Come ha preso la notizia della pandemia?
Penso di averla presa come la maggior parte delle persone. All’inizio si sperava che potesse essere localizzata, tenuta sotto controllo. Ma gli eventi hanno preso una piega molto diversa e l’epidemia si è diffusa in lungo e in largo. Si sono rese necessarie misure e decisioni senza precedenti. Capi di governo, cittadini e organizzazioni internazionali si sono trovati in una situazione estremamente difficile. Tutto ciò dovrà essere analizzato a fondo nel suo complesso, ma adesso la priorità è assumere il controllo della situazione e sconfiggere questo nemico nuovo e aggressivo.
Come valuta le misure prese fino ad ora?
La preoccupazione principale dev’essere la sicurezza delle persone e la possibilità di salvare vite. Suppongo che le decisioni prese in questi giorni siano basate sulla scienza e sui consigli dei maggiori esperti. Ad oggi c’è praticamente unanimità sulla necessità del lockdown, è un fatto che sia le autorità, sia le persone devono accettare. Molto dipende dal loro comportamento, è essenziale la massima responsabilità e disciplina. Allora potremo sperare che il peggio possa essere evitato.
È già giunto il momento di trarre una lezione? È d’accordo con l’idea che il mondo non sarà più lo stesso?
Dipende precisamente da quale lezione si trarrà. Penso alla storia recente, a come abbiamo gestito la minaccia del nucleare. Capimmo che costituiva un nemico comune, una minaccia per tutti noi e i leader delle due nazioni, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, dichiararono che una guerra nucleare non poteva avere vincitori e che non la si doveva mai combattere. Poi vennero il vertice di Reykjavíc e i primi trattati per l’eliminazione delle armi nucleari. Oggi l’85% di quegli arsenali è stato eliminato. Dobbiamo continuare a percorrere questa strada, ma adesso vediamo nuove sfide. Con gli amici del Summit mondiale dei Premi Nobel per la Pace richiediamo da anni che la politica internazionale sia ripensata in maniera radicale. Mi permetta di citare un estratto del nostro appello del 2005: “Le fondamenta della sicurezza umana consistono nell’andare incontro ai bisogni dell’umanità e nell’avere rispetto per la vita. Eccessive spese militari generano insicurezza. I due settori dove la comunità internazionale dovrebbe incanalare i fondi sono l’educazione e la salute, con particolare riferimento alle piaghe dell’AIDS, della malaria e della tubercolosi, tramite protezione e prevenzione.”
Cosa si potrebbe aggiungere? Soltanto il nome di questa nuova, spaventosa malattia.
Negli ultimi cinque anni non si è fatto altro che parlare di armi, missili e attacchi aerei. Ma non è chiaro che le guerre e la corsa agli armamenti non possono risolvere gli attuali problemi globali? La guerra è una sconfitta, un fallimento della politica! Questa comune tragedia ci ha ricordato quanto sia inutile tentare di nascondersi e non intervenire, ignorando le minacce che incombono. Nel mondo di oggi, nessuno può sperare di nascondersi!
Per questo motivo non mi stancherò mai di ripetere: è necessario smilitarizzare gli affari mondiali, la politica internazionale e il pensiero politico e destinare i fondi riservati al militare al servizio della sicurezza dell’umanità. Dobbiamo ripensare il concetto stesso di sicurezza. Al di sopra di tutto, sicurezza dovrebbe significare fornire cibo e acqua, che già scarseggiano, un ambiente pulito e, in cima alle priorità, attenzione alla salute delle persone.
Per raggiungere la sicurezza dell’umanità c’è bisogno di sviluppare strategie, fare preparativi, creare piani e riserve. Questa è la responsabilità dei leader, sia nazionali che di ogni altro livello.
Credo che si debbano iniziare i preparativi per una sessione d’emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, da svolgere appena la situazione si sarà stabilizzata. Dovrà trattare un tema ambizioso: la revisione dell’intero programma globale.
Posso chiederle cosa è cambiato per lei e per la Fondazione Gorbačёv?
Ovviamente stiamo rispettando tutte le misure necessarie e abbiamo dovuto iniziare a lavorare da casa. Comunico coi colleghi al telefono e tramite una piattaforma di discussione che abbiamo creato sul web. Ci adatteremo alle nuove circostanze. Mi è stato chiesto di scrivere un capitolo aggiuntivo per l’edizione inglese del mio libro What is at stake now, per rendere conto dei nuovi sviluppi. Ho accettato e ci lavorerò.
Si ringraziano Pavel Palazhchenko e Metta Spencer.
Traduzione dall’inglese di Maria Fiorella Suozzo