Veniteci a prendere è stata una delle numerose manifestazioni antifasciste che si sono svolte a Torino, anche in risposta alle orribili scritte che sono state messe sulle porte di persone discendenti di deportati o di partigiani.
La manifestazione ha visto una larga adesione, ed è stata organizzata dal Coordinamento Torino Pride GLBT.
Ricordiamo che molti gay sono stati trucidati nei campi di concentramento e, come sempre dovrebbe essere ma spesso non è, negli interventi a nome della comunità LGBTQIA+ sono state ricordate tutte le persone – Avversari Politici, Ebrei, Persone Diversamente Abili, Persone Gay, Rom, Testimoni di Geova – che sono state orribilmente, trucidate nei campi di sterminio.
Molti gli interventi sul palco: per la comunità LGBTQIA+ hanno parlato Serena Bergandi, Silvano Bertalot, Serena Graneri.
Hanno poi parlato: Renato Appiano Presidente dell’ANPI di Torino, Enrica Valfrè a nome di CGIL, CISL UIL, Roberto Forte dell’associazione Treno della Memoria, Eric Gobetti storico, Laura Onofri esponente di Se Non Ora Quando, Manfredo Montagnana Consigliere della Comunità Ebraica, Igor Stojanovic Presidente dell’Opera Nomadi.
Spiace molto, francamente, che dal palco non abbia parlato anche una persona Trans, cosa che lascia interdetti, visto che le persone T+ sono quelle più stigmatizzate e discriminate dall’abietta cultura patriarcale che i fascismi incarnano e amplificano. Auspichiamo che in altre manifestazioni analoghe venga data parola anche a loro e anche a persone Intersex, naturalmente degne del massimo rispetto e considerazione.
Alessandro Battaglia, presidente del Coordinamento Torino Pride, oltre a scandire gli interventi, ha letto il discorso di Liliana Segre al Parlamento Europeo, ha inoltre citato le zone LGBT free, che sono sorte in Polonia. L’istituzione di queste zone, se non fosse tragica per il suo contenuto culturale, antropologico e per i suoi effetti, sarebbe davvero da derubricare come surreale, e invece purtroppo è realtà.
Di seguito riportiamo alcune frasi degli interventi:
“C’è purtroppo una cultura fascista, dobbiamo chiamarla così com’è, una cultura che si nutre di violenza, razzismo, d’intimidazione, di sopraffazione, che alimenta recinti, muri. Una cultura patriarcale
Come abbiamo potuto arrivare fino a qui? Perché più di un terzo delle persone alle elezioni dell’Emilia Romagna hanno votato partiti che dicono e sostengono apertamente certe cose?
Perché c’è tanto consenso? Io credo che sia anche perché c’è poco lavoro, c’è lavoro povero, poco reddito.
C’è poca solidarietà e competizione tra le persone. C’è chi sta molto bene e chi sta molto male e sempre peggio, quest’ultimi non vedono la possibilità di migliorare la propria condizione.
Cultura è anche ribadire che il fascismo è un crimine e come tale va contrastato”
“I fascisti, i neo-nazisti, i nostalgici ci sono sempre stati, e quei simboli e quelle frasi scritte su quelle porte ci sono sempre stati, ma quei simboli e quelle frasi stavano nel buio delle cantine, nel chiuso dei case, coperte da un alone di vergogna. La vergogna di una società che si era presa l’impegno con la Costituzione Italiana, di dichiararsi profondamente antifascista. L’antifascismo è nell’ontologia dell’Italia democratica e repubblicana. Non è una scelta, non è una possibilità. Oggi l’atteggiamento di alcune forze politiche […] hanno causato la possibilità per quelle persone, per quelle frasi che stavano nel buio delle cantine, nell’oscurità di quei cuori neri, di tornare fuori.
Non c’è bisogno di imbracciare i fucili, come hanno dovuto fare i nostri nonni, c’è bisogno di piccoli atti concreti quotidiani, non possiamo lasciare lo spazio a queste persone” di compiere questi atti in una società civile (n.d.r.) “No, l’Italia è antifascista e non c’è discussione alcuna, chi si dichiara fascista non fa parte del sistema democratico.”
“Salvini lo scorso anno a Basovizza disse che ai bambini delle Foibe doveva essere tributato lo stesso rispetto dei bambini della Shoah, ma nelle Foibe non ci sono bambini, Salvini non sa nemmeno questo.
(Il tacciare di negazionismo chi studia le Foibe e contesta determinate tesi n.d.r.) questo tentativo di impedire agli storici di parlare di contestualizzare di far comprendere che cosa è realmente accaduto in quella terribile vicenda non è un problema soltanto dei neo-fascisti, si sta manifestando anche nelle istituzioni pubbliche, anche nella alte cariche dello Stato, anche loro utilizzano la stessa terminologia (negazionismo n.d.r.). Si sta creando una verità di Stato, dalla quale non è possibile discostarsi.
In questo modo il giorno del ricordo si sta trasformando un una giornata dell’orgoglio fascista.
In qualche modo il giorno del ricordo sta diventando la vera festa nazionale , viene rappresentata come la festa delle nostre (italiane n.d.r.) vittime, di tutte le vittime italiane, mentre la giornata del 25 aprile sarebbe la giornata “di parte”. Questo credo che sia grave, è un’attacco alla democrazia e va fermato”
“Noi (Rom n.d.r.) anche se siamo ghettizati nelle periferie, nei posti più disperati del mondo, ci sentiamo lo stesso torinesi. Nella seconda guerra mondiale sono stati sterminati 500.000 Rom su un milione, il 50% dei Rom è stato sterminato. Ricordate il 10 febbraio, quando ci sarà il giorno della memoria fascista, che 500.000 persone sono state sterminate in poco tempo.”
E’ stata fatta una durissima critica al nuovo disegno di legge regionale chiamato “allontanamento zero”.
Il Governo delle Regione Piemonte, a fronte di dichiarazioni dei propri esponenti, in svariati interventi è stato fortemente criticato ed accusato di contribuire a diffondere una cultura fascista.
Ultima nota di colore e allegria: i molti applausi sono stati accompagnati dall’abbaiare festoso dei numerosi cani presenti.