Il 25 gennaio saranno trascorsi quattro anni dal rapimento di Giulio Regeni. Numerosi aspetti sono emersi nell’ultimo anno grazie al lavoro dei magistrati italiani, alla pressione dei media, e soprattutto grazie alla tenacia dei genitori di Giulio che hanno respinto bugie, depistaggi, omertà e non si sono mai accontentati delle verità di comodo. Ma c’è ancora molta strada da fare per ottenere verità e giustizia. Ne parliamo con Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni.
Nell’ultima telefonata il presidente del Consiglio Conte avrebbe sollecitato quello della Repubblica Araba d’Egitto, Abdel Fattah Al Sisi all’urgente rilancio della collaborazione giudiziaria. La collaborazione si era di nuovo interrotta o di fatto non è mai del tutto iniziata?
Qualsiasi tipo di collaborazione, se cosi vogliamo chiamare lo stillicidio di informazioni fornite da parte egiziana, intervallato peraltro continuamente da oltraggiosi depistaggi e lunghissime battute d’arresto, si è interrotta di fatto 14 agosto del 2017 quando è stato deciso il reinvio dell’ambasciatore in Egitto.
Neppure dopo l’iscrizione nel registro degli indagati dei 5 funzionari egiziani a dicembre del 2018 o dopo l’ultima rogatoria dell’aprile 2019 si sono avute risposte concrete dall’Egitto.
Gli esami dei medici legali in Italia sul corpo di Giulio hanno dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese. I depistaggi hanno riguardato pertanto anche l’autopsia?
Il medico legale egiziano dopo il ritrovamento del corpo di Giulio che presentava evidenti segni di tortura ha platealmente mentito sostenendo che la morte era stata determinata da un incidente stradale.
Credevano di metterci a tacere liquidando cosi l’omicidio di Giulio. Questi quattro anni di lotta collettiva e risoluta, il lavoro instancabile della procura e degli investigatori italiani, il sostegno di una moltitudine di cittadini in tutto il mondo hanno forse fatto capire al regime egiziano che si sbagliava: non ci siamo mai accontentati di verità di comodo e non ci fermeremo finché non avremo giustizia e verità.
Insieme alla famiglia di Giulio continuate a chiedere il ritiro dell’ambasciatore italiano dal Cairo?
Chiediamo il richiamo dell’ambasciatore Cantini per consultazioni. Perché la sua missione, che sulla carta era quella di agevolare la richiesta di verità e il raggiungimento della giustizia, è clamorosamente fallita. Occorre dare un segnale alle autorità egiziane della forza e della dignità del nostro Paese.
Quasi quattro anni dal rapimento e dall’uccisione di Giulio. Sarete anche quest’anno a Fiumicello in una cerimonia silenziosa. Tv, stampa e associazioni stanno tenendo sufficientemente accesi i riflettori?
Sì, soprattutto ci saranno gli amici di Giulio e nostri. Le persone che Giulio conosceva e quelle che hanno imparato a conoscerlo e a starci vicini da quel 25 gennaio di 4 anni fa.
Quest’anno in contemporanea con Fiumicello anche Assisi alle 19.41, in occasione del “Sinodo dei Giornalisti” si collegherà in diretta con Fiumicello per un abbraccio della comunità dei giornalisti