Gli incendi degli ultimi mesi hanno colpito l’Australia fino a renderla palcoscenico di uno scenario apocalittico.
I roghi hanno devastato il suolo, ucciso milioni di animali e sfollato migliaia di persone, causando una minaccia per l’ambiente e la salute di proporzioni epiche. Il fumo ha offuscato il cielo di Sydney e Melbourne ed è arrivato fino in Nuova Zelanda. Con gli incendi che divampano da settembre e altri due mesi estivi davanti è probabile che la crisi si intensifichi. Nonostante gli oltre 80 mila chilometri quadrati già bruciati finora non è possibile stimare con certezza l’entità totale dei danni. Tuttavia possiamo analizzare l’impatto che gli incendi hanno avuto sui nei diversi ambiti del sistema agroalimentare.
La produzione
Con temperature che hanno raggiunto il record di oltre 40°C – e fino a 48°C nelle città del Nuovo Galles del Sud – la produzione alimentare è a rischio. Gli agricoltori sono stati costretti a fuggire abbandonando i terreni agricoli devastati dagli incendi e temendo il peggio per i loro animali. Le perdite di bestiame supereranno i 100.000 capi, secondo i rapporti del Ministro Federale dell’Agricoltura, colpendo così le industrie della carne e dei latticini. I produttori temono che ci sarà una carenza di latte sia a causa delle perdite di vacche da latte che per l’assenza di pascoli, che sono ormai in gran parte ridotti ad ammassi di carbone. Senza tener conto della mancanza di foraggio necessario a nutrire gli animali ancora vivi. Gli agricoltori – di piccoli e grandi terreni – sono in difficoltà. Dopo aver distrutto i loro raccolti, le fiamme hanno bruciato le infrastrutture e gli attrezzi agricoli. Anche nelle zone in cui gli incendi hanno risparmiato i terreni agricoli, il caldo e l’intensa siccità rappresentano una minaccia per la produzione alimentare. «Le melanzane e i pomodori scoppiano per il caldo» riferisce Amorelle Dempster, consigliere di Slow Food per l’Australia e l’Oceania, raccontando una conversazione con un contadino locale.
La sicurezza alimentare
L’Australia è uno dei maggiori esportatori di generi alimentari al mondo. Produce il 16% della carne bovina e l’11% del grano commercializzati a livello internazionale, oltre ad altri prodotti come latticini, noci, cereali, pesce, frutta e verdura. La crisi attuale inciderà molto probabilmente sul prezzo delle merci, e la ripresa sarà lunga e costosa. La sicurezza alimentare per le comunità locali deve essere una priorità. Migliaia di migranti climatici devono trovare un nuovo posto da chiamare casa e le comunità indigene, che per migliaia di anni hanno fatto affidamento sulla vegetazione per il loro tradizionale nutrimento, continuano a perdere la sovranità alimentare.
Biodiversità
Anche la straordinaria e unica biodiversità dell’Australia sta andando in fiamme. Milioni di animali selvatici sono morti e, mentre l’attenzione dei media si concentra solo sui koala, gran parte della perdita coinvolge anche varie specie di uccelli, insetti e altri animali più piccoli che sono vitali per il benessere degli ecosistemi oltre che per il nostro sistema alimentare. E non da meno, anche la vita marina è a rischio a causa dell’eccesso di monossido di carbonio rilasciato nell’atmosfera e che contribuisce all’acidificazione degli oceani. Infatti, l’aumento della temperatura dell’acqua sta già influenzando gli ecosistemi marini nel Mare di Tasmania.
Nel resto del mondo
Il problema, purtroppo, non è una novità. Gli incendi distruttivi e imprevedibili, come quelli che infuriano in Australia, stanno diventano la normalità in tutto il mondo. Nel 2019 altri incendi hanno colpito California, Regno Unito, Indonesia, Siberia e Amazzonia. Siamo entrati così in quella che Stephen Pyne, emerito professore dell’Università dell’Arizona, definisce come “Pyrocene”, ovvero l’Era del fuoco. Noi invece vogliamo credere che questa sia l’”era dell’azione”. È il momento per tutti noi di agire, di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla connessione tra la crisi climatica e i disastri naturali a cui stiamo assistendo, e su come le nostre azioni possono determinare un futuro migliore.
Dobbiamo sforzarci di adottare un’agricoltura rigenerativa, che risani il suolo già eccessivamente sfruttato e danneggiato. La missione di Slow Food di sostenere le economie locali composte da produttori e agricoltori di piccola scala che ogni giorno forniscono e promuovono un sistema alimentare buono, pulito e giusto non è mai stata più attuale e urgente. «Questo è un appello al mondo per creare un cambiamento. Si tratta di un problema a lungo termine e la domanda è: come possiamo migliorare la situazione?» aggiunge Amorelle. Noi continueremo a riferire l’impatto che la crisi climatica sta avendo sugli agricoltori, sui produttori e sulle comunità indigene dell’Australia e gli sforzi della rete di Slow Food Australia per sostenerli.
Da Slowfood.it