Maria de Biase, preside virtuosa di una scuola pubblica del Cilento, racconta la storia di un progetto sostenibile realizzato con coraggio in un luogo devastato dall’inquinamento e dalla criminalità. Un’opera di recupero ecologica ed efficiente nella Terra dei Fuochi che oggi rischia di essere interrotta.
C’era un’area fortemente avvelenata a Giugliano in Campania, Terra dei Fuochi. Poi c’era un progetto di bonifica, come tanti altri, tanti milioni di euro, denaro pubblico. Ne sarebbe risultato un lavoro enorme, di asportazione di terra e veleno per portarlo chissà dove, con costi enormi. Bruttura su bruttura, devastazione su devastazione, distruzione su distruzione che avrebbe arricchito solo la camorra. Sappiamo che è così che funziona, la camorra inquina, la camorra si occupa delle bonifiche.
Invece è successo che il commissario alle bonifiche e un gruppo di studiosi della facoltà di agraria dell’università di Napoli, coordinato dal prof. Massimo Fagnano hanno realizzato un progetto differente, improntato all’attenzione ed alla cura della terra. E così nei terreni sequestrati ai clan, dov’erano stati sotterrati veleni e rifiuti industriali, è stata attivata un’opera di recupero totalmente affidata alla tecnologia e alla Natura.
Un intervento alternativo, pulito, a basso costo: sono stati piantati 20.000 pioppi, le cui radici stanno assorbendo i metalli pesanti in profondità. Il terreno è stato cosparso di compost arricchito con batteri capaci di metabolizzare gli idrocarburi. Il tutto è costato “solo” 900.000 euro rispetto ai molti milioni di euro che prevedeva il progetto iniziale. In questi anni gli alberi sono diventati un bel bosco, sono ritornati gli animali selvatici e gli uccelli, arrivano gli alunni delle scuole, le macchine monitorano la diminuzione dei veleni, un vero miracolo.
Eppure l’area non è stata affidata, il commissario da qualche settimana è in pensione e la Regione Campania non ha ancora individuato né il successore né un organismo a cui affidare il bene bonificato. Intanto da qualche mese è già cominciata la devastazione degli uffici e delle apparecchiature.
Un modello virtuoso, efficace ed efficiente, una sperimentazione ecosostenibile, un esempio di legalità che si potrebbe replicare nelle mille terre avvelenate del nostro paese rischia di essere dimenticato e, fatto gravissimo, di essere distrutto e le persone che vi hanno lavorato lasciate sole ed esposte. Persone che hanno avuto il coraggio di intraprendere percorsi differenti, di non utilizzare denaro pubblico per opere costose ed inutili, di occuparsi della nostra terra con cura per recuperare natura e bellezza.
Vorrei portare a conoscenza i grandi movimenti ambientalisti italiani di questa storia. Non vorrei apparire troppo esigente se affermo che se ne dovrebbe occupare la Politica, Libera, la Magistratura, le Associazioni, Cittadinanza Attiva, i Giornalisti sensibili ed attenti al tema e che non si lasciasse solo chi ha provato a costruire un modello di risanamento della nostra terra in maniera seria, attenta e naturale, mettendosi anche contro il grande potere della camorra. Se ci siete datemi una mano a diffondere e a condividere questa bella storia prima che diventi una storia triste.
Qualche precisazione da parte della preside Maria De Biase:
1: il commissario De Biase è stato collocato in pensione qualche settimana fa, ma questo non è determinante per l’eventuale, doverosa riconferma dell’incarico.
2: i progetti realizzati sono due: a) la messa in sicurezza della discarica RESIT, con la realizzazione del parco dei pioppi per il quale non è stato individuato l’Ente al quale il dott. De Biase dovrà consegnarlo per la manutenzione e la gestione; b) il sito di San Giuseppiello per il quale il custode giudiziario ha assegnato all’università di Napoli il compito di manutenzione e gestione. Quindi il sito a rischio è quello della RESIT.
Per saperne di più:
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