelosamente segreto (… “di Pulcinella”! Ma un tacito ricatto sull’intero Medio Oriente, e non solo), ha speso 1 mld di $. Nulla a confronto dell’arsenale più ridicolo e inutile, quello della Gran Bretagna, che oltre a non subire nessuna minaccia nucleare sarebbe comunque coperta dagli USA[11] (semmai il suo arsenale diventerebbe un obiettivi prioritario in caso di un attacco nucleare: altro che deterrenza, un harakiri!).

Impressionanti sono anche gli aumenti delle spese per le armi nucleari: 14,4 mld di $, quasi il 20% in più del 2018! Qui ancora fanno la parte del leone gli USA (+ $ 5,8 mld). È opportuno rilevare che a fronte dell’enorme aumento record della disoccupazione e del crollo previsto per il Pil mondiale a seguito della pandemia, le imprese di produzione di armamenti sono quelle che tirano da matti! Vengono assunti miglia di lavoratori[12]. Se il paragone dell’emergenza pandemica con un’economia di guerra suona come una forzatura, potrebbe essere un paragone realistico per l’economia del futuro! Del resto è quello che sta avvenendo anche per l’Italia, dove l’industria degli armamenti non ha mai subito in lockdown, la produzione degli F-35 a Cameri è proseguita, e Leonardo S.p.A. fiuta affari d’oro per il futuro[13].

In un articolo di un paio di mesi fa[14] avevo analizzato i problemi, e possibilmente le opportunità, che si presentavano con il rinvio di un anni della quinquennale Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione (TNP), dal 2020 al 2021: fra le opportunità la possibilità che entro l’anno si possano raggiungere le 50 ratifiche necessarie perché il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN) del 2017 entri in vigore e diventi parte del diritto internazionale; fra le minacce, oltre all’impennata delle spese per le armi nucleari, lo smantellamento anziché il rafforzamento del “regime di non proliferazione”, il rischio che l’Iran possa uscire dal TNP, il regime illegale delle sanzioni internazionali imposto dagli USA (quasi un terzo della popolazione mondiale è in paesi sotto queste sanzioni!).

La possibile uscita dell’Iran dal TNP[15] – dietro le crescenti minacce degli USA, e la pervicacia di mantenere le sanzioni anche anche a fronte della gravità dell’emergenza pandemica in Iran e la conseguente difficoltà di rifornirsi di materiale medico (chi è che viola i “diritti umani”!?) – sarebbe doppiamente suicida per lo scopo che gli Stati Uniti “dichiarano”, poiché eliminerebbe anche la possibilità per l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di esercitare i controlli sul programma nucleare di Teheran.

Anche sulla decadenza l’anno prossimo del trattato Nuovo START sulla riduzione delle armi nucleari strategiche fra USA e Russia le prospettive di una proroga per 5 anni non sono per nulla rosee: gli USA porrebbero come condizione che anche la Cina aderisca al trattato (cosa a mio parere poco chiara, dal momento che impone il limite di 1.550 tesate per parte, e la Cina è notevolmente sotto, per cui non vedo come si potrebbe evitare un lungo negoziato, il che vuol dire un trattato nuovo), ma giustamente “alcuni esperti dicono che l’amministrazione gioca d’azzardo con trattato fondamentale di controllo degli armamenti per perseguire un obiettivo che non ha nessuna di ottenere, spingendo così il globo a una nuova corsa agli armamenti nucleari”[16].

 

Alcuni europei non vogliono le nukes … se sono statunitensi!

Oltre a tutte queste cose non si può ignorare la questione delle bombe termonucleari statunitensi schierate in 5 paesi europei dell’OTAN (impropriamente NATO in italiano): Belgio, Germania, Paesi Bassi, Italia, e Turchia.

Su questo si registra la clamorosa richiesta della SPD tedesca (anche se piuttosto contrastata al suo stesso interno) di rimozione delle 20 testate B-61 schierate nella base militare di Büchel in Germania. È superfluo commentare la furiosa reazione degli Stati Uniti, «La Germania mina la capacità nucleare della NATO», quando era ovvio che proprio quella «capacità nucleare» era oggetto della contestazione, non certo una logica NIMBY. La replica è una vera lavata di capo, la Germania pensi piuttosto a ottemperare all’impegno stabilito all’interno dell’Alleanza di aumentare la spesa militare al 2% del Pil. Per inciso, corrono voci, comprensibili, che la gravità della crisi economica conseguente alla pandemia potrebbero causare una forzata riduzione della demenziale spesa militare mondiale (ancorché, come si è detto, l’industria militare si prospetti come un’asse portante delle economie).

Questa meritoria presa di posizione della SPD potrebbe forse essere la punta dell’iceberg di una strisciante insofferenza per il nuclear sharing statunitense nell’OTAN. Ma non va ignorata le presenza di un revanscismo presente in certi paesi europei, quello che in particolare portò De Gaulle a sviluppare la force de frappe della Francia. E non scordiamo che nel 1952 venne proposta da Francia, Germania e Italia la “Comunità Europea di Difesa” (CED), tramontata poi nel 1954 per il voto francese contrario alla ratifica del documento; ma forse non è affatto una coincidenza che proprio allora partiva il progetto della Francia di realizzare la force de frappe! D’altra parte si è parlato dell’esistenza di un accordo segreto, firmato il 28 novembre 1957 dall’Italia, dalla Francia e dalla Germania, per la costruzione in comune di un deterrente nucleare[17].

Ora, può essere presa come una boutade, con la Brexit della Gran Breytagna dall’UE, l’offerta del presidente francese Macron del possibile ruolo del deterrente nucleare francese nel quadro della sicurezza europea[18]. Ma c’è da chiedersi se non ci sia sotto qualcosa di più della grandeur francese. È pura speculazione, ma un recente articolo esamina in grande dettaglio questa questione[19].

 

Una ulteriore minaccia? Guerra batteriologica “a bassa intensità”?

Lo scoppio della pandemia del coronavirus ha scatenato ipotesi di tipo complottista sul fatto che il virus fosse uscito dal laboratorio Biowar di Wuhan, alimentate a dire il vero dal presidente Trump in persona. L’ipotesi sembra definitivamente scartata dagli esperti, ma questo non toglie che la Francia prima e gli Stati Uniti poi abbiano finanziato il laboratorio cinese, forse per ricerche vietate nei loro paesi[20]. In ogni caso, i rischi connessi all’estrema manipolazione del materiale genetico in corso in laboratori di tutto il mondo, nella galassia di BioPharma, possono superare il confine fra usi leciti e usi illeciti delle biotecnologie genetiche, senza violarlo esplicitamente[21]: è un rischio che purtroppo non rientra nell’attenzione e nell’impegno dei movimenti pacifisti, ma una specialista di guerra biologica afferma esplicitamente

«Il vero pericolo è che una guerra biologica globale deflagri senza che si riesca a impedirla, piuttosto che per la deliberata volontà di qualcuno. … [É impossibile] distinguere tra usi difensivi e offensivi delle ricerche sui microrganismi e, almeno a partire dagli anni ’80, con gli enormi interessi economici collegati al nuovo settore delle biotecnologie genetiche»[22].

Del resto cos’è se non una “guerra batteriologica” (magari di “bassa intensità” come si suol dire) la decisione di Sanofi di riservare un futuro vaccino contro la COVD-19 al solo mercato USA?[23]

[1]      . Rimando per esempio (per brevità) al mio, “La pandemia prossima ventura”, Pressenza, 28 febbraio 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/02/la-pandemia-prossima-ventura/.

[2]      . Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale [PDF], CCM, Centro nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, Ministero della Salute, 2008.

[3]      . Vedi ad esempio F. Curtale, “C’era una volta il Piano pandemico”, Salute Internazionale, 15 aprile 2020, https://www.saluteinternazionale.info/2020/04/cera-una-volta-il-piano-pandemico/#risorsa.

[4]      . ”Closer than ever, It is 100 seconds to midnight”, 2020 Doomsday Clock Statement, Science and Security Board, Bulletin of the Atomic Scientists, 23 gennaio 2020, https://thebulletin.org/doomsday-clock/current-time/?utm_source=Newsletter&utm_medium=Email&utm_campaign=Newsletter01232020&utm_content=DoomsdayClock_2020Statement. Si veda per esempio il mio articolo “Per chi suonerà la Mezzanotte? Se non ci muoviamo è prevista fra 1 minuto e 40 secondi!”, Pressenza, 23 gennaio 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/01/per-chi-suonera-la-mezzanotte-se-non-ci-muoviamo-e-prevista-fra-1-minuto-e-40-secondi/.

[5]      . J. Letman, “What the coronavirus can teach us about nuclear weapons”, Responsible Statecraft, 6 maggio 2020, https://responsiblestatecraft.org/2020/05/06/what-the-coronavirus-can-teach-us-about-nuclear-weapons/.

[6]      . Senza dilungarmi in dettagli penso sia sufficiente l’agghiacciante riferimento a quest’ultima ricerca dell’ottobre scorso: O. Toon ed altri, “Rapidly expanding nuclear arsenals in Pakistan and India portend regional and global catastrophe”, Science Advances, Vol. 5, no. 10, 2 Ottobre 2019, https://advances.sciencemag.org/content/5/10/eaay5478.abstract. In sintesi, se l’India e il Pakistan, costantemente sull’orlo di un conflitto ormai perenne, si scambiassero in una guerra solo metà dei propri arsenali, circa 250 testate nucleari, “i morti potrebbero raggiungere fra 50 e 125 milioni, e gli incendi provocati dalle esplosioni rilasciare da 16 a 36 Tergrammi [un milione ti tonnellate] di fuliggine … che nell’alta troposfera o salendo nella stratosfera, ed espandendosi globalmente nel giro di settimane, oscurerebbe la luce solare del 20 – 35%, raffreddando la superficie terrestre fra 2 e 5°C, e riducendo le precipitazioni del 15 – 30%. La ripresa richiederebbe 10 anni, la produzione primaria declinerebbe tra il 15 e il 30% sulla terra, e fra il 5 e il 15% negli oceani, provocando carestie di massa e ulteriori vittime collaterali in tutto il mondo”.

[7]      . Si veda ad esempio l’efficace discussione di M. Bunn e altri, “The effects of a single terrorist nuclear bomb”, Bulletin of the Atomic Scientists, 28 settembre 2017, https://thebulletin.org/2017/09/the-effects-of-a-single-terrorist-nuclear-bomb/

[8]      . A. Baracca, “Il 27 ottobre 1962 Vassili Arkhipov salvò il mondo dall’olocausto nucleare, 21 anni prima di Stanislav Petrov”, Presseza, 26 ottobre 2018, https://www.pressenza.com/it/2018/10/il-27-ottobre-1962-vassili-arkhipov-salvo-il-mondo-dallolocausto-nucleare-21-anni-prima-di-stanislav-petrov/.

[9]      . P.O. Soutland e altri, “Nuclear weapons in the new cyber age”, Nuclear Threat Initiative, settembre 2018, https://www.nti.org/analysis/reports/nuclear-weapons-cyber-age/.

[10]   . ICAN, “Enough is enough: 2019 global nuclear weapons spending”, 13 maggio 2020, https://www.icanw.org/global_nuclear_weapons_spending_2020.

[11]   . Un report del 2016 della Campagna britannica per il disrsmo nucleare valutava che la sostituzione della flotta di 4 sommergibili nucleari costerà bel $ 205 mld! https://cnduk.org/resources/205-billion-cost-trident/.

[12]   . M. Weisgerber, “US Defense Firms Hiring Thousands Amid Record Unemployment”, Defence One, 8 maggio 2020, https://www.defenseone.com/business/2020/05/us-defense-firms-hiring-thousands-amid-record-unemployment/165270/?oref=d…1.

[13]   . “Elicotteri, sicurezza, servizi e infrastrutture – Affari d’oro per la Leonardo S.p.A. in Brasile”, Sputnik, 17 febbraio 2020, https://it.sputniknews.com/economia/202002178741241-elicotteri-sicurezza-servizi-e-infrastrutture-affari-doro-per-la-leonardo-spa-in-brasile/. V. Silvestri, “Leonardo si rafforza in USA con una nuova commessa milionaria: cosa prevede?”, Money, 14 gennaio 2020, https://www.money.it/azioni-leonardo-nuova-commessa-milionaria-USA.

[14]   . A. Baracca, “La pandemia e le altre emergenze: allontana il rischio di una guerra nucleare?”, Pressenza, 28 marzo 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/03/la-pandemia-e-le-altre-emergenze-allontana-il-rischio-di-una-guerra-nucleare/, https://www.pressenza.com/fr/2020/03/pandemie-et-autres-situations-de-grande-urgence-eviter-le-risque-de-guerre-nucleaire/, https://www.pressenza.com/es/2020/03/la-pandemia-y-otras-emergencias-evita-el-riesgo-de-una-guerra-nuclear/.

[15]   . K. L. Afrasiabi e altri, “Iran’s impending exit from the NPT: A new nuclear crisis”, Bulletin of the Atomic Scientists, 28 gennaio 2020, https://thebulletin.org/2020/01/irans-impending-exit-from-the-npt-a-new-nuclear-crisis/.

[16]   . P. Tucker, “New START Treaty Looks Dead in the Water”, Defense One, 12 maggio 2020, https://www.defenseone.com/technology/2020/05/trump-administrations-aggressive-approach-arms-negotiatons-could-backfire/165334/?oref=defense_one_breaking_nl.

[17]   . Si veda l’articolo del 1998 di Achille Albonetti, “Storia segreta della bomba italiana ed europea”, Limes, 8 marzo 1998, https://www.limesonline.com/cartaceo/storia-segreta-della-bomba-italiana-ed-europea?prv=true.

[18]   . Si veda ad esempio C. Trezza, “L’offerta nucleare di Macron all’Unione Europea”, Affari Internazionali, 20 febbraio 2020, https://www.affarinternazionali.it/2020/02/lofferta-nucleare-di-macron-alla-ue/.

[19]   . Tom Sauer, “Power and Nuclear Weapons: The Case of the European Union”, Journal for Peace and Nuclear Disarmament, 13 maggio 2020, Doi https://doi.org/10.1080/25751654.2020.1764260.

[20]   . Alberto Negri, “Quello che Trump non dice del laboratorio di Wuhan”, Virus Connection: Americani e francesi per anni hanno finanziato a Wuhan gli esperimenti sui virus, anche quelli che forse a casa loro non potevano fare, Il Manifesto, 5 maggio 2020, https://ilmanifesto.it/quello-che-trump-non-dice-del-laboratorio-di-wuhan/.

[21]   . Ernesto Burgio, “Bioterrorismo e Impero Biotech, armi biologiche e guerra (infinita) al pianeta“, Mosaico di Pace, 15 luglio 2010, https://www.mosaicodipace.it/mosaico/a/32122.html.

[22]   . S. Wright, Biological Warfare and Disarmament: New Problems/New Perspectives, Rowman&Littlefield, 2002.

[23]   . A. Capoocci, “Covid, il ricatto della Sanofi: vaccino solo per gli Usa, Il manifesto, 15 maggio 2020.