In questi ultimi giorni siamo rimasti tutti attoniti guardando la lunga coda di camion dell’esercito, cariche di salme, in uscita da Bergamo. E d’un tratto, la speranza della prima settimana dalla quarantena ha lasciato spazio a frustrazione e paura. E se la risposta a tutto questo fosse il mutualismo? A Bologna, dopo i centri sociali, nasce oggi la rete Don’t panic.
Nelle prime fasi della quarantena, probabilmente forti delle sottovalutazioni iniziali e degli incoraggiamenti a vivere normalmente, la maggior parte di noi si è fatta prendere dall’entusiasmo e dalla buona energia: dai balconi di molti condomini venivano canzoni e allegre armonie. In quella prima fase, molti osservatori hanno scritto degli aspetti positivi di staccare dalla routine quotidiana, per rallentare e, finalmente, rimettere al centro delle nostre vite le relazioni con gli altri.
Dopo pochi giorni, però, complice il crescente numero di contagi e vittime e le tetre immagini, che hanno circolato notte e giorno su tv e social, oltre a provvedimenti governativi che hanno ristretto le libertà individuali di molti, siamo caduti in uno stato di paralisi emotiva e poi di sconforto.
Abbiamo assistito alla creazione di vere e proprie liste di proscrizione per i runners, in un clima di crescente diffidenza. L’esatto opposto della tanto decantata empatia di inizio emergenza.
Per fortuna però non tutti si sono lasciati prendere dallo sconforto. Chiaramente in prima linea ci sono tutti i lavoratori del settore sanitario, della GDO, dei settori strategici, ma da qualche giorno sono ritornate in campo le associazioni volontarie, i comitati di ogni genere e grandezza, che hanno ri-imboccato la strada del mutualismo.
Un caso emblematico sembra essere la città di Bologna. Infatti, sulla scia dell’appello a rimanere a casa le attiviste e gli attivisti dei centri sociali Labas e Tpo, nei primissimi giorni dell’emergenza, hanno pensato a chi una casa non ce l’ha e hanno distribuito kit sanitari e generi di prima necessità per i senzatetto.
Oggi, sempre a Bologna, è partita la campagna Don’t panic. Una chiamata a raccolta dei cittadini, organizzata a e coordinata da una galassia di associazioni ed enti pubblici, sociali e del terzo settore (per il momento venti) che vanno da collettivi universitarie ad associazioni ecologiste, passando per liste civiche e associazioni di lotta alle mafie. Durante la prima fase spiegano gli organizzatori “raccoglieremo le disponibilità per creare una rete di volontari/e che si attiverà nelle modalità e nei tempi concordati con le istituzioni, in particolare il Comune di Bologna, con le quali siamo in costante contatto.”
Successivamente, la rete avrà tre obiettivi principali: creare un punto di stoccaggio e distribuzione generi di prima necessità e presidi medici, costruire un infopoint e una piattaforma per i diritti sul lavoro e la loro tutela e una radio.
Oltre alla chiara utilità materiale, la ratio di questa rete è dare vita, in uno dei momenti più tristi della nostra storia, a pratiche di mutuo aiuto che possano rafforzare i legami emotivi tra le persone. Inoltre, la costruzione della radio, esprime la volontà di “ricostruzione dello spazio pubblico che ci è negato”, spiegano i promotori.
Insomma, tra le nubi fosche della crisi e della paura, sta cominciando a spuntare il sole del mutualismo e delle relazioni umane, sperando che presto questo sole illumini tutti quanti noi.