La rete No CPR è proprio una rete e come tutte le reti va riparata perché sia forte e resistente. Ieri a Milano, un altro piccolo passo in questa direzione, ostinata e contraria.
Università statale, a 30 anni dalla Pantera. Un’aula quasi piena, studenti e non studenti ascoltano in silenzio. Il giovane turco Deniz Resit Pinaroglu parla in turco, sembra non fermarsi mai, il traduttore suda, aspettando di parlare. Ma la sala è in silenzio come se capisse il turco. I soprusi che ha vissuto nel CPR di Torino, la sua resistenza, lo sciopero della fame, 25 giorni. E sì che è già esile, come avrà fatto?
Ce l’ha fatta, ma si considera un privilegiato: sapeva cosa sia uno sciopero della fame, come procedere, su cosa far leva, come comunicare all’esterno. Ma intanto nei liquidi che beveva gli mettevano tranquillanti, anche a lui, come a tutti gli altri.
E poi la lingua. Come comunicare con i compagni di sventura? Una fatica enorme. E sì, anche nei campi di concentramento c’erano coloro che stavano meglio e coloro che stavano peggio, la solidarietà o il “mors tua vita mea” era nella medesima proporzione che nel resto della società. Perché dovrebbe essere diversamente?
Lo slavo che si unisce a lui nello sciopero della fame ha una crisi epilettica che questi “operatori” non sanno come gestire. “Operatori”, che dovrebbero essere quelli più “vicini” ai reclusi e che URLANO SEMPRE. E il giovane turco che racconta: solo rispondendo con le urla “stavano al loro posto”. E sennò polizia, esercito, guardie private.
Ma dove siamo?
Cercate l’ultimo numero di Left e l’ottimo libretto sui CPR “Mai più – la vergogna dei lager per immigrati” di Yasmine Accardo (Campagna LasciateCIEntrare), e Stefano Galieni (Left).
Che il giorno della memoria “non CI rimanga in tasca”.
Qui il link per rivedere tutto:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=638608450043998&id=360195841218595
Grazie alla rete Mai più lager-No Cpr e a tutti e tutte coloro che da un anno e mezzo si battono perché non apra il centro di via Corelli.
Ora è il momento di premere sull’acceleratore.
Finale: alle 19 entra una bidella. “L’università chiude, dovete uscire….” Le persone avrebbero voglia di rimanere, hanno altre domande da fare, vogliono sapere. Qualcuno fa la battuta: “Ci spiace… L’università è occupata….”. Per ora è una butade, ma le pantere di solito ritornano…