Nel capoluogo della regione Abruzzo tra i criteri per l’accesso ai buoni pasto stanziati grazie ai fondi del Governo per la solidarietà alimentare c’è la residenza nel comune ed il permesso di soggiorno a lunga durata, cioè quello che si ottiene risedendo per più di cinque anni in maniera continuativa nello stesso comune.
Ciò comporta l’esclusione dagli aiuti non solo dei giovani cittadini stranieri che risiedono a L’Aquila da meno di cinque anni ma che pagavano regolarmente l’affitto ai proprietari aquilani e che lavoravano per datori di lavoro aquilani (molti dei quali ex beneficiari del progetto sprar integratisi nella comunità), ma anche i richiedenti asilo, entrambe categorie oggi impossibilitate a lasciare il nostro paese stante il blocco internazionale della mobilità.
E’ chiaro che il messaggio che l’amministrazione comunale voleva far passare è il classico slogan “prima gli italiani”, ma con tali restrizioni si escludono anche i soggetti senza fissa dimora, di tutte le nazionalità e tutti i cittadini italiani rimasti bloccati nella nostra città dall’inizio dell’emergenza.
Gli avvocati Fausto Corti, Gianluca Racano, Francesco Rosettini e Andrea Piermarocchi, su mandato delle associazioni 3e32, Arci L’Aquila, Comunità 24 Luglio, Fraterna Tau Onlus e United L’Aquila hanno inviato formale diffida al Sindaco dell’Aquila, al Prefetto dell’Aquila e alla Protezione Civile regionale in merito ai criteri individuati dall’amministrazione comunale per la distribuzione dei fondi per i bisognosi nell’emergenza Covid.
Sul sito di 3e32, le associazioni e gli avvocati dichiarano:
“Come già ribadito nei giorni scorsi, l’Ordinanza della Protezione Civile che ha stanziato 400 milioni da destinare “a misure urgenti di solidarietà alimentare” prevede come unico parametro per l’assegnazione dei fondi la situazione del bisogno urgente.
La giunta comunale dell’Aquila, invece, con la recente delibera sui buoni alimentari riserva l’accesso ai fondi esclusivamente ai cittadini italiani e stranieri titolari di permesso di soggiorno di lunga durata – ossia superiore a 5 anni e illimitato – peraltro residenti del Comune.
Oltre a violare la ratio dell’Ordinanza governativa e l’articolo 41 del Testo unico sull’immigrazione, questa misura è totalmente fuori contesto rispetto al dramma che tante persone che abitano e lavorano (o lavoravano) nel territorio aquilano vivono oggi. Persone che nella maggior parte dei casi sono integrate nel tessuto economico e sociale cittadino, vivono in case in locazione, e purtroppo hanno contratti di lavoro a chiamata o di tirocinio, vedendosi quindi escluse dalle altre forme di assistenza emergenziale decise dallo Stato.
Vogliamo anche rispondere alle deboli affermazioni della maggioranza in Consiglio comunale, che abbiamo letto ieri a mezzo stampa. È chiaro che chi già è beneficiario di progetti di integrazione territoriale come lo Sprar non potrà, secondo i dettami dell’ordinanza, accedere ai buoni alimentari. Sottolinearlo, da parte della maggioranza al governo della città, genera volutamente confusione. Come è altrettanto chiaro che il paragone con misure di sostegno al reddito come il reddito di cittadinanza è fuorviante: l’accesso ai buoni alimentari è una misura di urgente sostegno all’indigenza, non è un incentivo economico. La maggioranza del Consiglio comunale, inoltre, nella sua nota omette clamorosamente di parlare dei permessi di soggiorno di lunga durata.
Con la diffida chiediamo che il Comune dell’Aquila chiarisca che per “permesso di soggiorno di lunga durata” i intende il permesso di soggiorno superiore a un anno, come d’altronde prevede il Testo unico dell’immigrazione. In alternativa ritiri la Delibera in autotutela, per non rendersi responsabile di escludere i più deboli da una misura pensata per i più deboli, in piena emergenza.”
Si può leggere la diffida delle associazioni e degli avvocati al seguente link: http://www.3e32.org/wp-content/uploads//2020/04/Lett.-criteri-assegnazione-buoni-spesa-Comune-dellAquila-07-04-2020-alle-09.37.17.pdf
Questa la pagina della delibera dove viene stabilita l’esclusione oggetto della denuncia delle associazioni