L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) è preoccupata per l’intensificarsi della guerra civile in Camerun e chiede una maggiore e più efficace tutela della popolazione civile nel paese. Negli scorsi sei giorni almeno 33 persone sono state uccise durante attacchi a villaggi nella regione anglofona. L’APM è particolarmente preoccupata per la violenza, la mancanza di diritto e l’arbitrarietà imperante nella regione della minoranza anglofona. Tutte le parti in causa, dichiara il direttore dell’APM Ulrich Delius, devono assumersi la responsabilità della tutela della popolazione civile e affinché ciò accada è importante che i responsabili delle violenze vengano perseguiti legalmente.
I conflitti scoppiati nel 2017 nelle regione anglofona del paese che invece è a maggioranza francofona, hanno già causato la morte violenta di ca. 3.000 civili. Circa 680.000 persone sono in fuga di cui quasi 60.000 si sono rifugiati nella vicina Nigeria. In seguito agli attacchi armati della scorsa settimana, altre 8.000 persone hanno cercato riparo in Nigeria. Durante l’attacco al villaggio di Ntumbo, avvenuto lo scorso 14 febbraio, sono state uccise 22 persone, di cui 14 erano donne e bambini.
In gennaio 2020 il governo del Camerun ha annunciato lo spostamento nella regione di ulteriori 1.000 uomini delle forze di sicurezza con il compito di sedare le rivolte dei movimenti anglofoni. Ancora non è chiaro chi siano i responsabili delle recenti violenze ma secondo l’APM è evidente che l’aumento delle forze di sicurezza non ha comportato maggiore sicurezza per la popolazione. Per l’APM, il conflitto nella regione abitata dalla minoranza della popolazione anglofona difficilmente potrà essere risolto con la violenza ma necessita di una soluzione politica.