Mentre l’OMS dichiara la pandemia globale e gli europei subiscono crescenti misure di contenimento, in Europa stanno sbarcando migliaia di militari americani che si muoveranno liberamente per il vecchio continente.
Ebbene sì, alcuni si erano illusi, anche a causa di notizie discordanti date dai media, che la colossale esercitazione “Defender Europe 20” fosse stata cancellata a causa dell’acuirsi in Europa della pandemia da Coronavirus. Questo però non sembra essere il caso, sebbene gli USA abbiano deciso di “diminuire” (ma non si sa di quanto) il numero dei militari che saranno impiegati nell’esercitazione [1]. Per quanto poi riguarda specificamente i militari italiani, come ha notificato il Ministro della Difesa Guerini, non parteciperanno direttamente alle esercitazioni [2], ma leggete l’articolo per capire quanto l’esercitazione esponga comunque il nostro paese a seri rischi.
(Il presente testo rappresenta i punti salienti dell’intervista che ci è stata rilasciata l’11 marzo e che potrete ascoltare qui in forma integrale).
Manlio Dinucci, pacifista, giornalista e geografo, è stato direttore esecutivo per l’Italia della International Physicians for the Prevention of Nuclear War, associazione vincitrice del Nobel per la pace nel 1985. Collabora con Il Manifesto. Autore di numerosi saggi sui temi della pace e della guerra, è stato recentemente tra i fondatori del Comitato No Guerra No NATO.
Manlio, prima di passare a Defender Europe, potresti farci un quadro generale della presenza americana in Italia e delle operazioni militari che vengono condotte dal nostro paese, anche con riferimenti in termini di costi e impatto ambientale?
Dal rapporto annuale del Pentagono,“Base structure report” [3], apprendiamo il numero di proprietà e di edifici in concessione degli USA nei paesi alleati, in particolare in Italia gli USA possiedono 2300 edifici, che equivalgono a 2 milioni di metri quadri in una cinquantina di siti; poi ci sono da aggiungere le basi NATO, che sono direttamente sotto comando USA, e quelle italiane che sono a disposizione delle forze USA-NATO (l’abbiamo visto ad es. nella guerra contro la Libia); in tutto si stima che siano oltre 100 le basi militari di pertinenza americana in Italia.
Va chiarito però che l’intera rete delle basi militari è direttamente o indirettamente agli ordini del Pentagono, in quanto rientra nell’ “Area di responsabilità” dello United States European Command, ovvero il Commando Europeo degli Stati Uniti con a capo un generale che ricopre allo stesso tempo la carica di Comandante Supremo alleato in Europa. In pratica, dal 1949 ad oggi il Comandante Supremo Alleato in Europa è sempre stato un Generale statunitense che comanda contemporaneamente anche il Commando Europeo degli USA, che è uno dei 6 Commandi Combattenti Unificati con cui praticamente gli USA ricoprono il globo.
Se vogliamo parlare delle basi principali in Italia, nella base aerea di Aviano, in provincia di Pordenone, è schierata la Squadriglia USA di cacciabombardieri F-16 che è pronta all’attacco con un numero imprecisato di bombe nucleari B61 – si stima una cinquantina. Poi a Ghedi, provincia di Brescia, è scherato il 6° stormo dell’Aeronautica italiana, per ora ha i cacciabombardieri Tornado, ma sta per ricevere gli F-35. Questo 6° stormo è pronto all’attacco sotto comando Usa con circa 20 bombe nucleari, per ora del vecchio tipo B61. Quindi piloti italiani vengono addestrati all’attacco nucleare. Anche la Federazione scienziati americani sostiene che la presenza a Ghedi del 704° Squadrone di Supporto Munizionamento dimostri che lì ci sono armi nucleari: questa Unità statunitense è dislocata proprio con la responsabilità dello stoccaggio e del controllo delle armi nucleari in appoggio alla Nato. Poi alle armi nucleari Usa dislocate sul territorio si aggiungono quelle a bordo dell’Unità della 6° flotta, la cui base principale è a Gaeta, nel Lazio. Anche la 6° Flotta dipende dalle forze navali USA in Europa, il cui Quartier Generale è a Napoli, Capo di Chino. A Vicenza invece ha base la 173° Brigata Aviotrasportata dell’esercito USA che è l’unica Unità di rapido intervento del Commando Europeo, ma è anche a disposizione del Commando Centrale, cioè quello del Medio Oriente e quindi per esempio forze della 173° Brigata sono impegnate dall’Afghanistan, all’Iraq. Bisogna tener presente questo: che le basi in Italia non sono semplicemente in essere per un uso nell’area limitrofa mediterranea, ma spaziano in un’area vastissima. Per esempio, nell’aerea Pisa-Livorno c’è Camp Darby che è ufficialmente il più grande arsenale USA fuori dalla madrepatria che serve con enorme disponibilità d’armamenti per le forze terrestri e aeree e fornisce costantemente le forze in azione in Medio Oriente. Poi, scendendo più a Sud troviamo a Lago Patria il Commando della Forza Congiunta Alleata, o JFC Naples, anche qui si rientra nella catena di comando USA, in quanto il JFC Naples è un Commando NATO, sempre diretto da un Ammiraglio Usa che comanda allo stesso tempo le forze navali USA in Europa e in Africa; dal 2017 a Lago Patria è in funzione il cosiddetto Hub di Direzione Strategica NATO per il Sud, che è un centro di spionaggio che lavora soprattutto verso il Medio Oriente, il Nordafrica, e l’Africa Subshariana. Andando ancora più a Sud, in Sicilia c’è Sigonella, che è la Stazione aeronavale USA con circa 7000 militari e civili e che costituisce la maggiore base navale e aerea USA e NATO nella regione mediterranea ed ospita aerei USA e Nato di tutti i tipi, droni e così via; le loro cosiddette “missioni” spaziano dal Medio Oriente all’Africa, all’Ucraina orientale (Donbass e Mar Nero) e altre zone. Ma non bisogna dimenticare che a Niscemi c’è il MUOS, che è un sistema mondiale di comunicazioni satellitari e militari ad altissima frequenza che serve al collegamento con sistemi avanzatissimi di tutte le forze statunitensi dovunque nel mondo. Poi ricordiamo la Sardegna con i poligoni per l’addestramento di tutte le forze, non solo italiane, ma anche NATO. Così abbiamo il quadro di una situazione incredibile: noi siamo una piattaforma di lancio di operazioni militari sulle quali però non abbiamo giurisdizione.
L’impatto ambientale è imponente perché i mezzi militari non devono essere anti-inquinamento, ma devono erogare la massima potenza possibile, quindi, per esempio se è noto che gli aerei civili inquinano con polveri sottili ed altro, immaginiamo gli aerei militari e gli altri mezzi; però qui siamo in un campo molto, molto segreto, ci sono stati forniti alcuni dati in passato, ad es. relativi a Camp Darby, cioè il grande arsenale in Toscana, ma poi le tracce sono sparite, perché dovrebbero essere le autorità italiane a monitorare l’inquinamento [4]…
Per quello che riguarda i costi, ci sono quelli diretti e indiretti, gli ultimi dati reperibili sono molto vecchi, quindi contribuiamo oltre alle spese generali Nato anche direttamente alle spese delle basi USA in Italia, ma essendo dentro questa macchina di guerra abbiamo una spesa che sta lievitando, quantificabile in una media giornaliera di 70 milioni di euro, ma che con gli ultimi stanziamenti che hanno fatto di altri 7/8 miliardi di euro all’anno, si avvia verso i 75/80 milioni di euro al giorno, ma non siamo ancora dentro il range che vogliono USA e Nato, che sarebbero 100 milioni di euro al giorno. In base a questa cifra, visto che quando si parla di milioni gira un po’ la testa, basterebbe fare un semplice calcolo: è stato detto che di fronte all’emergenza Coronavirus ci sarà uno sforzo straordinario di 7,5 mld di euro; se si fa il calcolo in rapporto alla spesa militare italiana, coprirebbe la spesa militare di poco più di 3 mesi, quindi quello che l’Italia spende in poco più di 3 mesi viene concentrato per questa emergenza, ma certamente questo ammontare non verrà ricavato da tagli alla spesa militare, questo denaro verrà ricavato da tagli ulteriori alle spese sociali e quindi poi ci ritroviamo a pagarli di nuovo noi questi 7,5 mld. Nessuno tocca la spesa militare. Se guardate bene anche nei vari talk show televisivi o in Parlamento è un argomento tabù.
Da uno sguardo generale sulle operazioni militari targate USA, solo negli ultimi decenni, dal 2001 in poi, gli americani hanno voluto “difendere” il popolo afghano, quello iracheno, quello libico, quello siriano da regimi “troppo oppressivi”, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere, ora vogliono “difendere” anche noi: 20.000 soldati direttamente dagli USA, oltre a quelli già di stanza in Europa condurranno un’esercitazione colossale su suolo europeo appunto, che costituisce, come lo definiscono loro stessi, “il più grande spiegamento di truppe USA in Europa dai tempi della Guerra Fredda”. L’obiettivo non ufficialmente dichiarato dell’operazione “Defender Europe 20” è forse quello di difendere l’Europa dalla Russia? Se sì, come mai? Negli ultimi decenni è la Russia che si è estesa verso ovest o forse la NATO che si è estesa verso est?
Con la fine della Guerra Fredda si sperava nella fine del confronto fra le due superpotenze e che si entrasse in un’era di pace: tutt’altro! Il dopo Guerra Fredda è stato aperto dalla Prima Guerra del Golfo, poi c’è stata una lunga sequenza di guerre. Bisogna inoltre guardare alle ragioni di queste guerre, nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, si va in Afghanistan perché bisognava scovare il Nemico N°1 dalle caverne con una Guerra-lampo (come era stata definita, ndr) e contemporaneamente andare a liberare le donne dai talebani. I talebani sono ancora lì e la guerra dopo 19 anni è ancora in corso! Basti pensare poi alla Seconda Guerra del Golfo, contro l’Iraq nel 2003, che fu motivata da Colin Powell, l’allora Segretario di Stato Usa, al Consiglio di Sicurezza dell’Onu con la famosa fialetta d’antrace e le immagini delle armi di distruzione di massa. Poi lo stesso dovette ammettere che le informazioni erano false, però la guerra andò avanti lo stesso.
Ma veniamo alla tua domanda centrale: il 4 e 5 maggio a Zagabria si è tenuta una riunione straordinaria della difesa dei 27 paesi dell’Unione Europea (di cui 22 fanno parte della NATO) proprio con il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg. Hanno parlato di mobilità: uno pensa che in questo periodo in cui tutto è bloccato si sia parlato di mobilità generale. Niente affatto, hanno parlato di mobilità militare e qui si arriva alla grande esercitazione, la più grande in Europa dalla fine della Guerra Fredda: stanno arrivando in Europa 20.000 soldati dagli USA che insieme ad altri 10.000 che sono già in Europa e poi a 7000 soldati NATO si spargeranno attraverso l’Europa con 33.000 pezzi di armamento militare: dagli armamenti leggeri personali fino ai carri armati pesanti Abrams. Ed è proprio qui che emerge il problema: durante la riunione si è evidenziato che dagli anni ’90 la mobilità è stata pensata esclusivamente per scopi civili, ragion per cui l’Unione Europea, attraverso i paesi NATO prevede di modificare tutte le strutture non adatte al peso e alle dimensioni dei mezzi militari e tutte queste modifiche alla viabilità, inutili per i civili, saranno però a spese loro, con però il “possibile” contributo finanziario dell’Unione Europea di circa 30 miliardi di euro, che comunque proverrà dalle nostre tasche.
In un momento drammatico in cui gli ospedali e la piccola e media impresa sono praticamente al collasso, col rischio dell’ulteriore diffusione del Coronavirus, si pensa addirittura di istituire un’“Area Schengen Militare” per il libero passaggio di militari e mezzi da un confine all’altro, senza sottostare alle procedure doganali e ai regolamenti dei singoli Stati. Quindi quando arriveranno con il pass USA o NATO, passeranno senza alcun controllo.
Vengono a fare la grande esercitazione, cito testuali parole “per difendere l’Europa da qualsiasi potenziale minaccia”. È chiaro che la potenziale minaccia è la Russia, “la minaccia rossa”. Cercano di farci credere che l’orso russo vuole mangiare in un sol boccone le piccole Repubbliche Baltiche, ma è ridicolo [e negli ultimi decenni non è la Russia ad essersi spostata ad ovest, quanto piuttosto la Nato ad essersi spostata ad est, come potete vedere qui: https://www.limesonline.com/lespansione-verso-est-della-nato-2/115632 , ndr]. Allora qual è l’utile di chi viene in Europa a fare esercitazioni di questo genere? Accrescere la tensione nella “Nuova Guerra Fredda” e che l’Europa Occidentale e la Russia non abbiano la possibilità di potersi legare con scambi commerciali, culturali ed altro, perché contrari agli interessi di Washington. È chiaro che questo determinerà un confronto più acuto, anche la Russia ha già protestato perché con questa mastodontica esercitazione arriveranno ai suoi confini orientali. È evidente che questa sia la reazione ed è quello che si cerca. E noi siamo lì in mezzo.
Il Generale Tod Wolters, Comandante del Comando Europeo degli Stati Uniti, nonché Comandante Supremo Alleato in Europa all’interno della NATO, in una recente audizione al Senato americano ha detto testualmente di essere “un fan dell’uso preventivo delle armi nuclerari, in particolar modo, come deterrente contro la Russia” [5]. Non dovrebbe essere un’affermazione molto preoccupante per noi italiani? Se sì, per quali ragioni?
Sì, ma Wolters rispondendo alla domanda su quale fosse il motivo di conservare armi nucleari e anzi rinnovarle, sostituendole con armi più avanzate in Europa ha risposto anche di peggio: “Per tenere sotto pressione il nemico”. Questo è il quadro. Ricordo che le B61 sono bombe nucleari di vecchio tipo a caduta gravitazionale, cioè l’aereo per sganciare la bomba deve andare sull’obiettivo; ora verranno sostituite, probabilmente dal 2021, con le nuove bombe nucleari B61-12. È un nuovo tipo di arma: se la prima bomba cade verticalmente da un aereo, questa viene lanciata a distanza dall’obiettivo e si dirige comunque sullo stesso; mentre poi la prima esplode in aria, come qualsiasi bomba nucleare, ma con una potenza nettamente superiore rispetto a quelle di Hiroshima e Nagasaki, questa invece, oltre ad esplodere in aria ha anche la capacità di penetrare nel terreno per esplodere in profondità. Perdipiù bombe di 4 tipi vengono praticamente a essere riunite in un’unica bomba, che però al momento dell’uso può essere adibita all’uno o all’altro impiego, un prodigio della tecnica. Se voglio colpire una città userò la potenza massima della bomba, se invece voglio limitarmi a colpire un singolo obiettivo, userò una potenza esplosiva minore.
Poi però si è aperto un capitolo ancora più inquietante: il Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) che fu stipulato e nel 1987 da Gorbaciov e Reagan e che permise di eliminare i missili nucleari a raggio intermedio, schierati in Europa occidentale e anche quelli che l’Unione Sovietica aveva schierato sul proprio territorio, è stato stracciato dalle due parti. Ora gli Stati Uniti e la Russia stanno sviluppando nuovamente missili nucleari a raggio intermedio. Per capire di cosa si tratta, mentre un missile intercontinentale impiega mezz’ora per andare dagli Stati Uniti alla Russia o viceversa, i missili a raggio intermedio non lasciano tempo, perché in 3, 4, 5 minuti colpiscono l’obiettivo. Allora l’Italia si trova di nuovo ad essere base ideale nello schieramento di missili nucleari, come erano quelli Cruise a Comiso. Possono essere sia missili da crociera che balistici, comunque siamo candidati anche a questo. Questa è la durissima realtà.
E allora, già violiamo il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) [6] perché all’art. 2 ci proibisce di ospitare armi nucleari sul nostro territorio, già facciamo parte della NATO e in quanto tali, per ordini superiori respingiamo qualunque possibilità di firma del Trattato ONU sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Questa è una battaglia decisiva, ahimé condotta da gruppi di volenterosi del pacifismo, ma assolutamente assente a livello dei partiti che siedono oggi in Parlamento, e dico tutti, non sto alludendo a un partito in particolare: quest’argomento è l’altro argomento tabù, non se ne parla. Immaginate poi ora, che andiamo a sollevare la questione delle armi nucleari col Coronavirus? Eppure questi piani stanno procedendo: hanno già modificato le basi di Aviano e di Ghedi, proprio per accoglierle (le nuove B61-12, ndr). Ma poi non abbiamo nessun controllo: potrebbero metterle dovunque e poi possono arrivare anche missili nucleari. Risultato: noi facciamo da prima linea, ovvero da bersaglio ai missili russi. Ci piace questa situazione? Siamo tanto spaventati dal Coronavirus, anche giustamente, ma da una situazione di questo tipo no, per quale ragione? Perché non c’è informazione…
Sergej Lavrov, Ministro degli Esteri russo ha recentemente dichiarato: “Raccomandiamo alla Nato di pensare alle conseguenze delle sue azioni aggressive, che aumentano solo la tensione internazionale”, informando inoltre del fatto che la Russia non se ne starà a guardare con le mani in mano mentre queste operazioni avverranno anche a pochi km dai suoi confini. In che modo possiamo far sentire le voci dei cittadini europei che si oppongono allo svolgimento di queste esercitazioni militari, per tentare di impedire che abbia luogo una possibile escalation, così come ci avverte il Ministro degli Esteri russo?
Direi che la base fondamentale è far conoscere la situazione. Oggi che le persone sono confinate in casa, ancora di più. La finestra che hanno per guardare al mondo è lo schermo televisivo, da cui vedono la realtà virtuale, tipo Matrix, cioè qualcosa che non esiste, in cui metti la lente di ingrandimento su un problema che esiste ingigantendolo, e ne fai sparire un altro, quello più pericoloso. La battaglia per l’informazione è sicuramente il primo obiettivo che ci dobbiamo porre. Quindi levare la voce in tutti i modi, non solo facendosi vedere con dei cartelli in una strada o in una piazza, ma nei luoghi dove ognuno opera, nel proprio ambito di studio, poter essere un combattente attivo su questo fronte. Parlando con la gente tutti i giorni potremmo dire: “Vatti a guardare questo documentario, questo sito”. Non informazione complottista, badate bene: quello di cui abbiamo parlato finora è tutto ufficiale.
Allora se uno conserva, non dico chissà quale coscienza politica o sociale, ma perlomeno l’istinto di sopravvivenza, gli dovrebbe scattare questo meccanismo. Purtroppo noi viviamo in una società che ci sta togliendo perfino l’istinto di sopravvivenza. Allora la forza di un movimento si esprime, ripeto, non tanto nel momento in cui si fa vedere in un convegno, in una manifestazione (cose comunque importanti e da continuare), ma nel quotidiano. Perché se anche uno è solo in un posto e intorno c’è gente ignara, queste persone possono essere un veicolo importantissimo nel trasmettere quello che stiamo dicendo. La battaglia va condotta tutti i giorni, va condotta con urgenza perché i tempi stringono! Non faccio del catastrofismo, ma vediamo l’accelerazione dei processi generali di crisi.
Ricordiamoci anche un fatto: gli scienziati atomici statunitensi hanno elevato il livello di allerta nell’orologio simbolico che indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare. La lancetta è stata portata 100 secondi a mezzanotte. Questo è un comitato scientifico di cui fanno parte 13 premi Nobel, non sono gli scrittori di fantascienza, non sono “i complottisti maniaci”, ma un comitato scientifico di cui fanno parte 13 premi Nobel ha portato la lancetta della guerra nucleare a 100 secondi a mezzanotte [7]. Se voi andate a vedere sul bollettino degli scienziati atomici, vedrete che questo livello è addirittura più pericoloso di quello che si verificò nei momenti più acuti della Guerra Fredda, in cui c’erano missili pronti a essere lanciati da parte delle due superpotenze. Siamo a livelli ancora più critici. Ebbene che la lancetta sia stata spostata a 100 secondi dalla mezzanotte ha lasciato completamente indifferente tutta la nostra classe politica! Questi che dovrebbero rappresentare i nostri interessi, ma oggi nessuno ci rappresenta nel segnalare per esempio che il comitato scientifico dei 13 premi Nobel hanno spostato la lancetta a 100 secondi a mezzanotte e noi facciamo parte dell’ingranaggio di questo infernale orologio! Potremmo fare qualcosa per fermare quella lancetta esigendo semplicemente l’osservanza del Trattato di Non Proliferazione, chiedendo agli Stati Uniti d’America di riportarsi a casa le loro armi e firmando il Trattato ONU sulla Proibizione delle Armi Nucleari. Questo lo dobbiamo battere tutti i giorni in ogni luogo in cui siamo presenti.
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[1] https://www.eucom.mil/news-room/
[2] https://www.difesa.it/Il_Ministro/Comunicati/Pagine/Guerini-Le-nostre-Forze-Armate,-in-campo-per-l’emergenza-sanitaria,-non-parteciperanno-all’esercitazione-Defender-2020.aspx
[3] https://www.acq.osd.mil/eie/Downloads/BSI/Base%20Structure%20Report%20FY18.pdf
[4] Questo rapporto è forse il più emblematico: https://www.notav.info/wp-content/uploads/Quaderni_Maddalena_2.pdf
[5] https://www.youtube.com/watch?v=KUMqQFZNvcY&feature=share&fbclid=IwAR3i9gLOGO6V9ecWtjANRVaFdx51hQ7JsfDGZ93UArk1ADUvA78ctIiUXc0
[6] https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/ISSMI/Corsi/Corso_Consigliere_Giuridico/Documents/62002_Trattato_non_proliferazione.pdf