La Turchia, finora, ufficialmente, non risulta colpita dal famoso coronavirus. Dunque, oggi, 8 Marzo, migliaia di donne sono scese in piazza. Ovviamente in quelle piazze non negate dalle prefetture e dal Ministero degli Interni. Infatti, nella città di Istanbul, il quartiere storico Taksim, dove si svolge il tradizionale corteo notturno, è una zona inaccessibile. Dunque si teme una situazione difficile per stasera, esattamente come era successo nel 2019.
A Mersi, lungo la costa mediterranea, le donne erano in piazza rispondendo all’appello della Piattaforma delle Donne di Mersin. “La lotta unisce le donne e rende più libero il mondo” era lo striscione d’apertura del corteo. Erano presenti anche numerose insegnanti appartenenti al Sindacato dei Lavoratori della Formazione, Egitim-Sen.
La manifestazione autorizzata nella città più grande del Paese ossia a Istanbul invece si è svolta nella parte anatolica della città, nel molo di Kadikoy. Migliaia di donne erano in piazza gridando: “Andiamo fuori di testa e ricostruiamo la vita“. Erano presenti numerosi sindacati e vari partiti parlamentari e extraparlamentari. Ovviamente non mancavano diversi colletivi, associazioni e gruppi informali. Alcune donne hanno preso il traghetto per attraversare il Bosforo con l’obiettivo di provare a salire a Taksim, zona vietata per le manifestazioni.
Nella capitale, a Ankara invece si sentiva lo storico slogan del movimento femministra turco: “Il mondo si sposterebbe dalla sua orbita se le donne fossero libere“. Strumenti musicali, fischi e urli hanno riempito le strade della seconda città più grande del Paese. Era fortemente visibile la partecipazione del mondo universitario. Già nelle prime ore del raduno le donne si sono trovate con le transenne della polizia che aveva accerchiato la piazza importante della città, Piazza Sakarya. Dopo alcuni minuti di protesta le donne sono entrate in piazza e hanno manifestato.
?”İsyan et hayatı durdur”
?Ankara’da bir araya gelen kadınlar, 8 Mart Dünya Emekçi Kadınlar Günü dolayısıyla yaptığı yürüyüşte “İsyan et hayatı durdur” çağrısı yaptı.#dokuz8/@tokatesraa
#8M2020 | #8M20 pic.twitter.com/YGoBvFDXga— dokuz8HABER (@dokuz8haber) March 8, 2020
Nel sud est del paese, a Amed (Diyarbakir) numerose donne erano in piazza. “Organizziamo la resistenza camminiamo verso la liberazione” era la scritta incisa sullo striscione d’apertura del corteo. Secondo l’agenzia di notizie Mezopotamya in piazza c’erano numerosi striscioni anche in lingua curda che attiravano attenzione su alcuni temi importanti e attuali come: “I feminicidi sono un atto politico“, “Difendere la vita ecologica per libertà della natura e per quella delle donne“, “Non perdonare la molestia sulle bambine“.
A Hopa, sulla costa del Mar Nero, c’era una scia viola per le strade. Qui gli slogan gridati criticavano anche le politiche di guerra del governo centrale. “No alla violenza, no alla povertà, sì alla libertà, sì alla pace” era lo slogan che le donne hanno tirato quando sono arrivate sotto il palazzo di città.
Erkek egemenliğine, kadın şiddetine karşı Hopalı Kadınlar marşlarıyla yürüyor. @sendika_org pic.twitter.com/JTtc7ti4WP
— Hopa Halkevi (@HopaHalkevi) March 8, 2020
Sempre nel sud est del Paese, nella città di Sirnak si sentiva il famoso slogan che chiede libertà per le donne, in lingua curda: “Jin, jiyan, azadi” (Donne, vita, libertà). La manifestazione si è svolta pacificamente in piazza Newroz con la partecipazione di migliaia di donne.
Nella città di Bursa invece lo slogan che si sentiva di più era “Le politiche maschiliste generano violenza“. Collettivi universitari, partiti politici, sindacati e diverse associazioni hanno partecipato alla manifestazione cittadina.
#Bursa#8Mart
Kadınlar Birlikte Güçlü! pic.twitter.com/AJvDs5SqSw— Devrimci Öğretmen (@devogretmen) March 8, 2020
Ad Antakya, lungo la costa mediterranea, il messaggio si concentrava anche sulla crisi che strozza il Paese ormai da 3 anni. “Lotta contro la violenza e la crisi” era la frase incisa su numerosi cartelli. In piazza erano presenti le lavoratrici del settore della sanità, numerose insegnanti, diversi partiti politici e vari gruppi informali.
Nella città di Dersim, profonda Anatolia, il centro dell’attenzione era Gulistan Doku, ragazza scomparsa ormai da più di un mese. Doku abitava a Dersim e le sue amiche e la sua famiglia sospettano che sia vittima di violenza per una serie di indizi che evidenziano. Le ricerche sono in atto ma tuttora senza risultati. Il caso di Doku, che coinvolge la città di Dersim, è stato uno spunto per gridare l’opposizione delle donne contro la diffusa violenza sessuale nel Paese.
Soruyoruz!
64 gündür kayıp olan Gülistan Doku nerede?
Cenazesi apar topar ülkesine gönderilen Nadira Kadirova’ya ne oldu?
Intihar denilen 10 yaşında öldürülen Rabia Naz’a ne oldu?Erkek adalet değil gerçek adalet!#8mart pic.twitter.com/LWK5qumETo
— KTÜ Kadın Kolektifi (@ktu_ukk) March 8, 2020
Nella città di Batman, che registra la maggiore densità di suicidi delle donne in tutta la Turchia, la protesta era inevitabile. Ovviamente nel centro dell’attenzione c’era questo fatto ma non solo. L’antica cittadella, Hasankeyf, destinata a essere distrutta e immersa nelle acque di una diga, era un altro punto di protesta per il corteo.
Si nota che le rivendicazioni delle donne variano dalla zona alla zona in Turchia che è un po’ la caratteristica socio-economica e culturale di questo paese. Tuttavia numerose richieste sono comuni come:
- Maggiore attenzione e responsabilità da parte dei governatori sulla lotta contro ogni tipo di violenza sulle donne
- Miglioramenti necessari nelle condizioni di lavoro; maternità, salari, permessi etc.
- Lotta contro una cultura fondamentalista e sessista che si diffonde sempre di più
- Un sistema giuridico che funzioni meglio
- Politiche contro la guerra e a favore della pace.