“E’ ora di mettere l’Africa in prima pagina” scriveva a febbraio in una lettera al Corriere della Sera la viceministra agli Affari esteri Emanuela Del Re. Un appello, il suo, nel quale si evidenziava l’interconnessione tra l’Italia e l’Africa e si chiedeva di parlare “un linguaggio afro-italiano più universale con tutti” e di “sviluppare sinergie con le diaspore”.
Uno spunto, questo, con la sottolineatura della centralità del continente per la politica estera italiana, nella cooperazione internazionale, negli scambi economici e nell’imprenditoria, oggi in evidenza durante un webinar promosso da Italia Africa Business Week. Partito dall’assunto che a fronte di questa importanza di rapporti, l’immagine prevalente del continente sui media continua a essere distorta o comunque parziale.
“Manca il coraggio di raccontare ciò che è bello, ciò che funziona” la denuncia tornata durante il seminario, animato da giornalisti, esperti, scrittori e dirigenti, con il titolo ‘Un Futuro possibile in Africa: rilanciare l’Africa nella narrativa italiana’.
Una responsabilità nell’alimentare gli stereotipi, anche sui cittadini residenti in Italia con origini africane, apparterrebbe dunque alla stampa. “Noi intellettuali africani veniamo interpellati sui temi della sicurezza o dei migranti” la denuncia di Pap Khouma, reporter e scrittore. “Ma se si tratta di altro, dall’economia alla cultura, i giornalisti italiani ci battono in legittimità”. Secondo lo scrittore, “neanche agli afrodiscendenti impegnati in corsia contro il Covid-19 è stato dato spazio”. Ci sarebbe dunque “uno sbiancamento dell’informazione”, a parlare è ancora Khouma, da contrastare permettendo ai giovani talenti originari dell’Africa di dare il meglio nel mondo dell’informazione.
“I giornalisti italiani devono avere coraggio” esorta Mehret Tewolde, amministratrice delegata di Iabw, che ad aprile ha indirizzato una lettera all’allora direttore di Repubblica, Carlo Verdelli, contestando il fatto che sul giornale non sia dato spazio “a tutte le iniziative positive in ambito sociale o tecnologico intraprese in Africa per fermare l’epidemia di Covid-19 mentre sono stati raccontati episodi di repressione contro chi violava il lockdown”.
Giusto per Tewolde condannare i regimi autoritari o dare notizie sulle crisi, ma questi problemi non riguardano certo solo l’Africa. “Anche in Cina c’è una situazione di restrizioni, mentre l’area del Golfo non è particolarmente stabile” sottolinea la rappresentante di Iabw. “Eppure i rapporti economici con quei Paesi sono normali e le imprese vanno ad investire”. Secondo Tewolde, “anche l’Africa è imprese, innovazione e giovani pieni di capacità, ma se i nostri giornali non hanno il coraggio di raccontarlo, gli italiani continueranno a guardare all’Africa con diffidenza”.
Un meccanismo controproducente non solo per i Paesi africani e gli afrodiscendenti in Italia, ma per l’Italia stessa, sottolinea Emilio Ciarlo, responsabile dell’Ufficio comunicazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). “Recuperiamo il concetto di ‘Eurafrica’ – dice Ciarlo – perchè il futuro è nell’Africa: è lì che troviamo giovani che lavorano sodo per emergere e vincere”. Una capacità di sguardo, questa la tesi, cruciale per non perdere “opportunità” e sostenere il “profilo internazionale” dell’Italia.
Luci e ombre, e soprattutto complessità, in evidenza nell’intervento di Marco Trovato, direttore di Africa Rivista. “Raccontiamo il continente con una rete di collaboratori e corrispondenti locali” dice il giornalista. “L’Africa interessa ed è piena di notizie che attendono di essere scritte”. Secondo Trovato, però, “se certe testate, imprenditori o organizzazioni no profit continuano a partire dal presupposto che l’Africa vada salvata non riusciremo mai a rendere la complessità di quei Paesi”.
Riferimenti durante il webinar anche ad ‘Africa in prima pagina’, una proposta progettuale nata dalla collaborazione tra l’agenzia Dire e il Summit nazionale delle diaspore. Tra le sollecitazioni, ha sottolineato Vincenzo Giardina, cronista della Dire moderatore del seminario, quelle per “un’apertura” delle redazioni, con stage e percorsi di formazione per valorizzare i talenti africani e afro-italiani e sostenere così la qualità, la varietà e la completezza del lavoro giornalistico.