La testimonianza del professor James Hansen della Columbia University, prestigioso climatologo ed ex responsabile del settore metereologico della Nasa, di fronte alla Commissione del Commercio dello Stato dell’Illinois. Il raddoppiamento della portata dell’oleodotto che va dal Nord Dakota fino al Texas, osteggiato dalla grande resistenza delle nazioni indiane, da 570 mila barili di petrolio al giorno a 1.100.000, segnerebbe l’escalation di una minaccia catastrofica per i Sioux di Standing Rock e per il pianeta intero. Se si verificasse una perdita, verrebbero inquinate le acque da cui dipendono non solo gli 8 mila appartenenti alla tribù ma anche milioni di altri cittadini statunitensi che abitano più a valle. La Dakota Access è nota per essere l’azienda con il peggior standard di sicurezza del settore degli ultimi tredici anni, ma nessuna evidenza scientifica ha fermato e fermerà Donald Trump, che ha voluto riprendere l’avanzata di un progetto rovinoso che Obama era stato invece costretto a sospendere.
L’oleodotto che si estende dal Nord Dakota fino al Texas è stato fin dall’origine contestato dalle Nazioni indiane, perché attraversava territori da esse considerati sacri e, in caso di incidenti, avrebbe colpito direttamente quelle popolazioni. Nello scorso novembre, la Tribù degli Standing Rock Sioux ha presentato un documento di contestazione della richiesta di raddoppiare la portata dell’oleodotto, presentata alla Commissione competente dello Stato dell’Illinois dalle imprese costruttrici. In sintesi, questi i motivi della protesta contenuti nel documento. In primo luogo, è previsto il passaggio da una portata di 570.000 barili di petrolio al giorno a 1.100.000, aggiungendo cinque nuove pompe da 6000 cavalli vapore nella stazione di pompaggio della Emmons County. Secondo i ricorrenti, la Commissione può approvare l’espansione “solo se produrrà effetti negativi minimi sull’ambiente e sul benessere dei cittadini” del Nord Dakota. Inoltre la Commissione deve verificare che qualunque effetto negativo che colpisca, tra le altre cose, la salute e la sicurezza degli esseri umani e degli animali, la vita delle piante, delle terre incolte, delle aree forestali e dell’agricoltura “siano presenti a livelli minimi oppure che tali effetti possano essere gestiti e mantenuti a livelli minimi accettabili”. Invece risulta che il raddoppio della capacità aumenta sia la probabilità di incidenti che la gravità di essi, e questi sono gli argomenti diretti a far negare la possibilità di tale raddoppio:
- Aumenta il rischio di perdite, in quanto le nuove pompe aumenteranno la velocità di trasporto dell’oleodotto nella misura di 15 piedi al secondo, portandola a livelli troppo elevati secondo gli esperti, aumentando quindi la probabilità che si verifichino perdite e la loro possibile gravità.
- L’aumento della pressione renderà più probabili i rischi dei “casi peggiori”, un tipo di previsione normale per le grandi opere ma che, in questo caso, non è stato nemmeno preso in considerazione.
- La casa madre dell’impresa Dakota Access è nota per essere l’azienda con il peggior record di sicurezza del settore degli ultimi tredici anni. Questo aumenta sensibilmente i rischi per le popolazioni delle zone attraversate dall’oleodotto.
Per ognuno di questi aspetti, i ricorrenti forniscono analisi dettagliate e richiamano testimonianze di esperti già a disposizione della Commissione. Seguono una serie di richieste di approfondimenti e indagini tecniche che la Commissione dovrebbe rivolgere all’impresa, in mancanza dei quali sarebbe impossibile concedere alcuna autorizzazione al raddoppio dell’oleodotto. Infine, vengono descritte in dettaglio le comunità delle Tribù Sioux il cui territorio viene praticamente attraversato dall’oleodotto, quindi quelle comunità subirebbero gravi danni in caso di incidente, in particolare nella Contea di Emmons e nei dintorni del Lago Oahe.
Di seguito, alcune delle domande poste dalla stessa Commissione del Commercio dell’Illinois al Prof. James Hansen della Columbia University, già responsabile del settore meteorologico della NASA, l’Agenzia Spaziale degli Stati Uniti, e le sue risposte, (dalla diciassettesima domanda in poi)
Qual è lo scopo della sua testimonianza?
Mi è stato chiesto di dare un’opinione riguardo alle potenziali conseguenze delle decisioni che la Commissione deve considerare. In particolare, argomenterò sulle proposte della Dakota Access LLG and Energy Crude Oil Company (che nel complesso sono chiamati in questa sede come: “firmatari congiunti”). Tali compagnie vogliono quasi raddoppiare la capacità dei loro oleodotti. L’estensione degli oleodotti va dal Nord Dakota allo stato del Texas. Se si approvasse questo ampliamento, ne conseguirebbero impatti sul clima dalle dimensioni mondiali.
La grande protesta di Standing Rock
Quali conclusioni trae dagli studi recenti da lei citati?
In sintesi, considerando queste e altre informazioni, l’attuale livello di CO2 e il riscaldamento che ne conseguirebbe, sia quello in atto che quello latente, sono già in una fase pericolosa. Infatti, abbiamo oltrepassato i limiti consentiti, al punto che se ne intravedono le prime conseguenze minacciose. Queste, poi, diverranno insostenibili se non si intraprendono azioni non procrastinabili per ristabilire il bilancio energetico terrestre a un livello inferiore di CO2 nell’atmosfera.
Cosa intende per “insostenibili”?
Per iniziare, consideriamo l’oceano e il livello dei mari, dai nostri studi più recenti. Utilizzando molteplici linee di evidenza scientifica – che includono le misurazioni satellitari della gravità, i bilanci della massa superficiale e le altimetrie radar satellitari – si è chiarificato che, purtroppo, le perdite di ghiacci in Groenlandia, nell’ovest dell’Antartide e nelle aree dell’Antartide dell’est, stanno crescendo in modo non lineare con tempi di raddoppiamento che, per adesso, e in questo secolo, sono approssimativamente di un decennio. Insieme ai miei colleghi ci aspettiamo che il tasso di crescita, che é esponenziale, come si evince dai rilievi effettuati sulla perdita di ghiacci in Groenlandia, rallenti in considerazione dei dati più recenti degli ultimi anni. Tuttavia, considerando le retroazioni, che amplificano i fenomeni, descritte nella nostra pubblicazione scientifica, riteniamo probabile che, in caso di una mancata riduzione dei combustibili fossili, la perdita di ghiacci in Antartide continuerà a essere nuovamente in ascesa al tasso esponenziale di crescita sin ora riscontrato. Tale prospettiva, già di per sé, invoca la necessità di azioni urgenti nazionali e internazionali volte a limitare l’inquinamento da carbonio. Si consideri che la completa disintegrazione del ghiacciaio di Totten, nell’est dell’Antartide, potrebbe incrementare l’innalzamento del livello dei mari di 3-4 metri. In aggiunta, vi sono i ghiacci dell’Antartide a ovest, fronteggiati dai ghiacciai che si affacciano sul Mare di Amundsen, che hanno la potenzialità di innalzare il livello dei mari contribuendovi con un’aggiunta di 3-4 metri. In questo caso, gran parte delle coste dell’est degli Stati Uniti sarebbero sommerse come anche le aree a bassa quota in Europa, quelle del sub-continente indiano e quelle dell’estremo oriente. Tale dimensione dell’innalzamento dei mari avrebbe come conseguenza la perdita di centinaia di città storiche sulle coste con ripercussioni economiche incalcolabili. Ciò causerebbe, inoltre, la fuga di centinaia di migliaia di rifugiati del riscaldamento globale che proverrebbero dalle aree a bassa quota che sono più intensamente popolate. Con tutta probabilità, gli eventi in questione, causerebbero o, comunque, esacerberebbe i principali conflitti internazionali in atto. Il nostro Dipartimento della Difesa (Defence Department) definisce il cambiamento climatico come un pericolo per la sicurezza nazionale. Questo è quello che intendo per “insostenibili.”
Cosa può dirci riguardo agli impatti specifici sull’Illinois?
In tutti gli anni della mia ricerca, mi sono concentrato più sugli impatti in senso globale che a livello regionale o locale. Questi però hanno la loro importanza, considerando la pianificazione sul territorio e per tanti altri scopi inclusi quelli di questa Commissione. L’Amministrazione Nazionale per l’Oceano e l’Atmosfera (“NOAA”) ha pubblicato il: “NOAA National Centers For Environmental Information: State Climate Summaries”, che è utile a questo scopo. Tale sommario dell’Illinois, che ho allegato come reperto SOIL-SC Exhibit 3.5, fa rilevare in modo importante che il continuo riscaldamento climatico regionale causerà nell’Illinois un incremento dei tassi delle precipitazioni in primavera di gran lunga superiore a quello del livello nazionale. In particolare, nei due-terzi più a nord dello Stato. Il documento del NOAA afferma che “un riscaldamento storicamente senza precedenti si proietterà durante il 21simo secolo” benché, “ci si aspetterebbe un riscaldamento minore se vi fosse un futuro con emissioni più basse (in cui l’anno più freddo sarebbe almeno caldo come l’anno più caldo nelle registrazioni storiche). Invece, ci sarebbe più riscaldamento nel caso di un futuro con maggiori emissioni (l’anno più caldo sarebbe circa di 10°F più caldo dell’anno più caldo nei registri storici; tonalità rossa).” Lo studio del NOAA non considera comunque l’impatto dell’immigrazione nell’Illinois da parte dei rifugiati provenienti dalle regioni costiere sommerse dai mari in crescita o altre regioni martoriate dai conflitti derivati dalle problematiche legate al clima.
Quali sono gli altri impatti del riscaldamento globale, oltre all’innalzamento dei mari?
L’impatto del riscaldamento globale dipende in parte dalla grandezza dello sbilanciamento energetico planetario e questo, a sua volta, sarà controllato dal tasso d’eccesso di CO2 nell’atmosfera. Il livello attuale misura “solo” circa 1.1 °C in più rispetto al periodo pre-industriale. Eppure, il livello del riscaldamento ha già iniziato ad avere un effetto esteso sui sistemi naturali e antropici. Per fare un esempio, i ghiacciai montani – che sono una risorsa d’acqua dolce per la gran parte dei fiumi del mondo, durante le stagioni aride – stanno retrocedendo in modo accelerato in gran parte del mondo. Per citare un caso, a me vicino, i ghiacciai nel rappresentativo Glacier National Park stanno completamente retrocedendo. Nel 1850, come dichiarato dal Park Service, il Glacier National Park aveva 150 ghiacciai che erano più estesi di 25 acri. Adesso ve ne sono solo 25 di tali dimensioni.
Allo stesso modo è incrementato il vapore acqueo nella Troposfera e gli eventi legati alle forti precipitazioni. E questo, proprio nel modo in cui era stato previsto. Un’atmosfera più calda, che trattiene più umidità, permette precipitazioni più intense che causano, a loro volta, maggiori inondazioni estreme. Temperature più elevate, d’altro canto, aumentano l’evaporazione che può intensificare i periodi di siccità. Anche le aree subtropicali si possono espandere, la qual cosa accade sempre in conseguenza del riscaldamento globale.
Gli ecosistemi delle barriere coralline, che ospitano più di 1.000.000 di specie, come fossero una “foresta pluviale” dell’oceano, sono interessate dall’impatto della combinazione del riscaldamento oceanico, con l’acidificazione dovuta all’incremento del CO2 atmosferico e le altre sollecitazioni causate dall’uomo. Il risultato consiste in un declino annuale delle stesse, del 0.5-2% nell’estensione geografica.
Esperti della salute, in una prospettiva mondiale, hanno già concluso con “un margine di sicurezza molto alto” che il cambiamento climatico contribuisce al peso globale delle malattie (Global Burden of Disease), e alle morti premature, proprio attraverso l’espansione dei vettori di malattie infettive. L’incremento della variabilità climatica è, tra l’altro, considerato un possibile contributore nell’espansione dell’Ebola. In aggiunta, anche la probabilità di ondate estreme di calore è aumentata di molte volte in conseguenza del riscaldamento globale. La probabilità aumenterà ancora di più se si concede altro spazio alle emissioni dai combustibili fossili: il che può ulteriormente favorire il riscaldamento globale costituendone un ulteriore aggravio.
Ho già menzionato la calamità ineguagliabile che la perdita di centinaia di città sulle coste, conseguita all’innalzamento dei mari, costituirebbe per la civilizzazione umana. Dovrei però menzionare che molti altri impatti si succederanno. Per esempio, l’acidificazione proveniente dall’assorbimento parziale dell’eccesso di CO2 andrà sempre più a perturbare la salute degli ecosistemi oceanici con impatti potenzialmente devastanti per alcune nazioni e alcune comunità. Anche la sicurezza idrica relativa all’acqua dolce nell’entroterra sarà compromessa. Ciò in conseguenza degli effetti dell’arretramento dei ghiacciai montani, e del manto nevoso, che incidono sulla portata stagionale d’acqua dolce dei fiumi più importanti.
Per quanto riguarda la salute umana, le concentrazioni sempre maggiori di CO2, e l’incremento associato della temperatura globale, avrà conseguenze profonde sulla salute dei bambini che costituiscono la parte più vulnerabile della popolazione. I pericoli legati al clima per la salute umana si articolano su diversi percorsi, tra questi: la scarsità di cibo, d’aria pulita e d’acqua potabile. Ne consegue, che il cambiamento climatico, senza interventi, aumenterà la malnutrizione e i conseguenti disturbi collegati alla crescita e allo sviluppo del bambino. Aumenteranno, inoltre, i decessi e le malattie derivate dall’ostruzione polmonare cronica, dall’asma e da altre patologie respiratorie provocate dal peggioramento delle allergie. Le emissioni incontrollate provocheranno infortuni derivanti dalle ondate di calore, dalle alluvioni, dalle tempeste, dagli incendi e dalle siccità. Questi faranno incrementare la morbilità e la mortalità cardiorespiratoria associata all’incremento dell’ozono a livello del suolo.
Con riferimento alle altre specie, stiamo assistendo al fatto che le fasce climatiche si stanno spostando in termini che eccedono la possibile adattabilità naturale. Questa tendenza rimarrà invariata per tutto il tempo che il pianeta continuerà a trovarsi in una situazione di squilibrio energetico. Mentre lo spostamento delle zone climatiche é compatibile con il variare di alcune specie, ciò non esclude però che quelle a minor mobilità saranno portate all’estinzione. Secondo le Nazioni Unite, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), con un riscaldamento globale di 1.6 °C o più, relativamente ai livelli dell’epoca preindustriale, si prevede che saranno estinte dal 9 al 31 % delle specie esistenti. Tale soglia di estinzione, causata dalle temperature, non è evitabile senza un’azione concertata, e razionale, determinata a ridurre le emissioni di carbonio.
L’IPCC condivide le sue preoccupazioni?
L’IPCC sembra condividere gran parte delle preoccupazioni che ho espresso in questa sede. Raccomando alla Commissione di prestare attenzione almeno al sommario rivolto ai responsabili politici: “Summary for Policymakers” che sono stati tratti dai tre più recenti rapporti dell’IPCC. Questi sono: “IPCC Special Report on 1.5 degrees (SR 15) (Ottobre 2018)”, “l’IPCC Special Report on Climate Change and Land (Agosto 2019), “l’IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate (Settembre 2019)”. Ho messo i documenti in nota a piè di pagina per facilitarne la consultazione da parte della Commissione.
Può sinteticamente riassumere gli ultimi studi sul tema?
Non senza correre un rischio, ma in realtà i “Summary for Policymakers (SPMs)” sono scritti in modo comprensibile a tutti. Potrei tuttavia indicare, in sintesi, un paio di punti che riguardano i riferimenti tratti da questi sommari dell’IPCC:
Il primo riguarda l’IPCC Special Report on 1.5 degrees (SR 15)” che riguarda sia gli impatti a livello globale di un incremento di 1.5°C nella temperatura globale, sia le azioni richieste per mitigare e limitare il riscaldamento globale al fine di conservarne il livello richiesto. Ho argomentato a lungo, che permettere un innalzamento della temperatura di 1.5 gradi centigradi sia un fatto rischioso e che 2°C siano verosimilmente persino un fatto catastrofico. Ho affermato che un percorso sicuro, e a lungo termine, richiederebbe una limitazione dell’incremento della temperatura inferiore a 1°C (che è consistente con l’obiettivo di 350 ppm per il CO2 atmosferico). Considerato ciò, il rapporto speciale dell’IPCC ha comunque la sua utilità in quanto individua un numero d’impatti climatici che sono inaccettabili sia per l’umanità che per la natura. Questi impatti sono attesi, con ogni probabilità, nel caso di un riscaldamento globale di solo 1.5°C. Il rapporto spiega in dettaglio, quale dovrebbe essere la rapida riduzione nelle emissioni di carbonio necessarie per ottenere, anche solo l’obiettivo inadeguato del 1.5°C. A quest’ultimo riguardo, nel l’SR15 vi è una proiezione per cui: “nel percorso indicato dal modello, in cui si considera il limite invalicabile, se non limitatamente, dei 1.5°C, le emissioni di CO2 antropogenico dovrebbero declinare di circa 45% dai livelli del 2010, fino al 2030 (40-60% dell’intervallo interquartile), per poi raggiungere lo zero intorno al 2050 (l’intervallo interquartile 2045-2055)” (SPM 12).
E’ inutile dirlo, una riduzione delle emissioni di questa portata e velocità – considerando anche l’ancora più rapida riduzione richiesta per ridurre la concentrazione di CO2 globale a 350 ppm – sono incompatibili con l’aumento della capacità dell’oleodotto proposto nella richiesta. Vi è il rischio evidente che tali investimenti possano intrappolare le emissioni al loro livello attuale, che è elevato, facendo in modo che la riduzione nel tempo delle emissioni sia oggettivamente impossibile da garantire.
Un secondo punto, considerando l’“IPCC Special Report on Climate Change and Land” (rapporto speciale dell’IPCC sul cambiamento climatico e territorio): questo rapporto enumera sia i maggiori impatti gravi a livello terrestre del cambiamento climatico, che le azioni minime richieste per il sequestro del carbonio necessarie per limitare il riscaldamento globale a 1.5°C o 2°C. Il rapporto spiega in modo dettagliato gli impatti del cambiamento climatico sul territorio, che includono la desertificazione delle terre coltivabili e degli ecosistemi naturali. Si afferma che: “a circa 1.5°C di riscaldamento globale, i rischi connessi alla scarsità idrica nelle aree aride, i danni legati agli incendi boschivi, alla degradazione del permafrost e all’instabilità dell’approvvigionamento alimentare, siano in proiezione alti (con un affidabilità media).” Nell’SPM a16, inoltre, il rapporto spiega in modo dettagliato i cambiamenti profondi nell’uso del territorio richiesti per limitare il riscaldamento globale a 1.5°C: “Tutte le valutazioni percorribili che limitino a 1.5°C, o ben al di sotto dei 2°C, richiedono una mitigazione e un cambiamento a livello di uso del suolo e, la gran parte, includono differenti combinazioni di riforestazione, e riduzione della deforestazione e dell’utilizzo di bioenergia.”(SPM a26). Il rapporto è coerente con l’enfasi posta nella mia dissertazione scientifica: “Young People Burden” (riguardante il peso che andrà a gravare sulle giovani generazioni in conseguenza del cambiamento climatico) che riferisce della necessità d’interventi, che siano su larga scala, per il sequestro del carbonio anche nel caso di un’eliminazione progressiva dell’emissione di combustibili fossili.
Infine, per il momento, il rapporto speciale dell’IPCC sull’oceano e la criosfera (i poli) (IPCC Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate), fornisce l’opinione scientifica diffusa sugli impatti del cambiamento climatico attuali e quelli proiettati in futuro sugli oceani globali, sugli strati di ghiaccio e sui ghiacciai. Si consta che: “negli ultimi decenni, il riscaldamento globale ha portato a un diffuso restringimento della criosfera con perdita di ghiaccio dalle calotte e dai ghiacciai, [… ]la copertura nevosa si è ridotta […], e il ghiaccio marino nell’Artico si è ridotto nell’estensione e nella profondità[…] e la temperatura del permafrost è aumentata.” (SPM-4). Il rapporto proietta e afferma che attraverso continue emissioni derivate dall’uso dei combustibili fossili, gli impatti continueranno a peggiorare portando alla degradazione degli ambienti oceanici, ivi inclusa la perdita delle barriere coralline e l’innalzamento dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacci. In particolare, il rapporto rileva che: “l’accelerazione dello scioglimento e del ritirarsi del ghiaccio nell’Antartide – che ha il potenziale di innalzare il livello dei mari di svariati metri nell’arco di pochi secoli – è osservabile nella baia del Mare di Amundsen, nell’Antartide dell’ovest, e nella Terra di Wilkes nell’Antartide dell’est. Questi cambiamenti possono dare inizio a un’irreversibile instabilità degli strati di ghiaccio” (SPM-11).
La mia stessa ricerca, come discusso in precedenza, ha mostrato chiaramente la possibilità che il collasso rapido degli strati di ghiaccio possa produrre una crescita del livello del mare in termini di svariati metri in una scala temporale che va da pochi decenni ai secoli. Tale Rapporto Speciale conferma che le mie preoccupazioni sull’instabilità dei ghiacci é ampiamente condivisa dalla comunità scientifica di rilievo.
Le emissioni derivate dalla proposta d’aumento della capacità dell’oleodotto in questione può relamente influire o infrangere il clima? In relazione a ciò, se l’espansione proposta non avvenisse, i raffinatori e altri trasformatori di petrolio greggio non troverebbero altre forme di grezzo alternative?
Sarebbe materialmente possibile che la Commissione approvi l’espansione della capacità dell’oleodotto mentre però, in altra sede, diversi sviluppi da parte di altre autorità compensino e ci pongano invece su un percorso sicuro. Ne dubito però. Mi sembra probabile invece che una decisione sbagliata abbia un effetto demoralizzante sulle altre autorità.
Riguardo all’ultima questione, la reale domanda è se la Commissione vuole aprire la strada per l’espansione in questione o se la Commissione, facendo la scelta giusta, vuole esercitare la sua autorevolezza in modo tale che altre autorità possano emularne le decisioni. L’insieme di queste decisioni, combinate, possono essere efficaci per restringere il pieno sfruttamento delle emissioni eccezionalmente intensive di greggio.
Le emissioni in questione non sono insignificanti. In seguito a un rapido calcolo, il greggio addizionale, una volta bruciato com’è nelle intenzioni, emetterà circa 97 mmt CO2-eq/anno e i miei calcoli potrebbero essere per difetto: questo è all’incirca uguale alle emissioni di quindici centrali a carbone da 1000-megawatt o venti milioni di auto. Le emissioni, indicate dai firmatari della proposta, possono essere considerate, in tal modo, significative da ogni punto di vista. I proponenti aggiungendo: “carburante al fuoco”, mettono in pericolo persone non solo nell’Illinois, ma anche altrove. In realtà, non dovrebbero essere ammessi e, in tal modo, implicitamente abilitati dalla stessa Commissione.
Ciò conclude la sua testimonianza?
R. Si, certo. A richiesta della Commissione, avrei il piacere di approfondire ognuno dei punti che ho indicato in questa sede.