Tra poche settimane, il 29 marzo 2020, saremo chiamati a votare per ratificare la modifica della Costituzione che riduce il numero dei parlamentari di Camera e Senato.
Il Governo attuale, con l’accordo di quasi tutte le forze politiche di opposizione, vuole modificare la Costituzione (agli articoli 56,57,59) per “tagliare” un terzo dei parlamentari, passando cioè da 630 a 400 alla Camera, da 320 a 200 al Senato.
Il rapporto tra elettori ed eletti, in questo momento, è di 96.006 elettori per ogni deputato; con la riforma il rapporto aumenterebbe a 151.210 elettori per ciascun deputato, mentre per i senatori si passerebbe da 188.424 elettori a 302.420.
Questo renderebbe incolmabile la distanza tra elettori ed eletti e il potere verrebbe accentrato in sempre meno mani: l’esatto contrario di ciò che i Padri Costituenti si curarono di stabilire nella Costituzione, per assicurare che mai più, in un’Italia appena uscita dalla dittatura, si potesse affermare una forma autoritaria di governo e per dare vita a una democrazia solida e rappresentativa della sovranità popolare.
In merito alla proporzione tra numero di elettori e numero di deputati, durante i lavori della Commissione per la Costituzione, nel 1946, fu detto: ”La diminuzione del numero dei componenti la prima Camera repubblicana sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che, in effetti, quando si vuol diminuire l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni. Quindi, se nella Costituzione si stabilisse la elezione di un Deputato per ogni 150mila abitanti, ogni cittadino considererebbe questo atto di chirurgia come una manifestazione di sfiducia nell’ordinamento parlamentare.”
Siamo di fronte all’ennesimo tentativo di depotenziare il Parlamento, dopo quelli del 2006 e del 2016, respinti dal popolo nei referendum confermativi.
Un depotenziamento che, del resto, è in atto già da anni, mediante la consolidata prassi di impegnare il Parlamento non nella sua funzione legislativa ma, piuttosto, grazie al ricatto del voto di fiducia al governo, nell’approvazione di Decreti Legge che, per di più, sono per la maggioranza implementazioni di direttive europee che arrivano direttamente dalla Commissione Europea.
Riducendo così la funzione legislativa del Parlamento, funzione che viene di fatto assorbita dal governo, si limita in modo inaccettabile il ruolo dei rappresentanti eletti dal popolo e si rende precario l’equilibrio tra potere legislativo e potere esecutivo, pilastro della democrazia.
A sostegno del taglio dei parlamentari si prospetta un risparmio di circa 60 milioni di euro, una somma praticamente irrilevante all’interno del bilancio dello Stato. Ma quello che non si dice è che a fronte di tale risibile risparmio si avrà come conseguenza un costo sociale esorbitante, dovuto alla svendita degli assetti strategici dello Stato, che proseguiranno ancora più spediti grazie a un Governo, un Parlamento e un Senato sempre più slegati dai bisogno e dalle istanze della popolazione.
Un’altra ragione per respingere questa riforma consiste nel fatto che la riduzione dei parlamentari farebbe innalzare la quantità di voti necessari ad essere eletti, il che renderebbe inaccessibile il Parlamento alle forze politiche minori, cui mancano visibilità mediatica e forza economica. Anche questa sarebbe un’ulteriore limitazione della rappresentatività democratica, in aggiunta all’impossibilità per i cittadini di scegliere direttamente i propri rappresentanti, che con le ultime leggi elettorali vengono stabiliti dai partiti attraverso il meccanismo delle liste bloccate.
Per difendere la rappresentatività democratica e la centralità che la Costituzione assegna al Parlamento occorre votare NO alla riduzione dei parlamentari e pretendere una nuova legge elettorale proporzionale, senza sbarramenti e che garantisca il diritto di scelta degli eletti da parte degli elettori.
Non vogliamo avere meno rappresentanti, vogliamo poterli scegliere!
al referendum del 29 marzo 2020 votiamo no!