“Ringrazio i cittadini bolognesi per essere qui e aver camminato insieme stasera per chiedere la libertà di Patrick. Siamo qui per ricordare che la prima condizione per la libertà è sapere dire di no all’oppressione e alla negazione della libertà di ognuno. E siamo qui forti anche del passato della nostra città per dire che la seconda condizione è essere responsabili verso gli altri e non chiudersi nell’indifferenza. E la statura di una città sta nella capacità di alzarsi in piedi”. E’ con queste parole che il rettore dell’università di Bologna, il prof. Francesco Ubertini, ha salutato i partecipanti alla marcia che ieri sera, 17 febbraio, si è svolta per chiedere la libertà di Patrick George Zaky, lo studente egiziano iscritto a un master dell’ateneo bolognese, da circa due settimane imprigionato nel suo paese dove era tornato per un breve periodo di vacanze con la sua famiglia.
In “piazza grande”, come amano chiamarla i bolognesi sulla scia degli indimenticabili versi di Lucio Dalla, i partecipanti alla manifestazione, all’inizio alcune centinaia, sono diventati migliaia, tra cui tantissimi studenti coetanei di Patrick ma anche lavoratori, cittadini, turisti, comitati studenteschi, docenti e personalità istituzionali come la neo eletta vicepresidente della regione Emilia-Romagna Elly Schlein. Negli interventi che si sono alternati su un piccolo palco improvvisato allestito sotto lo striscione che da quattro anni sventola dalle finestre di Palazzo d’Accursio, l’antica sede del comune felsineo, dove si chiede “verità per Giulio Regeni”, le parole “libertà” e “giustizia” sono echeggiate più volte, in sintonia con la storia della città e del suo antico ateneo.
“Nel gonfalone della nostra città campeggia una parola ed è libertà”, ha dichiarato il sindaco Virginio Merola. Fin dalle sue origini Bologna si è fondata sulla libertà, prima in virtù del suo ateneo e dopo pochi anni del suo diventare Comune libero tra i primi del panorama nazionale, in un connubio di idee e di valori stretto al punto che ancora oggi la città e il suo ateneo vengono percepiti come un’unica identità dai suoi cittadini e da chi, come Patrick, ha scelto Bologna come meta di studi e di una parte della sua vita.
Merola, al secondo mandato come primo cittadino ed esponente trentennale del PD locale, si è esposto in una promessa molto importante: quella di farsi portavoce a livello europeo, presso tante altre città universitarie europee, per fare insieme una pressione sui governi e sull’Unione Europea per azioni forti verso l’Egitto se lo studente egiziano ma bolognese di adozione, dopo l’udienza prevista per il prossimo 22 febbraio, non dovesse essere rilasciato. “La lotta al terrorismo non si fa combattendo la cultura e il sapere – ha ribadito . “Quando così è, a rischio è la pace e lo stato di diritto per tutti. Per questo Bologna non lascia solo questo suo studente che al rientro vorremmo omaggiare della cittadinanza onoraria, ma si stringe attorno a lui, ai suoi compagni e alla sua famiglia per una comune battaglia di civiltà, oltre che di vicinanza personale”.
Tra i suoi compagni e compagne di studi svettano i capelli rossi di Giada Rossi che, reduce dall’invito alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”, spiega ai cronisti che da quando Patrick è giunto a Bologna per frequentare un master sull’integrazione culturale è subito diventato uno di loro. “Siamo vicino ai suoi genitori e stiamo seguendo il più possibile, anche se con difficoltà, la sua vicenda giudiziaria e denunciando le torture e lo stato di prigionia illegittima a cui è stato violentemente sottoposto”.
Poco più in là un numeroso gruppo di attivisti dei collettivi studenteschi si esprime ancora più nettamente contro il regime di Al Sisi. Uno di loro, un ragazzo egiziano, racconta di amici incarcerati per due anni per aver disertato la leva militare: condizioni disumane, contrarie a qualsiasi ordinamento internazionale, spesso sottoposti a torture fisiche e psicologiche, lasciati per settimane al buio e con scarsissimo cibo, così come centinaia di oppositori politici. Una situazione inaccettabile, ma che non impedisce al regime di Al Sisi di commerciare con tutto il mondo occidentale e di comperare da esso, Italia in primis, armi e strumentazione militare.
Con le note di “Image” intonate da altri compagni di Patrick dopo aver letto in quattro lingue i principi di rispetto e di libertà cui si ispira il suo corso di studi, che si mescolano a quelle di “Bella ciao”, si conclude la manifestazione dopo un paio di ore in cui Bologna ancora una volta ha dato prova del suo coraggio nel dire di no a ogni forma di violenza e di autoritarismo. Ora è tempo di azione e di mantenere fede alle promesse di pressione anche sul governo nazionale per chiedere e ottenere la libertà del giovane Patrick.