Ingiustizia è fatta. La condanna a 5 anni e 11 mesi di carcere, che si aggiungono ai 10 anni per una precedente sentenza, per Ahmet Altan è ormai definitiva, passata in giudicato dopo la conferma della sentenza da parte della Corte di appello di Istanbul.
Il giornalista ed intellettuale turco dovrà così scontare fino all’ultimo giorno di prigione solo per aver criticato il presidente Recep Tayyip Erdogan. Le accuse a suo carico sono, per l’appunto, di “offese al presidente” è “propaganda del terrorismo”.
Altan, dopo aver trascorso poco meno di tre anni in cella, era stato raggiunto da un nuovo mandato di arresto lo scorso 12 novembre dopo appena 9 giorni di libertà vigilata. La misura cautelare era stata decisa da una tribunale di Istanbul il 4 novembre dopo il verdetto del nuovo processo per le accuse di terrorismo ripetuto perché la Corte Costituzionale aveva fatto cadere le accuse più gravi di “tentativo di sovvertire l’ordine costituzionale”, ovvero di aver ordito il fallito golpe in Turchia del 15 luglio 2016. Insieme ad Altan era stata condannata a 8 anni e 9 mesi la collega e noto volto televisivo Nazli Ilicak.
Le dure pene erano state sollecitate dal pubblico ministero, che aveva invece chiesto l’assoluzione per il fratello di Ahmet, l’economista e accademico Mehmet Altan, già libero da giugno 2018. Le richieste, formulate dopo che la sentenza di condanna all’ergastolo emessa nei confronti dei 3 nel marzo 2018 era stata rovesciata dalla Corte d’appello a luglio, sono state accolte in toto dai giudici del nuovo processo.
I tre erano finiti sul banco degli imputati con l’accusa di essere affiliati alla rete golpista di Fetullah Gulen, ritenuto la mente del tentato golpe dell’estate 2016 e di aver utilizzato una trasmissione televisiva per inviare messaggi subliminali per favorire il golpe. Accuse inconcepibili quanti ridicole che, seppur in parte ridimensionate, hanno portato in carcere una tra le più autorevoli voci turche che ancora oggi, nonostante il carcere, resta libera.