Il timore era diffuso e la decisione del tribunale di Mansoura ha confermato i peggiori presentimenti. Patrick Zaky resterà in carcere altri 15 giorni.
Una decisione crudele e non necessaria, contraria persino alla procedura penale egiziana: Patrick non ha mai avuto e non ha alcun potere di alterare il corso delle indagini o di manomettere prove. La famiglia risiede in un luogo noto e raggiungibile. La libertà, con o senza cauzione, avrebbe dovuto essere l’esito naturale dell’udienza del 22 febbraio.
Ora è fondamentale non disperdere l’entusiasmo, l’emozione e la solidarietà delle ultime due settimane. Ognuno (le piazze, gli organi d’informazione e soprattutto la diplomazia italiana) dovrà continuare a fare la sua parte.
L’obiettivo del rituale dei 15 giorni è infatti proprio quello di far via via dimenticare le storie dei detenuti, spegnere la mobilitazione. Per Patrick, questo non deve accadere. Dobbiamo essere tutti pronti ad affrontare una campagna, che potrà avere anche tempi lunghi, per arrivare all’annullamento delle accuse, alla scarcerazione e al suo ritorno a Bologna, la città che l’ha adottato.