Oggi Giornata di azione contro le vendite di armi europee alla Coalizione saudita, nel quinto anniversario dell’inizio dei bombardamenti aerei
- Azioni di protesta virtuale per ricordare la “guerra dimenticata” nello Yemen, nel quinto anniversario dell’inizio dei bombardamenti
- Attivisti e Ong di 10 paesi europei (e in Italia la Coalizione di organizzazioni della società civile che lavora continuamente dal 2015) criticano le esportazioni di armi europee verso la Coalizione militare guidata dai sauditi
- Negli ultimi anni i governi europei hanno concesso licenze di armamenti per un valore di 42 miliardi di euro verso la Coalizione saudita
La notte del 25 marzo 2015, la Coalizione militare guidata dai sauditi lanciò il suo primo attacco contro lo Yemen. La guerra che infuria da allora nel Golfo di Aden è descritta dalle Nazioni Unite come “il peggior disastro umanitario causato dall’uomo”. Solo nel 2019, ci sono stati più di 3.000 decessi diretti e 24 milioni di persone dipendono attualmente dall’aiuto umanitario.
Dal 2015 tutte le parti coinvolte nel confitto hanno commesso gravi e ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario. Le forze Huthi, che controllano buona parte dello Yemen, hanno bombardato indiscriminatamente centri abitati e lanciato missili, in modo altrettanto indiscriminato, verso l’Arabia Saudita. La Coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che appoggia il governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale, continua dal canto suo a bombardare infrastrutture civili e a compiere attacchi indiscriminati, che uccidono e feriscono centinaia di civili.
Tutte le parti in conflitto hanno soppresso la libertà d’espressione ricorrendo a detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture.
La popolazione civile è intrappolata nel conflitto e sopporta le conseguenze peggiori. Tra morti e feriti, le vittime di questi cinque anni sono state oltre 233.000. Sono invece 12.366 i morti tra la popolazione civile tra il 25 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno. La crescente crisi umanitaria ha portato circa 14 milioni di persone alla fame, e in cinque anni di conflitto ha fatto aumentare di 4,7 milioni il numero di persone sui 17 totali (di cui 7 in modo acuto) che soffrono di insicurezza alimentare. La situazione è stata esacerbata da anni di cattivo governo, che hanno favorito la diffusione della povertà e dato luogo a immense sofferenze.
Inevitabilmente, data la natura prolungata del conflitto e l’uso di tattiche militari illegali da parte di tutti i soggetti coinvolti, l’assistenza alla popolazione civile è a un punto di rottura. La sopravvivenza di circa 24 milioni di yemeniti dipende dall’assistenza umanitaria. Inoltre un nuovo problema si profila all’orizzonte: se in Italia il Covid-19 sta provocando la più grave emergenza sanitaria ed economica dalla fine della seconda guerra mondiale, non riusciamo davvero ad immaginare le conseguenze del contagio in un paese distrutto e poverissimo come lo Yemen. Un Paese in cui solo il 50% delle strutture sanitarie è in funzione, essendo gli ospedali ancora bombardati, l’80% della popolazione non ha quasi nulla, si contano milioni di sfollati e si sono già registrati oltre 2,3 milioni di casi di colera. Se la nuova pandemia da Covid-19 colpisse lo Yemen, gli effetti sarebbero devastanti e si potrebbe verificare una crescita esponenziale di casi, che andrebbero a sommarsi a quelli di colera che già riguardano milioni di persone.
Un’ampia alleanza di campagne, gruppi, movimenti e Ong della società civile di dieci paesi europei – tra cui l’Italia – rinnova in questo anniversario la richiesta di porre fine alle vendite di armi destinate ad alimentare questo drammatico conflitto e di fermare qualsiasi ruolo degli stati europei nella sofferenza causata alla popolazione yemenita. Infatti solo tra il 2015 e il 2018 i governi europei hanno concesso licenze per 42 miliardi di euro di armi in controvalore alla Coalizione a guida saudita, che le ha utilizzate nel conflitto dello Yemen.
Solo recentemente alcuni stati hanno introdotto limitazioni alla vendita di armi. In alcuni paesi queste si estendono anche gli Emirati Arabi Uniti, ma spesso esistono ancora delle lacune in queste decisioni. Le fabbriche di armi stanno facendo pressione sui singoli governi per giungere ad una prossima eliminazione delle restrizioni nazionali esistenti, sebbene la guerra non abbia perso nulla della sua brutalità.
Per questo motivo le organizzazioni della società civile avevano organizzato per oggi una “Giornata di azione” europea pianificando eventi, flash mob e spettacoli contro le esportazioni di armi verso gli stati in guerra nello Yemen, purtroppo ora cancellati a causa della pandemia di Covid-19. La mobilitazione si è quindi trasformata in una serie di proteste virtuali che vengono proposte a cittadini ed attivisti: una foto con lo slogan “Stop Arming Saudi – Basta armi in Yemen”, la condivisione della richiesta delle nostre organizzazioni e il rilancio delle infografiche sul conflitto pubblicate oggi, l’uso di hashtag come #StopArmingSaudi e #StopBombingYemen sui social, rilanciando quanto pubblicato dalle organizzazioni promotrici di tutta Europa.
La richiesta è chiara: imporre un embargo sulle armi in tutta l’Unione europea nei confronti di tutti gli stati membri della Coalizione guidata dai sauditi e tutte le parti in causa nel conflitto. Questo embargo non dovrebbe consentire alcuna eccezione per le licenze di esportazione già concesse o le consegne di componenti nell’ambito di progetti comuni europei.
Amnesty International Italia – Comitato Riconversione RWM – Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari – Oxfam Italia – Rete Italiana per il Disarmo – Rete della Pace
A livello europeo prendono parte all’azione le seguenti organizzazioni:
CAAT, Regno Unito
Urgewald, Germania
Ohne Rüstung leben, Germania
Stop Wapenhandel, Paesi Bassi
Vredesactie, Belgio
Centre Delàs per la Pau J.M. Delàs, Spagna
NESEHNUTÍ, Repubblica Ceca
Agir pour la Paix, Belgio
Svenska Freds, Svezia
Sadankomitea, Finlandia
Stop Fueling War, Francia
Aktion Aufschrei, Germania
DFG-VK, Germania