La cosmogonia indigena dice che un dono, l’atto di dare, di regalare qualcosa a qualcuno, dà corpo e sostanza all’interlocutore, trasformandolo in soggetto in cui l’io si annulla per sempre. Io sono io perché esiste l’altro, il “non-io” che conferma la mia esistenza. Io esisto attraverso il “non-io” che assimilo annullandomi in lui. Donandoti la morte, tu diventi me e io divento te. Quello che per i primi missionari gesuiti era una azione di ispirazione diabolica, per le etnie indigene si trattava invece dell’atto di riconoscenza verso una alterità che, esclusivamente attraverso la sua esistenza in quanto “non-io”, poteva confermare l’unicità di ogni soggetto. Il rituale con cui il “non-io” diventava io e l’io si compiaceva nel “non-io”, era il punto culminante dell’affermazione di alterità presente in ogni cosa e confermata in quanto soggetto attraverso l’unico rapporto possibile: fondersi l’uno nell’altro. Mangiando la carne del nemico l’io si annullava nel “non-io”, e il mondo poteva ritornare nel suo ordine naturale.
In questi giorni nel parlamento Europeo si discutono i termini dell’accordo tra l’Unione Europea e il Mercosul, l’insieme dei paesi latino americani composto da Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela e, come paesi associati, il Cile, la Bolivia, il Perù, la Colombia e l’Ecuador. I ricercatori brasiliani hanno presentato i dati obiettivi che spiegano chiaramente la contraddizione su cui si basa un accordo tra blocchi economici così disuguali, come l’Europa e l’America Latina. Un accordo, diciamolo chiaramente, la cui finalità è quella di approfondire le differenze tecnologiche, le differenze sociali, non solo tra i due continenti, ma all’interno dei singoli paesi latinoamericani, la cui storia di sottomissione alle potenze europee e alle classi dominanti autoctone, dura da cinquecento anni.
La funzione non era quella di colonizzare, ma di convertire. Le lettere dei primi missionari gesuiti a Ignazio di Loyola, raccontano le mille difficoltà affrontate per portare a termine una simile impresa: convincere gli indios a vestirsi, a possedere una sola moglie, a imparare le litanie, a credere nella Santissima Trinità, e soprattutto farli desistere dal mangiare carne umana. Raccontano i missionari in che modo, obbligato dalla stessa presenza fisica della Chiesa, il demonio avesse abbandonato l’Europa e scelto proprio il Brasile per praticare le sue malefatte. Gli indios docili e umili, capaci di riconoscenza e desiderosi di imparare “le sacre cose”, erano però terribilmente incostanti, volubili e incapaci di seguire qualunque disciplina. L’assenza di un dogma a dirigerne la vita e per il quale morire, l’assenza di un Re, di un potere centrale da cui dipendere, li rendeva refrattari al concetto stesso di obbedienza: a un superiore, a una legge, a Dio. Un terreno fertile per il demonio: il cannibalismo ne era la prova assoluta.
La relazione commerciale del Mercosul con l’Unione Europea è assolutamente disuguale, dice la professoressa Larissa Bombardi. Una relazione di dipendenza forgiata sull’esportazione di materie prime e di prodotti agricoli e sull’importazione di prodotti industrializzati dall’altissimo valore aggiunto: in un solo anno, sei miliardi di dollari in soia. Un dollaro di soia esportato in Europa corrisponde a due dollari importati sotto forma di macchinari. Abbiamo esportato commodities (prodotti agricoli quotati in borsa con il rendimento stimato sui raccolti futuri, non ancora avvenuti) e bio combustibili per uso industriale, e diminuito la produzione di generi alimentari essenziali, causando aumento dei prezzi e difficoltà di accesso per la popolazione più povera. Questo tipo di relazione sta alla base del disastro ambientale e umano in cui il Brasile è sprofondato. L’agricoltura per il mercato esterno dipende dall’uso dei pesticidi prodotti dall’Unione Europea ma il cui uso in loco è proibito.
Convincere gli indios con le buone diventava controproducente: anni di paziente lavoro catechista venivano buttati via in un attimo quando rifiutavano il battesimo, soprattutto se somministrato in articulo mortis. L’aspersione dell’acqua sul capo del morente avrebbe fatto marcire il corpo per l’eternità. Ecco allora che si prese la decisione: la guerra giusta. Si doveva intervenire, ma non più come si era fatto fino ad allora, attraverso le razzie aleatorie con lo scopo di catturare qualche decina di indios per farli lavorare nelle fazendas. La guerra giusta era una guerra vera e propria: l’ordine del governatore, soldati, cannoni… Salvare le anime anche a costo di ammazzare i corpi era una questione di Stato. I corpi sottratti al massacro avrebbero aiutato nella coltivazione della canna da zucchero, la prima delle grandi commodities brasiliane.
I prodotti velenosi, fabbricati in Europa ma di cui ne è vietato l’uso, sono venduti al Brasile che li utilizza nella coltivazione della soia e dell’etanolo – derivato proprio da quella canna da zucchero per la quale si schiavizzarono prima gli indios e poi milioni di africani – prodotti che a tempo debito saranno esportati in Europa. Una contraddizione schizofrenica su cui è fondata la relazione di dipendenza tra chi vende e chi compra, tra chi ti frega e chi ti fregherà successivamente, tra chi è fregato adesso e chi lo sarà dopo. Un traffico di veleno intercontinentale. Si calcola che il territorio brasiliano dedicato a questo tipo di coltivazioni sia equivalente a quello di una Germania e mezza. L’avanzo esponenziale della distruzione amazzonica lo si deve all’incentivo governativo per la produzione di derivati agricoli coltivati a forza di pesticidi europei, a discapito dei prodotti alimentari di prima necessità.
Quello che i missionari non potevano concepire era il legame tra la vittima sacrificale e il suo carnefice. Attraverso il suo gesto, il prigioniero di guerra… (le guerre indigene non avvenivano mai per questioni territoriali, ma per vendicarsi di offese ricevute) avrebbe avuto la possibilità di affermarsi sia come individuo che come signore del Tempo: invocando future vendette – “mi mangerai, come io ho mangiato i tuoi parenti; mi mangerai così come sarai mangiato dai miei” – Il futuro, il passato e il presente, riuniti nell’atto dell’uccisione del prigioniero, avrebbero potuto continuare il loro corso, non più distinti, separati e inconciliabili, ma come memoria viva di un presente che verrà. Il guerriero ucciso nel rituale veniva smembrato e cucinato e servito a tutti ad eccezione del suo uccisore che si sarebbe ritirato in isolamento per una settimana. Terminato il raccoglimento, avrebbe assunto il nome della sua vittima, sarebbe diventato un “non-io”, l’altro.
Per un missionario gesuita, tutto ciò era inconcepibile. Ci avrebbe pensato la guerra a mettere le cose a posto, la guerra giusta.
L’uso dei pesticidi, in pochissimo tempo è aumentato di quasi il cinquanta per cento. E con esso i casi di intossicazione. I dati del ministero della sanità parlano di 42.000 persone colpite negli ultimi dieci anni. Ma lo stesso ministero ammette che per ogni caso documentato ne esistono altri cinquanta non comunicati alle autorità. Dice il ministero che dal 2008 il numero verosimile di persone intossicate è di due milioni: praticamente una persona al giorno muore avvelenata dai pesticidi proibiti in Europa.
Un “indio” scenderà da un stella colorata e brillante, arriverà ad una velocità scintillante e poserà nel cuore dell’emisfero sud in un chiaro istante, dopo lo sterminio dell’ultima nazione indigena dello spirito dei passeri e le fonti di acqua limpida, più avanzato della più avanzata tecnologia… un “indio” arriverà, impavido, tranquillo e infallibile, un “indio” arriverà…
(Caetano Veloso)
https://www.youtube.com/watch?v=nd1YjMpcanQ