Dopo i recenti casi di morte all’interno di vari CPR italiani, abbiamo intervistato Alda Re di LasciateCIEntrare per cercare di capire un mondo che raramente riceve l’attenzione dei media.
Sabato scorso, dopo la realizzazione di quest’intervista, è morto a Gradisca d’Isonzo, CPR aperto di recente, un migrante georgiano, le testimonianze sono inquietanti, speriamo che si giunga ad accertare davvero le cause della tragedia.
I CPR (Centri di permanenza per il rimpatrio) sono luoghi nei quali vengono tenuti i migranti, le cui richieste d’asilo non sono state accolte, in attesa di essere rimpatriati nei paesi d’origine.
Il governo prevede di aprire altri CPR.
A Torino si terrà un presidio di tre giorni, dal 31 gennaio al 2 febbraio: https://www.facebook.com/events/3810520298961835/
Parliamo del ragazzo che è morto a luglio
Faisal, bengalese, è stato trovato morto il mattino del 9 luglio.
Aveva 32 anni ed era in questa zona che nel CPR si definisce ospedaletto; in realtà dietro il nome si mistifica una parvenza di zona dedicata alla medicina, ma di medico non c’è niente anzi non esiste neanche una presenza fissa né di infermieri né di medici.
Qui non c’è proprio quel tipo di servizio; è una zona che normalmente è deputata all’isolamento, anche se l’isolamento non è previsto per legge nel CPR perché il CPR non dovrebbe essere una carcerazione, dovrebbe essere un luogo di trattenimento in attesa dell’espulsione.
In realtà è peggio di un carcere perché non è normato ed ogni CPR viene gestito da compagnie private: qui a Torino c’è la GEPSA che oltre al CPR di Torino gestisce 11 carceri private sul territorio europeo.
Faisal è stato trovato il 9 mattino morto nel suo letto; alcune testimonianze raccontano che durante la notte lui avesse chiesto aiuto, ma non è stato riferito a nessuno, le guardie non si sono mosse, non c’era il medico presente nella struttura.
Morto di? Morte, perché nel CPR si muore perché si muore non ci sono cause.
Ovviamente parliamo di soggetti relativamente giovani ed in salute come l’ultimo morto di quattro giorni fa al CPR di Caltanissetta che aveva 34 anni.
Quindi il 9 luglio i suoi compagni lo trovano e circola questa mail che dimostra che già da giorni erano stati chiamati il 118 ed allertata la prefettura sulla presenza di soggetti che stavano male fisicamente e chiedevano supporto medico; questo supporto medico non è arrivato. La notizia arriva ai media che normalmente non si occupano dei CPR.
Chi supervisiona i CPR dal punto di vista delle istituzioni?
Il prefetto è deputato alla supervisione del CPR e normalmente rifiuta ogni richiesta di ingresso per problemi di ordine pubblico.
Neanche le ambulanze entrano e dentro il CPR ci sono svariati problemi sanitari: atti di autolesionismo perché la gente crolla, casi di persone che sono entrate dentro con il cancro o in cura per AIDS o in cura per tossicodipendenza costrette a sospendere le cure.
Quest’estate una persona completamente disabile che non era in grado di stare in piedi doveva essere legato dai suoi compagni di detenzione per accedere ai servizi igienici del CPR che sono tutte turche, fra l’altro le persone che fanno parte di categorie vulnerabili, per legge, non dovrebbero entrare nei CPR
Secondo fonti di stampa, un’altissima percentuale delle persone chiuse nei CPR hanno commesso reati di tipo sessuale
Falso, falso, completamente falso. L’internamento nel CPR, che non a caso si chiama centro per i rimpatri, è previsto prevalentemente per le persone che vivono in strada senza la legittimità di un documento quindi non possiedono un permesso di soggiorno, né sono riconosciuti come rifugiati o sotto protezione internazionale.
Una minima parte di loro arrivano dal carcere e non è mai stato fatto nessun tipo di controllo ISTAT su chi arrivi dal carcere, perché chiunque sia finito in carcere senza documenti per aver commesso un reato, anche dopo un lungo periodo di carcerazione, fa automaticamente un passaggio al CPR dove ha tempi di detenzione completamente diversi da quelli normali.
La maggior parte di chi arriva al CPR dal carcere è stato condannato per piccolo spaccio, furto, ma sono assolutamente una minima parte e tra l’altro per questi soggetti, che vengono falsamente dichiarati pericolosi, non è previsto nemmeno il rimpatrio.
Ripeto, non c’è nessuna stima che dia un’idea di chi arriva al CPR dal carcere, sono in assoluta minoranza rispetto ai numeri generali; tantomeno esistono dati sul tipo di reati contestati a questa minoranza: i dati che citi sono ovviamente un opera di disinformazione per annullare l’empatia che si può provare nei confronti di questi soggetti
Tra l’altro la mistificazione agisce anche ad un altro livello, perché proprio quelli su cui si vuole costruire l’idea del soggetto migrante pericoloso sono gli unici che non verranno rimpatriati; se tu arrivi dal carcere puoi stare al massimo 45 giorni detenuto nel CPR e quei 45 giorni non bastano a fare tutti i passaggi burocratici necessari al rimpatrio.
Questi soggetti, su cui si crea un allarmismo falso, sono gli unici che escono dal CPR con le proprie gambe, gli altri che vengono presi per strada e che per legge possono stare fino a 180 giorni nel CPR e che in realtà restano dentro proprio 180 giorni, vengono rimpatriati coercitivamente.
Questa è la realtà del CPR, una macchina che non è normata per cui ogni cooperativa o ente gestore decide cosa succede al proprio interno, ne dispone gli orari dei medici piuttosto che no; il medico è privato, non c’è nessuno aggancio tra i CPR e la sanità pubblica quindi non c’è neanche nessuna verifica; per esempio quando dicevo prima che all’interno del CPR ci entrano anche soggetti che magari la sanità pubblica prima ha trattato per una serie di patologie come il cancro, una volta entrati nel CPR interrompono tutte le terapie.
I CPR italiani sono dati in gestione a strutture private?
Assolutamente sì. Si fa una gara d’appalto al ribasso, chi vince la gara gestisce la struttura e lo Stato fornisce il servizio repressivo di controllo, all’interno del CPR ci sono sempre in contemporanea Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Forze Armate con un rapporto uno ad uno con i migranti “ospiti”.
Siete una rete di attivisti che immagino monitori la situazione…
Tenta di monitorare la situazione, nel senso che noi riusciamo a fare una buona comunicazione nei CPR come quello di Torino dove vengono lasciati i telefonini; la disposizione dell’ente gestore di Torino predispone che ogni migrante posso avere il proprio telefonino, ma gli spaccano la telecamera perché non vogliono che vengano filmate cose all’interno. L’ingegno delle persone ripara le telecamere quindi noi riusciamo ad avere un contatto quotidiano e a monitorare la situazione, ma non riusciamo a monitorare direttamente, perché la prefettura ci nega l’accesso, l’unica possibilità che abbiamo è quella di appoggiarci sui parlamentari.
I parlamentari come figura istituzionale hanno il diritto alla misura ispettiva, si possono presentare davanti a qualsiasi istituzione e richiedere di visitarla; pochissimi parlamentari sono disponibili a farlo per i CPR.
C’è una regia comune, come è stato ipotizzato, per recenti proteste che si sono verificate nei CPR italiani?
Se per regia comune intendi che da fuori attivisti e militanti di vario genere siano riusciti a mettere d’accordo tutti i CPR affinché le rivolte scoppiassero in contemporanea, la risposta è No, è falso.
La regia comune sono i CPR stessi; in ogni CPR in Italia tutte le carenze che io posso dimostrare su Torino sono presenti in vario grado a seconda dell’argomento di cui parliamo: il cibo, l’assistenza medica, l’efficacia del rimpatrio, la violenza degli organi di controllo.
Questa è la regia comune: il CPR è veramente un pozzo nero in cui il degrado a cui vengono sottoposte queste persone è altissimo.
Parliamo di strutture che per lo più sono fatiscenti: quest’estate hanno fatto girare video in cui in un CPR durante un temporale estivo pioveva dal tetto e scorreva l’acqua sui fili elettrici nelle zone dove le persone dormono.
Nelle stanze quattro per quattro metri ci dormono normalmente sette persone con un bagno adiacente in cui non c’è neanche la porta di divisione e in quella stanza devono consumare anche i pasti, contravvenendo a tutte le norme igieniche.
I pasti arrivano ovunque di bassissima qualità e ovunque sono insufficienti, non si può fare neanche un caffè, non c’è niente.
Quindi se di regia comune si può parlare è quella dello Stato che costruisce questi pozzi neri e mette le persone nella condizione di esplodere perché non hanno nessun altro modo di dimostrare la propria contrarietà a come vivono: se la società civile viene completamente espulsa loro come fanno a richiamare l’attenzione su di sé, come fanno a liberarsi da un gioco che li mette nella condizione di essere rimpatriati coercitivamente verso un luogo dove la maggior parte delle volte sono scappati e magari sono arrivati in Italia per pura fortuna perché sanno che moltissimi sono morti.
Pochi giorni fa è morto un ragazzo a Caltanissetta che cosa ci puoi dire?
E’ morto di morte. Non lo sappiamo come. La salma viene presa e portata, fuori ci sarà poi il medico legale che farà il suo lavoro. L’unico dato positivo rispetto a questo ragazzo è che siamo riusciti ad avvisare subito la sua famiglia perché invece nel caso di Faisal siamo riusciti ad avvisare la sua famiglia a dicembre mentre lui è morto a luglio.
I suoi compagni di sventura dicono che non stava bene, diceva di avere mal di stomaco ed era indebolito dalle condizioni di vita nel CPR: fai conto che nei primi due mesi di detenzione quasi tutti perdono almeno 10 kg di peso sia per lo stress che per colpa del cibo perché veramente è di bassissimo livello.
In un CPR il medico, come ti dicevo, è privato e non c’è sempre modo ottenerlo. Noi abbiamo denunciato vari casi di intervento sanitario tardivo o insufficiente: ad esempio un migrante tenta l’impiccagione, viene tirato giù dai compagni e visitato da un medico dopo tre ore che gli suggerisce di stare disteso per un po’. Un altro ingoia le pile e del detersivo, chiamiamo da fuori l’ambulanza che non arriva perchè non la fanno entrare, chiamiamo il centro anti-veleni che ci impone di portarlo immediatamente in ospedale, come se noi potessimo farlo. Il medico del CPR gli prescrive una purga e lo rimpatriano 4 giorni dopo con ancora tutto lo stomaco.
L’unica cosa che è uscita anche sui giornali perché è stata dichiarata in tribunale dal medico responsabile del CPR di Torino è l’abbondante utilizzo del Rivotril, un farmaco che viene utilizzato per trattare l’epilessia e che quindi combina nei propri effetti un calmante per la testa ed è un miorilassante.
Quindi questo farmaco viene distribuito in maniera coatta…
No, questo farmaco viene distribuito su richiesta solo che la pressione vitale dentro il CPR è molto alta e normalmente viene anche richiesto dalle persone, poi abbiamo avuto moltissime volte la denuncia del sospetto di utilizzo di questo farmaco all’interno dei pasti, pasti dopo i quali molti denunciano sonnolenza, addormentamento, il corpo che molla, sospetto che non si può provare non potendo analizzare il pasto.
In un articolo sull’ultima manifestazione che c’è stata davanti al CPR di Torino i manifestanti sono stati etichettati come anarchici. L’attivismo che riguarda la situazione dei CPR è un attivismo formato da persone che possono essere a tuo parere etichettate come anarchici?
Si, nel senso che questo argomento tocca veramente poca società civile: c’è una buona base anarchica che se ne occupa da sempre e una parte di attivisti che viene dal mondo dell’associazionismo.
L’attività di denuncia sul CPR paga pegno alla mala informazione ed alla disinformazione perché su questo argomento si muovono veramente entrambe: dichiarare che 90% dei rinchiusi nel CPR sono detenuti per reati sessuali è falso e tu che lo scrivi lo sai che è falso e lo fai solo per rompere l’empatia; poi c’è la malainformazione cioè il fatto che del CPR banalmente non se ne parli mai e che quando se ne parla sembra quasi che sia una macchina che funziona, ma se si considera che, con tutti i soldi che si spendono per il sistema dei CPR, con tutte le vessazioni che si fanno patire alle persone, si rimpatriano una media di 150-200 persone al mese evidentemente i CPR non funzionano per quelli che sono dentro la macchina, il CPR funziona fuori perchè è una macchina con cui si controllano i grandi numeri: se io che sono un migrante arrivo sul territorio italiano, non mi viene riconosciuto nessun diritto, mi tocca accettare il lavoro nero e lo sfruttamento e soprattutto entro nelle pieghe sociali di chi scompare perché sennò devo iniziare il gioco dell’oca e ripartire da dove sono partito.
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Una mattina normale al CPR si svolge così: la sveglia avviene come se fossimo in caserma, tutti di colpo sono messi in piedi e iniziano quelli che io definisco, senza temere di sbagliare, rastrellamenti perché quando tu vieni rimpatriato nessuno te lo comunica, non hai neanche modo di dirlo alla tua famiglia; al mattino ti svegli passano gli ispettori ti guardano, lo sguardo viene posato su di te, 1..2..3 viene spostato immediatamente in celle sotterranee da cui inizi ad aspettare qualche Charlie, così vengono definiti gli operatori civili della struttura, vada a recuperare le tue quattro cose, te le portano in cella e tu aspetti il blindato della polizia che ti trasporterà all’aeroporto, il cellulare ti è già stato tolto e tu non puoi avvisare nessuno.
Se arrivi in aeroporto sanguinante per gesti autolesionisti o per le botte dei tuoi accompagnatori il comandante dell’aereo può rifiutare di imbarcarti, ma vieni imbarcato sull’aereo dopo.
Questa è la condizione di sveglia del mattino.
Dopodiché si rientra nelle stanze da sette persone senza nessuna porta che divide dai servizi igienici e quindi la privacy è azzerata. Verso le 10 arriva una tazza di latte annacquato con due gocce di caffè e due biscotti ed una bottiglia da un litro d’acqua che dovrà bastare per tutta la giornata. Il resto della giornata passa nella più totale inattività.
Verso le 14 arriva il pranzo costituito da questi vassoietti di plastica con il cellophane sopra con una scadenza molto netta di poche ore perché in poco tempo diventa immangiabile.
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