Sarà la quarantena, sarà l’età, sarà che questi giorni mi sono sembrati perfetti per riflettere, per capire, per approfondire, che vedo o mi pare di vedere le cose in modo più chiaro e lucido e quindi…. Una di queste è la triste ( e criminale ) storia dei vecchi morti nelle Rsa, che starebbero per Residenze sanitarie assistenziali o meglio, nel gergo comune “Ospizi e Case di riposo”. Nelle quali ed ormai è cronaca, si sono concentrate la maggior parte delle morti da Covid 19 o presunto tale. Questo è successo in tutto il paese ma anche nel resto d’Europa e in America dove oltre il cinquanta per cento dei deceduti “per” o “con” Coronavirus, si sono registrati all’interno di queste strutture. Strutture che, diciamocelo senza infingimenti o infiocchettamenti, sono dei veri e propri parcheggi ante mortem e in molti casi soltanto “discariche umane” dove riversare tutto “l’inutile”, il “fastidioso” “la spesa” e il “non produttivo” della società; non nascondo che sono anche una via di fuga da situazioni umane spesso ingestibili e quindi, l’unica alternativa possibile.
Mi sorprende però tutto questo baccano, le denunce, gli interventi accorati e strappalacrime in tv; figli e nipoti che chiedono “verità e giustizia” (e risarcimenti) o tutti quelli che a posteriori si sperticano in lodi per la scomparsa della “memoria” storica, del “sapere”, degli “affetti” o altre fregnacce del genere. Siamo il paese più retorico del mondo, peccato che lo siamo sempre “dopo” insieme alla classica giustificazione del “ma noi non lo sapevamo” oppure alla promessa (falsa) gridata dai balconi mediatici del “mai più”. E no, signori non ce la possiamo cavare in questo modo noi, voi, tutti lo sapevamo. Lo sapevamo che quei posti sono luoghi infami di sofferenza, di dolore e di abbandono; lo sapevamo quando abbiamo deciso di non potercene occupare, di non poter stare dietro a un vecchio, di non poterlo accudire, pulire, seguire, rassicurare perché fastidioso, rimbambito, malato. Lo sapevamo e abbiamo scelto (forzatamente?) per noi e non per lui. Abbiamo scelto di essere liberi, di andare in vacanza, di seguire i figli (ai quali spesso abbiamo tolto il piacere di stare con i nonni), di risparmiare; di farci convincere dagli imbonitori che ci magnificavano le strutture dove “c’è assistenza, tranquillità, medici, medicine e che… tutto sommato… al dunque…” Noi, voi, lo sapevamo e conoscevamo il significato di quei visi spenti, avviliti, ammutoliti, rassegnati ma l’ignavia, l’indifferenza o la “necessità” non ci hanno scosso nemmeno alla scoperta dei maltrattamenti, delle strutture come lager che settimanalmente le forze dell’ordine portavano alla luce. Certi che non sarebbe toccato ai nostri padri, madri, nonni. Noi, insieme ai responsabili delle strutture, insieme ai politici, insieme ai medici, a una comunicazione giovanilistica e razzista che imperversa nel mondo e in questo paese, ci portiamo addosso la responsabilità morale delle loro morti e non mi convince tutto questo ricorso all’indignazione e ai giudici dopo i fatti. Mondarci la coscienza dopo il peccato non ci assolve però dagli errori. Noi, come avrebbe detto George Orwell: se abbiamo accettato questo sistema, queste logiche, questi politici e questi amministratori, non siamo vittime, siamo COMPLICI.
Complici di un sistema che esclude, di una società che emargina se si è poveri, indifesi, vecchi e premia solo chi produce, manda avanti ed è parte del meccanismo della produzione capitalistica finanziaria, mentre i vecchi sono invece il granello di sabbia capace di incepparlo. Sono, nonostante tutto, nonostante il passato, la storia e l’esperienza: un costo! E questo non è tollerabile in un mondo che corre veloce e (deve essere) senza intoppi. Siamo, anche se nessuno lo ammetterà mai e rifiuterà di crederlo (come è potuto succedere?), in parte allo stato etico, in parte in quello orwelliano ma di sicuro in quello eugenetico nel quale non sono ammesse le “devianze” che siano politiche, sociali e soprattutto umane. Vecchio, invalido, diverso, povero ma potremmo metterci pure ebreo, musulmano, zingaro, immigrato è sinonimo di problema e noi, di problemi non ne vogliamo. Ovvio, finché non arriverà il nostro turno, giacché con i nostri atti e le nostre politiche stiamo allevando generazioni di egoisti e menefreghisti che ci tratteranno allo stesso modo. E allora dovremo farcene una ragione, perché sarà troppo tardi per cambiare.