C’è un recentissimo report: “pandemie e distruzione degli ecosistemi”. È stato stilato dal WWF ed evidenzia come l’insorgenza di nuovi virus sia strettamente legato ad una serie di fattori ambientali e ai nostri comportamenti umani.
La prima frase che spicca all’inizio del report colpisce in particolar modo: “Là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie.”
E stata da David Quammen, scrittore americano di scienza e natura, autore di quindici libri.
I suoi articoli sono anche apparsi su National Geographic , Harper’s , Rolling Stone , New York Times.
E ha scritto un interessantissimo libro nel 2012: “Spillover, il salto di specie” Il libro di David Quammen è decisamente attuale, l’argomento chiave è lo spillover, tradotto significa, il salto di specie degli agenti patogeni dagli animali all’uomo. Agenti che “non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali ma che potrebbero da un momento all’altro fare un salto di specie – uno “spillover” in gergo tecnico – e colpire anche gli esseri umani …” questa la frase di presentazione del libro.
Il libro è unico nel suo genere, è un po’ un saggio sulla storia della medicina e un po’ un reportage. Scritto in sei anni di lavoro durante i quali Quammen ha seguito gli scienziati al lavoro nelle foreste congolesi, nelle fattorie australiane e nei mercati delle affollate città cinesi. L’autore ha intervistato testimoni, medici e sopravvissuti ad epidemie, ha investigato e raccontato con stile quasi da poliziesco la corsa alla comprensione dei meccanismi delle malattie e i fattori che possono portarle a divenire pandemie. Esattamente come la pandemia mondiale da Covid-19 a cui in questo momento ci troviamo davanti. Quammen nel suo libro racconta di Ebola, Sars, Coronavirus e peste bubbonica. Cita un vocabolo a cui pare dovremo abituarci nei prossimi decenni: “zoonosi”. Il cui significato è “Malattia infettiva degli animali trasmissibile o trasmessa all’uomo”. Di questa categoria di malattia ne fanno parte anche l’AIDS, la tubercolosi bovina, la febbre del Nilo occidentale, il virus di Marburg, la Rabbia, l’Hantavirus sindrome polmonare, l’Antrace, la febbre della Rift Valley, la larva migrans oculare, la febbre emorragica boliviana, malattia della foresta di Kyasanur, una strana afflizione chiamata Encefalite di Nipah, che ha ucciso maiali e allevatori di maiali in Malesia, la Suina, l’Aviaria, la Mers, la Sars e presumibilmente con sicurezza quasi matematica, il Covid-19.
Quammen descrive quello che può essere l’inizio di una pandemia, e poi procede a ritroso in una serie di passi indietro, fino a risalire all’evento scatenante. Dove in una epidemia o in una pandemia si cerca di ricostruire chi è il paziente zero, come è avvenuto il salto di specie e, soprattutto, quali sono i gli animali serbatoio in cui i virus vivono.
Entrando nella presentazione dei contenuti del report del WWF, a proposito dei virus si può leggere:
“Facilitati dalla distruzione degli ecosistemi e dal riscaldamento globale, dall’inquinamento e dall’aumento della popolazione i nostri veri nemici hanno nuovi spazi da conquistare e nuove prospettive di sviluppo.” – si legge nel report- “Le periferie degradate e senza verde di tante metropoli tropicali si trasformano nell’habitat ideale per malattie pericolose come la febbre dengue, il tifo, il colera, la chikungunya. Il report nella sua presentazione prosegue – I mercati di quelle stesse metropoli, che siano in Africa o in Asia, spacciano quello che rimane della fauna predata: animali selvatici vivi, parti di scimmie e tigri, carne di serpente, scaglie di pangolini e altro ancora, creando nuove opportunità per vecchie e nuove zoonosi. –
Così come prosegue il report – Le foreste ospitano milioni di specie in gran parte sconosciute alla scienza moderna, tra cui virus, batteri, funghi e molti altri organismi molti dei quali parassiti, nella più parte dei casi benevoli che non riescono a vivere fuori del loro ospite e non fanno troppi danni. Ma oggi però il cambiamento di uso del territorio come le strade di accesso alla foresta, la loro distruzione esasperata come avvenuto in questi ultimi decenni, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici , lo sviluppo di villaggi in territori prima selvaggi, ha portato la popolazione umana a un contatto più stretto con l’insorgenza dei virus. Nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale, ad esempio, vivono alcuni pipistrelli portatori del virus Ebola. Così come è accaduto con patologie come la febbre gialla, la leishmaniosi o l’HIV, dove il virus si è adattato all’uomo a partire dalla variante presente nelle scimmie delle foreste dell’Africa Centrale.
E in tutta questa sarabanda, il riscaldamento globale è l’ultimo perfetto condimento: tutti i virus e i batteri prediligono il caldo umido favorito dalle nuove condizioni climatiche.” Così conclude la presentazione di questo recentissimo report di 32 pagine.
All’interno del report si cerca anche di rendicontare sull’attuale pandemia in corso di Covid-19 affermando che sebbene ad oggi ancora non si sappia con precisione quale sia stata l’origine del CoVID19, il report sostiene con certezza che alla base della creazione e della successiva diffusione di questa nuova patologia ci siano più fattori, tutti legati ovviamente al cattivo comportamento umano, citando in tal senso:
• L’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali ha oggi modificato in modo significativo il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino e messo a rischio di estinzione circa 1 milione di specie animali e vegetali.
• l’aumento dei siti di riproduzione dei vettori delle malattie
• la perdita di specie predatrici e la diffusione amplificata degli ospiti serbatoio
• i trasferimenti di patogeni tra specie diverse a causa degli allevamenti intensivi
• i cambiamenti genetici indotti dall’uomo di vettori di malattie o agenti patogeni (come la resistenza delle zanzare ai pesticidi)
• la contaminazione ambientale con agenti di malattie infettive
• La distruzione delle foreste le quali ospitano milioni di specie in gran parte sconosciute alla scienza moderna, tra cui virus, batteri, funghi e molti altri organismi molti dei quali parassiti, nella più parte dei casi benevoli che non riescono a vivere fuori del loro ospite e non fanno troppi danni, ma in alcuni casi invece veri e propri potenziali pericoli perla salute
• il commercio legale e illegale di animali selvatici vivi e di loro parti.
Tutte queste cattive pratiche sono produttrici e veicolo per vecchie e nuove zoonosi, e aumentano il rischio di pandemie che possono avere grandissimi impatti sanitari, sociali ed economici su tutte le comunità coinvolte.
Altra correlazione che si fa nel report sull’evolversi di una possibile pandemia, è la condizione ambientale in cui viviamo, dove maggiore è il concentramento dello smog e di aria di cattiva qualità, maggiore saranno le probabilità alla pandemia di attaccare e diffondersi su persone già indebolite dal vivere in un habitat fortemente compromesso, indebolendo il sistema immunitario delle persone che ci vivono e predisponendole a una evoluzione severa o grave della malattia.
Gli elementi apparecchiati davanti alla tavola, o almeno quelli che ci servono adesso per comprendere come stiano le cose, a questo punto li abbiamo tutti davanti. Bisogna essere onesti con noi stessi, abbiamo avuto in precedenza vari campanelli di allarme e molti segnali che ci avvisavano che qualcosa andava cambiato nei nostri comportamenti umani e sociali. Uno stile di vita Ora la natura stessa e le conseguenze della direzione sociale e umana che finora imperterriti abbiamo seguito, ci sta mettendo davanti a delle scelte ben precise. Ora che il segnale è arrivato ancora più forte, nel momento stesso in cui usciremo da questa emergenza sanitaria, a livello globale ci troveremo di fronte ad un preciso bivio. O continuare allegramente imperterriti e con una massiccia dose d’incoscienza, per la nostra precedente strada come se nulla fosse, oppure approfittare di questo momento che ci sta imponendo una fermata collettiva, e riflettere, riconsiderare tutta una serie di aspetti, di comportamenti sociali, di usi e abitudini per lo più sbagliate, che sommati a livello globale assumono carattere di direzione di questa nostra umanità.
Alcuni parlando di questo virus sostengono la teoria del complotto, ma a mio parere questa volta non esiste nessun complotto, né una cospirazione mondiale, la realtà è molto più nuda e cruda.
A livello ambientale, di habitat e non ultimo climatico non si conoscono ancora bene a fondo le conseguenze di ciò che si è prodotto, possiamo ben osservare quelle a breve termine ma poco sappiamo di quelle a medie e a lungo termine. Sappiamo che svariati decenni di politiche ispirate al libero mercato al deregolamento selvaggio, al “produci, consuma e getta” ci hanno portato a toccare i limiti di un modello economico che non può avere più futuro ed ad esporci in modo sempre maggiore a possibili nuovi rischi.
La teorizzata crescita infinita su cui si regge l’ideologia del libero mercato non esiste, e adesso non è più il manifesto di Marx a ricordarcelo, e nemmeno qualche sperduto monaco tibetano che ci parla di pace universale dall’Himalaya, bensì il pianeta stesso, che ci manda in continuazione messaggi in cui ci avvisa che, al contrario di ciò che viene teorizzato dal capitalismo, le sue risorse e capacità non sono infinite, ma anzi che in questo preciso momento storico sono messe a durissima prova.
Il noto fisico e scienziato Einstein una volta affermò “Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”.
Al tempo stesso sappiamo bene che le soluzioni al problema davanti a cui siamo non ci verranno certo dai fautori del mondo retto e dominato dalla finanza, gli strenui guardiani del neoliberismo che predicano il verbo dell’umanità al servizio del capitale, non è possibile sperare che gli stessi apparati che hanno adottato le politiche dissennate che ci hanno gradualmente portato a questo punto, rimettano in discussione il loro modello di sviluppo, ciò semplicemente non gli è possibile perché tali apparati mantengono purtroppo la stessa identica mentalità con cui è stato generato il problema.
In tutto questo esiste però un lato positivo, ovvero che siamo di fronte ad un’occasione storica, abbiamo la possibilità, le conoscenze e i mezzi tecnologici per avviare una grande rivoluzione nello stile di vita generale, che parta anzitutto dal livellare la ricchezza, da modi differenti di organizzare e ridistribuire le risorse, dal ripensare totalmente i nostri mezzi di produzione e le loro finalità, dal sostituire l’atteggiamento predatorio con l’atteggiamento di cooperazione fra i popoli, condividere mezzi, conoscenze e le possibili risorse, dal ribaltare il concetto di essere umano al servizio dell’economia a quello di economia mista a misura e al servizio dell’essere umano.
E’ una grande occasione di cambiamento quella che abbiamo dinanzi, ma al tempo stesso ho la sensazione che non ci sarà una seconda opportunità, che questa possa essere l’ultima chiamata, così come siamo sicuri che non ci sarà un secondo pianeta pronto ad accoglierci.
Il tempo di imboccare una strada diversa non è domani è adesso.