Siamo arrivati a Barcellona a fine gennaio, pieni di aspettative ed emozione per quelli che sarebbero dovuti essere i nostri 6 mesi di esperienza Erasmus. Avevamo per la testa molte idee, propositi e proposte, accompagnati da una grande voglia di vivere questa esperienza tra università, nuovi amici, lezioni, visitare la città ed esplorarne ogni angolo nascosto e ogni piccolo bar e ristorante. Sicuramente due mesi fa non ci saremmo immaginati questo grande cambio di prospettiva, legato alla diffusione della crisi sanitaria da Covid-19.
Eppure lo stavamo attendendo, noi come tutti gli altri studenti Erasmus italiani, da quando abbiamo cominciato a vedere cosa stava succedendo a casa, temendo che stesse per accadere la stessa cosa anche qui e che a breve anche noi saremmo stati costretti a rimanere a casa per il bene comune. Tutto ciò si è realizzato nell’arco di pochissimo tempo, una settimana al massimo. È accaduto in maniera così veloce che è stato quasi impossibile realizzare quanto la nostra esperienza sarebbe cambiata. Ora seguiamo le lezioni online, vedendo e sentendo solo la voce dei professori, continuiamo i nostri progetti da casa e usciamo solo per andare a fare la spesa, come tutti gli altri.
Tutti abbiamo perso qualcosa. Il primo pensiero va sicuramente a chi ha perso qualcuno, più che qualcosa. Ma poi c’è anche chi, come noi, ha perso la gran parte di un’esperienza importante che sarebbe dovuta andare diversamente, ovvero l’Erasmus. Studiamo entrambi scienze politiche, al momento presso le università Abat Oliba CEU e Blanquerna Ramon Llull e da qualche giorno ci è stato comunicato che le lezioni presenziali non riprenderanno sicuramente fino alla fine del semestre e di “considerare il rientro a casa”.
La restrizione della circolazione inoltre durerà almeno fino al 26 aprile, a meno che ci siano ulteriori proroghe. Esperienza finita?
No, non ancora. Perché forse è solo il caso di vedere le cose in modo diverso senza buttarsi giù troppo e iniziare a pensare a come ricostruire tutto quello che si sta perdendo in queste settimane di crisi, a come adattare le nostre vite. Noi abbiamo deciso di rimanere, per continuare a vivere questa città e la nostra esperienza, anche se rimanendo in casa. Durante il pomeriggio, possiamo trovare seduti sui tetti e i balconi delle rispettive abitazioni persone di tutte le età che chiacchierano da un terrazzo all’altro, suonano la chitarra e chiedono al vicino quale canzone voglia sentire, improvvisando concerti in cui tutto il quartiere partecipa. Ogni sera, alle 20 in punto, affacciati sui balconi ritroviamo tutti i nostri vicini di casa che, battendo su pentole e percussioni di ogni tipo, creano un grido di vivacità che fa sentire tutti un po’ meno soli.
Noi stiamo imparando dagli spagnoli che incarnano perfettamente questo spirito “positivo” di affrontare la crisi, senza troppa rassegnazione o inutile arrendevolezza, ma piuttosto con una chitarra in mano e una bella voce che rallegra tutti quelli che la stanno ascoltando.
Alice Bova e Andrea Colombo (@pressenza_italia)