Stefano Corradino è il direttore di Articolo 21, nostro partner e cronista di RaiNews 24; in questi giorni ha coperto la cronaca del coronavirus in varie occasioni.
Intanto dal tuo osservatorio di difesa dei diritti dell’informazione come ti è sembrato che i media si siano comportati in questa emergenza?
I media, specie in frangenti delicati come questo, hanno sempre una doppia responsabilità: quella di informare dando notizie corrette, utili ed esaustive e quella di evitare psicosi collettive. Fare servizio pubblico non è compito solo dell’azienda “di servizio pubblico” ma dovrebbe essere un imperativo per ogni testata.
Ci sono state critiche alle capacità informative del Governo. Tu come hai visto quest’aspetto dell’informazione? I giornalisti che volevano informare le persone sono stati facilitati?
Le informazioni sono state spesso disarticolate. Certo, l’escalation improvvisa dei numerosi contagi (e le vittime) hanno colto di sorpresa tutti, ma forse servirebbe una “cabina di regia” delle informazioni più uniforme. Detto questo noi giornalisti le notizie dobbiamo andarcele a cercare indipendentemente dalle comunicazioni ufficiali…
Come cronista preparato a situazioni sicuramente più difficili come ti sei sentito, professionalmente e umanamente, in questa situazione?
Da quando è iniziata l’emergenza con il ricovero della coppia cinese positiva al Coronavirus, la mia “seconda casa” è diventata lo Spallanzani, il centro per le malattie infettive. In questo ospedale tre ricercatrici hanno isolato il virus e le persone contagiate sono guarite. Da questo nosocomio è arrivato un bel messaggio di speranza che ho cercato di veicolare.
Qualcuno è arrivato a parlare di “virus mediatico” prima che di virus medico: tu cosa pensi di questa critica?
Nei talk show si predilige spesso la rissa al confronto equilibrato di punti di vista diversi. Ciò non contribuisce ad una buona informazione e a fare la dovuta chiarezza. E nonostante la gravità della situazione che inevitabilmente monopolizza le pagine dei giornali e i servizi radiotelevisivi è irresponsabile trascurare le altre notizie: morti in Siria, nuove vittime sul lavoro. Quanti ne hanno scritto o parlato? Ma la responsabilità è anche individuale. Leggiamo post sui social network e li diffondiamo senza verificarli. Leggiamo poco i giornali e ci soffermiamo solo sui titoli…
Le persone stanno sperimentando angoscia e disorientamento, in giro si vedono comportamenti francamente irrazionali: cosa dobbiamo dire alla gente, come possiamo garantire il diritto all’informazione ma anche quello alla speranza?
Dobbiamo dare notizie, numeri, informazioni utili, strumenti di comprensione. Evitare di diffondere, panico e allarmismo. Titoli come “prove tecniche di una strage” di certo non aiutano…