Un medico dell’ospedale di Careggi a Firenze, impegnato in prima persona sul campo durante questa emergenza sanitaria, racconta con amarezza come il suo impegno per la salute e la cura delle persone sia stato minato e reso difficile da anni di miopia e di continui tagli al personale medico e alle strutture sanitarie. Spiega nei fatti come certe politiche imposte tramite le ricette del libero mercato abbiano reso difficilissima la sua opera quotidiana, il suo impegno e quello di molti altri suoi colleghi.
“E poi succede che un giorno ti trovi improvvisamente in uno tsunami, senza che tu ne avessi avuto il sentore o qualche avvisaglia. C’è un Virus che sta mettendo a ferro e fuoco la popolazione mondiale, ma soprattutto il sistema sanitario nazionale. Realizzi allora che ti mancano le forze fisiche e anche psichiche per affrontarlo. Perché non sei più quel ragazzo che 25 anni fa lavorava impavido giorni e notti intere, e poi di nuovo giorni e notti, senza avvertire il senso della fatica e si sentiva immortale.
L’ospedale di Careggi a Firenze
Quello stesso ragazzo che poi negli anni diventato uomo senza colpo ferire ha sopperito assieme ai colleghi ai tagli della sanità, credendo che per un breve periodo fossero utili a ristabilizzare le finanze nazionali, ma poi piano piano si è accorto che il trend era quello di smantellare pian piano il servizio sanitario pubblico.
Nonostante questo ha dato ancora del suo al sistema. Ha lavorato ore in più, festivi in più, rubando il tempo ai propri cari oltre che a se stesso; ha visto ridurre i posti letto, e al tempo stesso paradossalmente ha dovuto lavorare su più posti letto perché ha visto ridurre in maniera maggiore il personale sanitario, che non è stato più sostituito dopo il pensionamento, anzi invitato caldamente ad andare in pensione.
Questo tsunami lo ha colto improvvisamente ed è come lo avesse edotto del fatto che non si era reso conto che ciò che aveva fatto fino ad ora era il massimo che poteva fare, senza che nessuno avesse riconosciuto il tutto, non solo economicamente, ma soprattutto in termini di gratificazione personale e lavorativa.
Ti accorgi così che sei stato meramente usato. Che non ce la fai più a stare una notte in piedi vestito come un palombaro senza bere ne urinare per ore. Non dormi di notte al solo pensiero di fare un turno massacrante. Stai male, hai ansia, ti senti deluso e depresso, e quindi inadatto a dare una mano. Hai anche paura perché no (chi non ne ha in questi momenti), paura per te, per i tuoi familiari.
A tutto questo si aggiunge l’idea che il sistema non ti dia le giuste armi per combattere il nemico e questo riacutizza ulteriormente il tuo stato psicologico, quasi all’arrivare a pensare di farla finita con questo lavoro, che per te era la massima aspirazione e ora diventato una ossessione.”
Un medico AOU Careggi, Firenze
(per motivi di tutela lavorativa viene omesso il nome dell’autore)