“Il governo italiano non prende una posizione ferma nei confronti dell’Egitto sul caso Regeni, le indagini procedono a fatica. Chi sa parli“.
Giulio Regeni potrebbe essere il figlio, il fratello, l’amico di chiunque di noi. Quattro anni fa è scomparso in Egitto un nostro ragazzo, uno dei migliori, uno dei più brillanti, che non trovando lavoro in Italia, aveva accettato un incarico da ricercatore per un’università straniera, quella di Cambridge. Conosceva sei lingue, era uno dei cervelli in fuga dall’Italia, carico di voglia di conquistare il mondo, destinato al successo per i suoi mille talenti.
Questo è il cruccio della mamma di Giulio. Paola non se ne dà pace: se solo l’Italia fosse un paese che punta sui propri giovani, se solo non si facesse scappare i migliori di loro, costringendoli a vivere lontano dalla propria famiglia, dai propri affetti, dalla propria terra.
Giulio aveva appena compiuto 28 anni nel 2016, quando è stato sequestrato, torturato per giorni e ucciso mentre stava lavorando. Perché fare il ricercatore è un lavoro. Quindi Giulio è morto sul lavoro.
Si sono succeduti quattro di governi dal giorno della sua scomparsa, un ambasciatore è stato a suo tempo ritirato, ma successivamente sostituito da uno nuovo, Giampaolo Cantini, il cui mandato principale era quello di risolvere questa gravissima questione e che invece sembra non rispondere alle email dei Regeni.
Di questo hanno parlato Paola Deffendi e Claudio Regeni, accompagnati dalla loro legale Alessandra Ballerini, all’audizione da parte della commissione parlamentare di inchiesta per la morte del ragazzo, tenutasi lo scorso martedì mattina. “Se la politica non collabora, i pm non vanno avanti” ha detto la mamma di Giulio rivolgendosi al Parlamento. Alessandra Ballerini ha anche parlato di “altri italiani presi in passato e liberati grazie a un meccanismo oliato” di interventi ufficiosi delle nostre autorità per liberare i connazionali e che “nel caso di Giulio non ha funzionato“.
I due politici italiani che si sono interessati sin dall’inizio al caso Regeni sono il Senatore Luigi Manconi, in prima fila ad ogni incontro di sensibilizzazione alla causa, e il Presidente della Camera Roberto Fico, che martedì ha parlato con il consulente della famiglia al Cairo Ahmed Abdallah.
Ahmed Abdallah e Roberto Fico
In questi giorni i coniugi Regeni hanno presentato, a Milano con Pif e a Roma con Valerio Mastandrea, il loro libro “Giulio fa cose”, scritto con Alessandra Ballerini per far conoscere i dettagli delle indagini e per far capire il loro dramma, che è un dramma di tutti, perché nella misura in cui ancora non ci sono verità e giustizia per Giulio, non ci sarebbero verità e giustizia per qualsiasi altro ragazzo dei nostri che si trovasse al momento sbagliato nel posto sbagliato, come è successo a lui.
La storia è piena di prove inquinate, prove occultate, 5 persone morte in circostanze strane. La ricerca della verità è davvero complicata, è molto difficile venirne a capo senza l’intervento del governo. E per tutta risposta invece arriva la notizia che l’Italia ha venduto due navi da guerra all’Egitto e che la trattativa è stata gestita da Palazzo Chigi e Fincantieri.
Sembra che non resti altro da fare che sperare che chi sa parli.L’appello di Alessandra Ballerini:“C’è sicuramente il lavoro straordinario della Procura e degli investigatori, ma serve che chi sa parli e credo che dopo 4 anni sia arrivato il tempo che chiunque abbia osservato, abbia visto, abbia partecipato anche in minima parte, parli. Noi diciamo a queste persone che loro trovano pace solo se parlano”.
La Repubblica ha messo a disposizione una piattaforma online su cui chiunque sappia qualcosa può testimoniare in modo assolutamente anonimo.
La mamma Paola: “Abbiamo bisogno del vostro aiuto, perché Giulio fa cose, ma non può farle tutte lui”.