Chi è Laika, che si definisce poster artist/attacchina, sottolineandolo anche in un’intervista ad Openonline del 29 Maggio 2019 («Ma non chiamatemi street artist, non mi permetterei mai. Io faccio l’attacchina») e poi usa #streetart, #streetartist nei post che pubblica? Perché utilizzare questi hashtag se non si vuole rientrare in una categoria da cui ‘umilmente’ si prendono le distanze?
Cosa l’ha spinta (sempre che di una donna si tratti) a creare nell’aprile 2019 un account Instagram postando gli stickers con su stampato il suo nome che attaccava in giro? La voglia di essere presente in strada, ovvio. E, poiché i social funzionano come la pesca a traina, a maggio apre una pagina Facebook (per ragioni di spazio cito i due più conosciuti), nell’immagine di copertina il logo e la scritta “Svilisco l’etica, punto allo spazio.”
A luglio la svolta: nuovo logo -un taglio a caschetto rosso incornicia la stilizzazione della cosiddetta ‘maschera nuda’, la scritta Laika al posto della bocca-, il primo poster affisso in strada, la maglietta su cui è riprodotta l’immagine e l’annuncio ai followers della vendita online dei prodotti; infine, non mancano i ringraziamenti a un’agenzia s.r.l. di comunicazione e servizi marketing per il supporto e la qualità dei prodotti.
Perbacco, hai appena fatto capolino nei vicoli di Roma e hai già un’agenzia di comunicazione e servizi marketing che ti supporta? D’altra parte la lungimiranza consiste nella capacità di fare previsioni su determinati eventi, e se questi eventi non dipendono dal caso ma dalla capacità di farli accadere, un’agenzia che crea e promuove brand è, in effetti, il partner adatto.
Analizzando il percorso iniziato da Laika a luglio, e concentrandosi sull’azione più recente, gli elementi portanti della Morfologia della fiaba di Propp, alla base delle strategie pubblicitarie, sono evidenti.
11 febbraio: in via Salaria a Roma viene affisso un poster che ritrae Patrick George Zaki abbracciato da Giulio Regeni, in alto un balloon: “Stavolta andrà tutto bene”. Al grido “PARLATE DI PATRICK!” Seguono una serie di tag: @larepubblica @agenzia_ansa @corriere @ilrestodelcarlino @ilfattoquotidianoit @ilmessaggero.it @skytg24 @amnestyitalia
12 febbraio: in tutti i media e i social compare la fotografia del muro. Articoli, like e condivisioni si moltiplicano.
14 febbraio: Laika su Instagram dà la notizia dell’avvenuta rimozione del poster: ”‘Qualcuno’ lo ha rimosso… faceva così tanta paura? Finalmente non lo vedrà MAI più nessuno ???.” Poi, rispondendo al commento dispiaciuto di un follower, scrive: “Adesso è tutto risolto… nessuno si ricorderà di Patrick e Giulio.”
19 febbraio: Il poster riappare. “ATTO II – NESSUNO PUÒ RIDURCI AL SILENZIO”, scrive Laika, facendo notare di aver modificato il disegno introducendo l’’uomo nero’ colto nell’atto dello strappo.
C’è l’eroina, che infrange i divieti di affissione pur di dar voce a Patrick e a Giulio; c’è l’”imitazione” (pedissequa) di modelli precedenti; ci sono il “danneggiamento” e la “mancanza” arrecati dall’uomo nero, il nemico, personaggio indispensabile, che per contrasto fa risaltare le virtù della protagonista; c’è il riposizionamento di quell’”elemento magico” mancando il quale “… nessuno si ricorderà di Patrick e Giulio.”
Ecco, questa frase, buttata lì con superficialità e presunzione, fa capire quanto Laika, che a La Repubblica -12 febbraio 2020- dichiara di fare ogni mattina la rassegna stampa, sia distratta e concentrata su altro. L’attenzione su Patrick è alta e, se avesse visitato le pagine ufficiali dedicate a Giulio (Verità per Giulio Regeni – @veritaegiustiziapergiulioregeni – Facebook; Verità Per Giulio – @GiulioSiamoNoi – Facebook e Twitter), si sarebbe accorta quanto siano colme di articoli di giornali, iniziative, partecipazione da parte di persone comuni e personaggi noti: da Gherardo Colombo a Luigi Manconi a Roberto Fico, da Fabio Fazio a Roy Paci a Vinicio Capossela a PIF, da Mauro Biani a MAKKOX. La lista è molto lunga.
“Nessuno si ricorderà di Patrick e Giulio” perché è stato rimosso il poster? Le saranno sfuggite le presentazioni del libro Giulio fa cose, scritto da Paola Deffendi e Claudio Regeni insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini. Non saprà quello che è stato detto. Non avrà notato quanta gente era presente. Non sa cos’è l’onda gialla, quella marea solidale che ha invaso con striscioni, bracciali, progetti, città e centri grandi e piccoli.
Su Facebook la sua immagine di copertina riporta: “Svilisco l’etica, punto allo spazio.” Un po’ di sincerità. Utilizzando Patrick George Zaki e Giulio Regeni, fregandosene se quello che andava a fare è una ferita aperta per chi, nelle vicende rappresentate, è direttamente e drammaticamente coinvolto, l’etica l’ha più che svilita. Punta allo spazio, ma non quello sidereo dove fu sparata dai Russi la cagnolina omonima. Sotto la maschera dell’impegno e della compartecipazione cerca un palcoscenico, perché altrimenti le foto in posa sullo sfondo dei muri, il sito con il carrellino della spesa e in basso la società s.r.l. che crea e promuove brand?
Ma davvero è sufficiente ridurre la cronaca, l’attualità politica, sociale, in salsa di sentimentalismo insipido, classificare il mondo come sporco, cattivo, bugiardo, per far cadere tutti in deliquio, prede dell’“opposizione manichea tra il bene e il male”, che ignora la “complessità morale del mondo” (Alessandro Dal Lago, Eroi e mostri, 2017), replicando nella realtà gli stereotipi del fantasy? Non servirebbe qualche ragionamento e una verifica?
Il mondo è bugiardo! Ma se ancora prima di preparare la colla c’è il fotografo di redazione pronto a scattare e l’Ansa ha l’esclusiva del video per l’affissione del poster sul panico da coronavirus. Ingannevole è chi indossa una maschera, non persona ma personaggio. Portavoce impreparato a raccontare una dittatura che, oltre a Giulio e Patrick, citati come se fossero i soli di questa tragedia, ha fatto registrare nel 2019 “la più ampia ondata di arresti di massa dall’arrivo al potere del presidente al-Sisi”, è Amnesty International che lo denuncia il 3 ottobre 2019, la stessa Amnesty che ha taggato senza, evidentemente, avere mai letto nessuno dei report.
Insinceri voi, idioti superficiali noi quando vi permettiamo di trasformare in spettacolo il dolore. Idioti, perché dovremmo controllare, e soppesare, ma non lo si fa e vi si tiene il gioco.
Perché il plurale? Perché siete in tanti a contribuire a questa specie di carnevale che mastica i disastri, i drammi, i lutti e li restituisce nella poltiglia del marketing visual emozionale.