Il fenomeno delle fake news è talmente esteso da interessare tutto il mondo.

La quantità d’informazioni a cui siamo esposti, specialmente in questo periodo, rende molto difficile comprendere quali fonti informative siano accreditate e quali informazioni siano effettivamente verificate, questo fenomeno è mondiale, ecco perché parliamo di pandemia nella pandemia.

Il Governo ha istituito una task force per individuare le fake news sul Coronavirus, sarebbe interessante sapere quali saranno i costi dell’iniziativa, e quindi capire quanto la produzione di contenuti falsi pesi anche sul bilancio della collettività.

E’ stata creata una apposita pagina web sempre in aggiornamento, nel quale smonta le fake news che via via vengono create sul coronavirus.

Come nasce una fake new?

E’ ormai risaputo da tempo che esistono le content farm, ovvero fabbriche di contenuti (fake news, n.d.r), quindi aziende, società, il cui scopo è la produzione e la diffusione di notizie false
Occorre quindi non solo creare, produrre la bufala, occorre anche che venga diffusa il più possibile, che diventi virale.

Per innescare il processo di diffusione in larga scala, la fake new viene diffusa inizialmente da notevoli quantità di account fake, che sono profili, ad esempio, Facebook o Twitter falsi, di cui c’è un florido mercato.

Certamente l’operazione di diffusione non viene fatta manualmente, ovvero non ci sono “eserciti” di persone che entrano via via nei profili falsi e condividono e/o ritwettano le fake news.

Viene fatto tutto tramite software appositi che eseguono automaticamente le condivisioni e/o i ritweet.

Nel giro di qualche secondo questi software, chiamati bot, (diminutivo di robot) si occupano di condividere a notizia falsa tramite centinaia di account fake (profili falsi) di cui la content farm dispone.

Perché le bufale? Il motivo principale è abbastanza intuitivo: manipolare l’opinione pubblica.

Al di là delle content farm, ci sono anche “cani sciolti” che, pubblicando contenuti virali che rimandino ai propri siti, guadagnano in termini di click, ma in taluni casi è risultato che questi personaggi facciano comunque parte di reti che hanno, appunto, lo scopo di manipolare l’opinione pubblica.

Le fake news spesso sono intriganti, confermano nostre paure, soddisfano in modo gratificante domande che per noi sono irrisolte, spesso chi le crea si basa sul fatto che magari su quel particolare argomento le ricerche su Google diano pochi e ambigui risultati, segno di scarsa o nulla “copertura” dell’argomento.

Diventa in quel caso difficile per l’utente trovare materiale comprovante che permetta di poter capire se quella sia o meno una fake new, quindi in assenza di possibilità di controllo (fact checking) la notizia , benché falsa, acquista maggior credibilità.

Butac (Bufale Un Tanto Al Chilo) un sito che da molto si occupa di debunking, ovvero di smascheramento delle notizie false, in questo articolo spiega come individuare e quindi difendersi dalle bufale.

Ma le bufale vengono rese virali solo dai famosi bot?

In questo interessante articolo su Agenda Digitale emerge uno studio, non particolarmente rassicurante.

Citiamo alcuni passaggi dell’articolo:

Malgrado, inoltre, molte inchieste e rapporti (specie statunitensi) in fatto di disinformazione, abbiano reso evidente il ruolo dei robot nella diffusione delle fake news, tuttavia, altrettanti studi scientifici dimostrano che, in realtà, è il comportamento umano che contribuisce maggiormente alla diffusione differenziale di falsità e verità.
Secondo un recente studio del MIT, le notizie false hanno il 70% in più di probabilità di essere ritwittate rispetto alle storie vere, con la verità che viaggia sei volte più lentamente della menzogna.

Questo ci fa capire quanto possiamo essere tutti complici delle famigerate content farm nel diffondere notizie false.

Ma questo è un fenomeno del nostro tempo? legato ai social?

Nel 1966 su American Cancer Society venne pubblicato uno studio nel quale venivano smentite le fake news che a quel tempo circolavano sul cancro.

La traduzione che ci fa capire quanto il fenomeno fosse anche allora radicato, e come anche a quei tempi sedicenti leader d’opinione, senza alcun accreditamento scientifico, diffondessero teorie prive di qualunque fondamento scientifico.

American Cancer Society

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Il Governo ha istituito una task force per individuare le fake news sul Coronavirus, sarebbe interessante sapere quali saranno i costi dell’iniziativa, capire quanto la produzione di contenuti falsi, e la condivisione acritica, pesino sul bilancio della collettività.

E’ stata creata una apposita pagina web sempre in aggiornamento, sulla quale si smontano le fake news sul coronavirus che via via vengono individuate e smascherate.

Un esempio di notizia non attendibile?

Sicuramente abbiamo visto tutti quel filmato diventato virale su Facebook che parlava dell’Avigan.

Nell’analisi di quel video cosa emerge? Si parla di un farmaco, utilizzato in Giappone, questo farmaco permetterebbe di evitare la norma del “distanziamento sociale”, farmaco del quale (colpevolmente?) nessuno parla, ma non solo, si afferma anche, a sostegno della tesi, che vengano diffuse immagini false sul Giappone, che al momento del video viveva, al contrario di noi, una vita normale.

Questa fu l’articolo che pubblicammo in primissima battuta.

La validità di quel filmato, si comprese bene nell’arco di 36/48 ore, di fatto di quel farmaco non parla più nessuno, non era quel “miracolo” che avrebbe salvato il mondo.

Un’altra notizia che risulta falsa è quella della vitamina D, e qui dobbiamo analizzare un altro fatto interessante: è diventato virale il video di un medico che, argomentando con termini tecnici, avvalora la tesi che la vitamina D inibisca l’effetto che il virus Sars-CoV-2, responsabile delle patologie Covid-19, ha sulle citochine per riuscire a provocare la polmonite interstiziale, dal messaggio del video si potrebbe tranquillamente sottendere che, prendendo la vitamina D, anche in caso di contagio si possa evitare lo sviluppo della polmonite.

Non ci sono trial clinici: non c’è alcuna prova (a propria volta controprovata e quindi confermata, n.d.r) che questo sia vero.

Allo stato attuale la notizia sulla vitamima D è un falso, è semplicemente una teoria: verosimile? Sì. Vera? Forse. Attualmente attendibile? No.

E se fosse confermata in futuro? In quel caso avremo la certezza che è una notizia vera.

Non è, allo stato attuale, confermata da sudi clinici, potrebbe quindi risultare in futuro completamente falsa.

Qui emerge un dato interessante, ovvero che le notizie false non provengono solo dalle famigerate content farrm, ma anche le breaking news (ultime notizie, n.d.r.) possono essere notizie non controllate e quindi, soprattutto in un momento delicato come questo, possono ingenerare false convinzioni, o peggio, false speranze.

Infatti sono uscite delle breaking news che avvaloravano la tesi che la vitamina D fosse “decisiva”, notizia poi smentita dalla stessa testata, ma in questi frangenti, spesso le smentite sfuggono, mentre la notizia benché inaccurata e inattendibile, resta.

 

 

Luisa Mondo, Medico Epidemiloga, si occupa per passione e per lavoro della salute dei migranti.