Volendo riflettere sulla pandemia da Sars-Cov2 e tutte le conseguenze che essa comporta, è interessante domandarsi quali immagini, quali rappresentazioni, quali configurazioni si stanno muovendo ed installando, al di là dei diversi atteggiamenti che si possano avere di fronte ad esse, siano esse di fuga o di entusiasmo (con tutte le sfumature del caso). Cercando di rispondere a questa domanda sembra che emerga un’immagine che qui sinteticamente si può definire “l’universale”.
Niente di nuovo, si potrebbe rispondere.
È vero, nulla di nuovo se ci riferiamo alla sua origine. Ogni cultura riferendosi a se stessa si interroga sull’idea dell’universale, per poi scoprire che magari ci sono altri universali. La novità non è nell’idea in sé ma nel suo elevarsi al di sopra dei contesti culturali e di porsi o imporsi nel campo di compresenza degli esseri umani.
Non importa da che parte si sta su questo tema. Non importa perché non è più un tema da mettere in discussione. Non che non si possa fare, semplicemente si da come assunto di base. Che sia negativo o positivo è al momento vissuto come un secondario, ma comunque non si discute nemmeno di questo.
A partire da quest’immagine non importa se si è a favore o contro una determinata moneta, una determinata forma di governo, sulla questione ambientale, se si creda o no al complotto o all’apocalisse, che l’epidemia di Covid-19 sia o meno opera dell’uomo, che tu sia per Trump, Sanders o Biden, che ti piaccia o meno il modello cinese, americano o europeo. Non importa che tu sia contro o a favore degli armamenti nucleari, della guerra convenzionale o per la pace, delle energie rinnovabili o fossili. Poco importa che tu sia neoliberista, keynesiano, comunista o socialdemocratico, non importa nulla di tutto ciò, perché alla fine quello su cui ci si sta confrontando supera i confini del paesello, città, stato, continente, della tua individualità, della tua identità culturale o religiosa. Tutto sta nel campo di rappresentazione dell’Universale.
La pandemia di Covid19 nella sua dimensione globale, sia negli effetti immediati di carattere sanitario ma anche nei suoi riflessi, in campo economico, politico, geopolitico, sociale e psicologico ci fa comprendere che siamo di fronte ad un evento di una magnitudo inaudita in cui le soluzioni di carattere localista sembrano essere di corto respiro. Se la pandemia si manifesta come un indicatore di discontinuità strutturale si potrebbe dire che la rappresentazione dell’Universale sia il nuovo ambito maggiore nel quale tutto s’inquadra. Che si tratti di economia, politica, ambiente, salute, educazione, religione, diritti, lavoro, niente scappa a questo inquadramento.
Dopo quest’avventura del Covid-19 niente sarà come prima, nulla potrà procedere senza che si tenga in conto che siamo in un mondo in cui ciò che faccio è, che mi piaccia o no, sotto un’orizzonte planetario, universale.
Oggi col Covid-19 non solo ci domandiamo come stanno le persone a me più care, ma ci interroghiamo anche delle condizioni dell’altro che, di colpo, esiste. L’altro, fosse anche solo come possibile minaccia di infezione, ora esiste. Non posso far finta che non ci sia.
Ci domandiamo anche cosa accade nelle regioni e province vicine, e ci domandiamo cosa accade in Europa, in Asia, negli USA, in America Latina, perché ogni luogo diventa importante dato che la pandemia potrebbe ripartire in ogni luogo. Ci domandiamo se le scelte che in un certo luogo sono intraprese saranno utili per l’insieme o saremo costretti in futuro a chiudere gli aeroporti per non avere infezioni di ritorno.
Ci stiamo domandando dove dovrebbero essere allocati i capitali, perché non sembra che le scelte economiche precedenti ci abbiano protetto dalle conseguenze di questa pandemia. Ma anche qui ci rendiamo conto che senza un’ottica universale, ogni altra risposta risulta inadeguata.
Avanzano nuovi schemi nelle relazioni diplomatiche. Alcune agenzie nate in seno alle Nazioni Unite come l’OMS sono diventate un punto di riferimento sul piano mondiale non solo per raccogliere i dati e svolgere degli studi ma anche come organo di orientamento e coordinamento di strategie di contenimento dell’epidemia. I dati, le ricerche, le scoperte, si condividono al livello mondiale.
Al di là del panico e delle vittime che esso sta producendo in tutto il mondo, il coronavirus ci porrà di fronte al fatto che i nostri comportamenti individuali come quelli collettivi hanno delle conseguenze. Emerge l’idea che o ci si salva insieme o non si salva nessuno. Un’idea vecchia come il mondo ma che mai nella storia umana si era manifestata così forte. Questa volta non c’è Noè che salva chi vuole dal Diluvio Universale. Questa volta o si sale tutti insieme sull’arca o neppure Noè vedrà la colomba tornare con l’ulivo.
Questa pandemia non è come la pandemia del 1918 che malgrado abbia fatto milioni di morti nel mondo ha avuto un processo di contagio relativamente lento. Qui siamo di fronte a qualcosa di meno mortale della Sars ma con una velocità di contagio mai viste prima. Una velocità che potrebbe far collassare anche il più evoluto dei sistemi sanitari. Dalle prime segnalazioni in Cina nel giro di pochissimi mesi ci troviamo con casi positivi in oltre 100 paesi. Anche questo dato rimbalzato dal susseguirsi di notizie dei mass-media sta contribuendo a costruire quest’immagine dell’universale. Non è semplicemente la sensazione di globalità, di planetarietà che si sta affermando, l’universale si manifesta nell’aver chiaro che si è tutti potenzialmente vittime, tutti potenzialmente untori.
È uno shock che nemmeno la minaccia di guerra nucleare durante la guerra fredda, nemmeno il rischio di catastrofe ambientale, ha saputo generare. La crisi è concreta e non sappiamo quali risvolti possa avere. Si potrebbero innescare elementi catartici oppure evolutivi ma il campo è ormai definito.
Quando la pandemia passerà, perché passerà, anche il sistema con il suo modello economico, se ne sarà capace, dovrà trovare una forma di adattamento. Non sappiamo quanto costerà questo adattamento e se ci saranno svolte autoritarie o progressiste. Non sappiamo se saremo costretti a riscrivere le mappe geografiche o vedremo la nascita di soggetti geopolitici nuovi. Non sappiamo se ci sarà una rivincita dello Stato sul Grande Capitale o se invece si sperimenteranno nuove forme democratiche. Al momento è difficile prevedere l’evolversi della situazione ma analogamente a ciò che accade con il Covid-19, potremmo immaginare che quei soggetti istituzionali ed economici che già avevano un “sistema immunitario” deficitario, una certa fragilità, soffriranno maggiormente l’andamento della crisi.
La forte accelerazione che stiamo vivendo metterà il sistema nervoso delle persone a dura prova e noi dobbiamo fare la nostra parte per evitare la deriva psicosociale. L’accelerazione è una componente essenziale di questo fenomeno ed è talmente alta che non ci permette nemmeno di avere un giudizio sereno intorno a quello che sta accadendo.
In sintesi la pandemia di Covid-19 ci ha gettato dentro in una enorme accelleratore e amplificatore degli eventi umani in cui la rappresentazione dell’elemento universale domina su tutto.
Saremo sempre in grado di comprendere e distinguere ciò che è evolutivo da ciò che è invece una retrocessione?