La pandemia è una brutta bestia. Un virus malefico che si insinua e danneggia i corpi umani, talvolta fino alla morte.
A peggiorare le cose è il fatto che siamo tutti costretti a restare a casa e soffriamo per questa limitazione della libertà. Di conseguenza, a volte capita – purtroppo – che si perda un po’ il lume della ragione e si confondano lucciole per lanterne.
Sicuramente è il caso del giornalista Alessandro Sallusti, che sul quotidiano “Il Giornale” con grande enfasi ed evidenza ha titolato: “Altro che Belli Ciao. La resistenza la fanno medici e infermieri”.
E poi ha proseguito con questa spiegazione: “Cari partigiani e antifascisti, fatevene una ragione: il virus non è fascista, non è antifascista e, secondo me, ride alla grande della vostra stupidità. E ci ha fatto pure il regalo – uno dei pochi – di liberarci, per la prima volta nel Dopoguerra, della retorica del 25 Aprile, quantomeno della sua rappresentazione fisica nella quale, peraltro, non c’è più un partigiano a pagarlo oro”.
Si può discutere se sia il caso di dire che il coronavirus è il nostro vero nemico, se sia opportuna la metafora della guerra per parlare della lotta contro la pandemia, se sia necessario fare riferimento al termine resistenza per spiegare che dobbiamo farci forza contro la diffusione del contagio.
Ma perché si deve contrapporre tutto questo ai partigiani e alla festa della liberazione dal nazifascismo?
Anzi, si sarebbe potuto provare a fare qualche analogia, perché anche oggi tutti e tutte (“medici e infermieri”, ma anche ogni cittadino/a) abbiamo il dovere di resistere e di essere solidali, come sta scritto nella Costituzione, conseguenza del ritorno alla democrazia, grazie alla Liberazione che si ricorda il 25 aprile di ogni anno.
Tutti e tutte sentiamo il limite delle relazioni distanziate, degli spazi ristretti, dei rischi che si corrono, della libertà fortemente contenuta per necessità.
E non vediamo l’ora di poter assaporare di nuovo quell’aria di normale libertà che prima del coronavirus vivevamo come un’abitudine quotidiana.
Chissà che euforica sensazione dev’essere stata per i partigiani e per i resistenti di quel 25 aprile di 75 anni fa.
Forse oggi possono comprenderla solo i malati che stanno guarendo e possono togliere quel “casco” che aiuta a respirare.
Pochi giorni fa un il partigiano Pasquale Brancatisamo, che a dicembre compirà 99 anni, ha pubblicato un video messaggio nel quale diceva: “state tutti a casa e collaborate alla salvezza di tutti”. Il video è arrivato anche a Sergio Mattarella, che ha telefonato a Pasquale per ringraziarlo “per quello che ha fatto oggi e anche allora. È stato molto importante. La nostra democrazia si basa sul vostro valore di partigiani”.
Quando anche l’ultimo partigiano non ci sarà più, sarà ancor più necessario fare memoria di ciò che è accaduto, affinché più non accada. Sallusti dimentica che se oggi può scrivere le sue insulse parole, è perché c’è stato un 25 aprile.
Basterebbe questo per mostrare un po’ di rispetto verso coloro che si sono sacrificati per tutti e tutte noi. Qualcuno/a è tuttora vivo/a e vivace, come Pasquale.
E non si può pagarlo, né con oro né con altra moneta. Perché quelli che venivano pagati erano i traditori, non i partigiani. Anche per questo riferimento Sallusti ha sbagliato a parlare.
In questo caso d’oro sarebbe stato il silenzio.