Almeno 70 paesi hanno aderito all’appello lanciato il 23 marzo dal Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres per un cessate il fuoco mondiale durante la pandemia di Covid-19. Come gli affari non essenziali e gli sport molto popolari, la guerra è un lusso di cui secondo il Segretario Generale dobbiamo fare a meno per un po’. Dopo che i leader statunitensi hanno detto per anni agli americani che la guerra è un male necessario o addirittura una soluzione a molti dei nostri problemi, Guterres ci ricorda che la guerra è davvero il male più superfluo e un vizio che il mondo non può tollerare, soprattutto durante una pandemia.
Il Segretario Generale dell’ONU e l’Unione Europea hanno anche chiesto la sospensione della guerra economica che gli Stati Uniti conducono contro altri paesi attraverso sanzioni coercitive unilaterali. Tra i paesi soggetti a sanzioni unilaterali statunitensi vi sono Cuba, Iran, Venezuela, Nicaragua, Corea del Nord, Russia, Sudan, Siria e Zimbabwe.
Nel suo aggiornamento del 3 aprile, Guterres ha dimostrato di parlare sul serio, insistendo su un vero e proprio cessate il fuoco, non solo su dichiarazioni di buone intenzioni. “C’è un’enorme distanza tra le dichiarazioni e gli atti”, ha detto Guterres. La sua originale richiesta di “mettere il conflitto armato in isolamento” invitava esplicitamente le parti in conflitto ovunque a “mettere a tacere le armi, fermare l’artiglieria, porre fine agli attacchi aerei”, non solo per dire che gli sarebbe piaciuto farlo, o che lo avrebbero preso in considerazione se i loro nemici l’avessero fatto per primi.
Ma 23 dei 53 paesi che hanno firmato la dichiarazione di cessate il fuoco dell’Onu hanno ancora forze armate in Afghanistan come parte della coalizione Nato che combatte i Talebani. Tutti e 23 i paesi hanno cessato di sparare? Per tradurre in realtà l’iniziativa dell’Onu, i paesi che prendono sul serio questo impegno dovrebbero dire al mondo esattamente cosa stanno facendo per realizzarlo.
In Afghanistan, i negoziati di pace tra gli Stati Uniti, il governo afghano sostenuto dagli USA e i Talebani sono in corso da due anni, ma non hanno impedito agli Stati Uniti di bombardare l’Afghanistan più che in qualsiasi altro momento dall’invasione del 2001. Gli Stati Uniti hanno sganciato almeno 15.560 bombe e missili sull’Afghanistan dal gennaio 2018, con un prevedibile aumento del numero già terribile di vittime afghane.
Non c’è stata alcuna riduzione dei bombardamenti statunitensi nel gennaio e febbraio 2020 e Guterres ha detto nel suo aggiornamento del 3 aprile che i combattimenti in Afghanistan sono ancora aumentati a marzo, nonostante l’accordo di pace del 29 febbraio tra gli Stati Uniti e i Talebani.
Poi, l’8 aprile, i negoziatori talebani si sono ritirati dai colloqui con il governo afghano per i disaccordi sul rilascio reciproco dei prigionieri richiesto dall’accordo USA-Afghanistan. Resta quindi da vedere se l’accordo di pace o l’appello di Guterres per un cessate il fuoco porteranno a una reale sospensione degli attacchi aerei statunitensi e di altri combattimenti in Afghanistan. Un vero cessate il fuoco da parte dei 23 membri della coalizione della NATO che hanno retoricamente firmato il cessate il fuoco dell’ONU sarebbe di grande aiuto.
La risposta diplomatica alla dichiarazione di Guterres da parte degli Stati Uniti, il maggiore aggressore del mondo, è stata sostanzialmente quella di ignorarla. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (NSC) ha risposto a un tweet di Guterres sul cessate il fuoco, scrivendo: “Gli Stati Uniti sperano che tutte le parti in Afghanistan, Siria, Iraq, Libia, Yemen e altrove ascoltino l’appello di Antonio Guterres. Ora è il momento della pace e della cooperazione”.
Ma il tweet dell’NSC non diceva che gli Stati Uniti avrebbero partecipato al cessate il fuoco, deviando essenzialmente l’appello dell’ONU verso tutte le altre parti in guerra. L’NSC non ha fatto alcun riferimento all’ONU o alla posizione di Guterres come Segretario Generale dell’ONU, come se avesse lanciato la sua iniziativa come un privato cittadino benintenzionato, invece che come capo del più importante corpo diplomatico del mondo. Nel frattempo, né il Dipartimento di Stato né il Pentagono hanno dato una risposta pubblica all’iniziativa di cessate il fuoco dell’ONU.
Non sorprende quindi che l’Onu stia facendo più progressi con il cessate il fuoco nei paesi in cui gli Stati Uniti non sono tra i principali combattenti. La coalizione guidata dall’Arabia Saudita impegnata ad attaccare lo Yemen ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale di due settimane a partire dal 9 aprile per preparare il terreno in vista di colloqui di pace globali. Entrambe le parti hanno pubblicamente sostenuto la richiesta di cessate il fuoco dell’ONU, ma il governo Houthi non accetterà l’accordo finché i sauditi non cesseranno effettivamente i loro attacchi contro lo Yemen.
Se il cessate il fuoco dell’Onu prenderà piede nello Yemen, impedirà che la pandemia aggravi la guerra e la crisi umanitaria responsabili della morte di centinaia di migliaia di persone. Ma come reagirà il governo americano alle iniziative di pace in Yemen che minacciano il suo mercato estero più redditizio per la vendita di armi, quello con l’Arabia Saudita?
In Siria, i 103 civili uccisi a marzo sono stati il più basso bilancio mensile di morti degli ultimi anni, dato che sembra che il cessate il fuoco negoziato tra Russia e Turchia a Idlib stia reggendo. Geir Pedersen, l’inviato speciale dell’Onu in Siria, sta cercando di estenderlo a livello nazionale tra tutte le parti in guerra, compresi gli Stati Uniti.
In Libia, entrambe le principali parti in guerra, il governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu e le forze del generale ribelle Khalifa Haftar, hanno accolto pubblicamente la richiesta di cessate il fuoco dell’Onu, ma a marzo i combattimenti si sono inaspriti.
Nelle Filippine, il governo di Rodrigo Duterte e il New People’s Army maoista, che è l’ala armata del Partito comunista filippino, hanno concordato un cessate il fuoco nella loro guerra civile in atto da 50 anni. In un’altra guerra civile durata 50 anni, l’Esercito di Liberazione Nazionale della Colombia (ELN) ha risposto alla richiesta dell’ONU con un cessate il fuoco unilaterale per il mese di aprile, che si spera possa portare a colloqui di pace duraturi con il governo.
In Camerun, dove i separatisti della minoranza di lingua inglese hanno combattuto per 3 anni per formare uno stato indipendente chiamato Ambazonia, uno dei gruppi ribelli, Socadef, ha dichiarato un cessate il fuoco di due settimane, ma né il più grande gruppo ribelle Ambazonia Defense Force (ADF) né il governo si sono ancora uniti all’appello.
L’ONU sta lavorando sodo per convincere le persone e i governi di tutto il mondo a prendersi una pausa dalla guerra, l’attività più superflua e mortale dell’umanità. Ma se possiamo rinunciare alla guerra durante una pandemia, perché non possiamo rinunciarci del tutto? In quale paese devastato vorreste che gli Stati Uniti ricominciassero a combattere e a uccidere quando la pandemia sarà finita? In Afghanistan? Nello Yemen? In Somalia? O preferireste una nuova guerra degli Stati Uniti contro l’Iran, il Venezuela o l’Ambazonia?
Pensiamo di avere un’idea migliore. Insistiamo affinché il governo americano annulli gli attacchi aerei, l’artiglieria e i raid notturni in Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria e Africa occidentale e sostenga i cessate il fuoco in Yemen, Libia e in tutto il mondo. Poi, quando la pandemia sarà finita, insisteremo affinché gli Stati Uniti onorino la proibizione della Carta delle Nazioni Unite contro la minaccia o l’uso della forza, che i saggi leader americani avevano redatto e firmato nel 1945, e comincino a vivere in pace con tutti i vicini nel mondo. Gli Stati Uniti non ci provano da molto tempo, ma forse è finalmente arrivato il momento di mettere in pratica quest’idea.
Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid.
Medea Benjamin, co-fondatrice di CODEPINK for Peace, è autrice di diversi libri, tra cui “Inside Iran: The Real History and Politics of the Islamic Republic of Iran and Kingdom of the Unjust: Behind the U.S.-Saudi Connection.
Nicolas J. S. Davies è un giornalista indipendente, ricercatore di CODEPINK e autore di “Blood on Our Hands: The American Invasion and Destruction of Iraq