Ormai sembra una regola, magari è solo una coincidenza, ma ogni volta che la Cina si fa troppo “appariscente”, o per l’economia e la finanza, o per accordi o disaccordi bellici, compare un qualche virus che terrorizza tutto il mondo e in quattro e quattr’otto riporta la Cina “nei ranghi” e distrugge anche l’economia spicciola delle migliaia di negozietti cinesi sparsi nelle nostre città, in cui si trova di tutto (magari con qualche tara sulla qualità) per pochi spiccioli.
Stavolta è bastata un’occhiata a volo d’angelo sugli interessi e sui conflitti mondiali, nonché sulle alleanze fornite o negate dalla Cina per chiedersi quando sarebbe scoppiata la prossima terrificante epidemia. E’ bastato avere un po’ di pazienza ed eccolo qui: il tremendo corona-virus che sta terrorizzando il mondo.
Questo nuovo flagello fa parte della famiglia dei virus del raffreddore, ma a tutt’oggi non è stato ancora ricavato un vaccino per tenerlo sotto controllo.
La Tv svolge giustamente il suo ruolo informativo, ma ci sta mettendo quel pizzico di pathos in più che sembra foriero di psicosi anticinese, non per razzismo ma per terrore, fino a tenere a dovuta distanza ogni umano dagli occhi a mandorla ritenuto di per sé pericoloso solo perché appartenente all’etnia attestata dalla forma degli occhi.
Un piccolo esperimento ha confermato quanto temuto. Quattro negozi cinesi, solitamente piuttosto frequentati, in questi giorni erano vuoti: la psicosi è arrivata. Alessia, la cinesina (il vezzeggiativo è dovuto alla statura piccola e alla grazia di questa ragazza carina e palesemente orientale) che ha un negozio sempre pieno di gente in una zona di Roma sopra Trastevere, alla domanda circa il calo dei clienti ha reagito quasi piangendo e portandosi le mani alle tempie in un misto di disperazione e di sgomento ha risposto con un’altra domanda: “Ma che c’entro io che sto qui da 13 anni? Che c’entro io che sto in Italia e la Cina è così grande che non so neanche dove sta quella città del virus? Come faccio io a contagiare i clienti?”
Già, che c’entra lei? Così come verrebbe da dire che c’entravano gli italiani residenti da un secolo a New York o a Buenos Aires col colera scoppiato a Napoli mangiando le cozze crude alcuni anni fa?
Ma si sa che quando scatta la paranoia è facile trovarsi davanti inconsapevoli “untori”, che sono il frutto collaterale del virus portatore della malattia. Allora, per serietà professionale non si può far altro che indagare sulla reale portata di questa “dichiarata tremenda epidemia” che sta terrorizzando europei, asiatici, americani e forse anche africani, compresi probabilmente quelli che normalmente muoiono d’altro senza che si facciano troppe statistiche.
Dall’ultima edizione del notiziario di Rainews24 scopriamo che a tutt’oggi le vittime sono 106 e i probabili contagiati circa 4.400. Il ministro cinese intervistato dice con aria grave “Stiamo combattendo un demone”. L’inviata di redazione ci comunica che nella città “del virus”, la popolosa Wuhan di ben 11 milioni di abitanti, tutti sono terrorizzati all’idea di trovarsi accanto un “contagiato” senza sintomi, un vero e proprio involontario untore e quindi si chiudono in casa ed evitano ogni contatto. Ci comunica anche che gli italiani sono stati tutti raccolti per essere evacuati e intanto, sullo schermo, in basso, una striscia di testo informa che gli Usa stanno lavorando per realizzare un vaccino.
Gli Usa? E la Cina no? Suona strana questa notizia silente ma penetrante.
Riflettiamo su quanti abitanti ha la Cina. Tanti, oltre un miliardo. Verifico. Ne ha più di un miliardo e 436 milioni. Quindi basta una calcolatrice per scoprire che in termini percentuali i morti sono lo 0,000007 della popolazione (ovvero lo 0,0007%). Un raffronto col dato più vicino per tipo di malattia è quello dei decessi per complicanze dovute al raffreddore nel nostro paese, che conta meno di 61 milioni di abitanti. Scopro che, mediamente, ogni anno contiamo intorno ai 7mila morti, cioè circa il 12% solo per questo tipo di patologia, ma questo non ci ha portato, al momento, ad alcuna forma di psicosi, né ci ha fatto parlare di terribile epidemia.
Ma comunque la si metta e per quanti sforzi facciano le autorità cinesi, forse l’unico risultato che riusciranno ad ottenere saranno le proteste degli 11 milioni di abitanti di Wuhan chiusi in un assedio sanitario e l’accusa più o meno planetaria di essere il paese portatore di virus, bacilli e batteri che si diffondono pericolosamente per colpa delle stesse autorità che non hanno agito tempestivamente, sottovalutando questa nuova pestilenza che ha già ucciso 106 persone. Che siano 106 su 1 miliardo e 436 milioni di abitanti non viene evidenziato e, anzi, l’alto numero di cinesi diventa di per sé una minaccia di contagio.
Insomma, la Cina non si illuda di poter alzare troppo la cresta con la sua crescita economica o con il suo sostegno politico dove dice lei! E le migliaia di cinesi che ci consentivano di comprare il quaderno, la lampadina o le ciabatte a due soldi sappiano che forse dovranno chiudere i battenti, e non per la scarsa qualità della merce o per le condizioni di lavoro degli operai cinesi (che sono le stesse dei prodotti che poi col giusto brand e l’accresciuto valore economico fanno sparire ogni coscienza sociale), ma perché la paura che si fonda su basi irrazionali non è governabile dal soggetto spaventato, ma è molto ben diretta da chi la promuove. E la paura, la storia ce lo insegna, accompagnata dal rasserenante ricorso alla “sicurezza”, sa fare miracoli ben più catastrofici del virus di turno, che sicuramente esiste, ma esiste insieme agli altri centomila con i quali la nostra salute è costretta bene o male a combattere per tutta la vita.
Teniamolo presente prima di cadere nella psicosi e facciamo la dovuta attenzione, sia ai tanti virus e batteri che ai diffusori di terrore che fanno uso politico delle nostre paure e delle angosciose ricerche di sicurezza.
Ah, e non dimentichiamo che ogni anno in Italia muoiono decine di migliaia di persone a causa di batteri e virus che colpiscono le vie respiratorie e che non vengono dalla Cina, ma anche per punture d’insetti che, per coincidenza, sono assolutamente nostrani, come ad esempio le api che, sempre per coincidenza, sono pure così utili!