Cercavano di dissuadermi, mi strattonarono, qualcuno pure minacciò di tirarmi un uovo, forse marcio. Il cinema Capranichetta esiste ancora, a due passi da Montecitorio. Era l’ultimo film di Godard, la storia del Sí, la più bella delle parole, Sí. Una ragazza di oggi, o meglio, di quegli anni, riceve la visita di un misterioso messaggero che le comunica l’inaudito. Tutta presa dalla sua normalissima vita, scuola, piscina, basket e fidanzato, Maria non comprende. Rifiuta, si ribella. Dio è un vampiro, dice in un attimo di rabbia quando ormai capisce che ogni resistenza è vana e dovrà cedere. Sí, per cambiare la storia degli uomini. Sí, perché gli uomini possano cambiare la storia. Da lontano, in mezzo a un parcheggio, al rumore del traffico, avvolto nell’anonimato collettivo, finalmente il messaggero le grida: Je vous salue, Marie.
Rischiai un uovo in faccia, quasi feci a botte. Sventolavano il rosario e in braccio portavano una canonica statua, manto azzurro e velo bianco di quella stessa Maria di cui il film parlava, ma per loro molto diversa: altro che basket e piscina. Non so a che congregazione appartenessero, so solamente che volevano impedirmi di entrare al cinema e vedere quella proiezione. Qualche mese dopo il presidente brasiliano parlò alla nazione: il film di Jean-Luc Godard, il più grande cineasta del mondo, veniva espressamente proibito. Vietata la sua esibizione. Vietata la sua visione in tutto il territorio nazionale. Se davanti al Capranichetta si rischiava un pugno in faccia, un uovo marcio, in Brasile si rischiava la galera.
Oggi un giudice emette la sentenza: Netflix deve immediatamente ritirare dal suo palinsesto il film… . A giochi fatti ed elezione vinta, il neo presidente della repubblica china la testa in un gesto di devota sottomissione e lascia libero sfogo al sermone dei leader evangelico-pentecostali che lo circondano. Il nuovo governo comincia sotto l’egide del fondamentalismo religioso. Sono nominati i ministri della terra piatta, della guerra contro il marxismo, il gramscismo e il “gaysismo”, vengono emesse dichiarazioni di disprezzo contro il buonismo dei diritti umani, a favore della tortura, del controllo della moralità. Si attaccano le università pubbliche attraverso il taglio di fondi. Si sospende la ricerca scientifica colpevole di indurre la nazione nelle braccia del comunismo. Oggi vengono divulgati i dati di un sondaggio da paura: 70% dei brasiliani credono più ai leader religiosi delle sette pentecostali che agli studi degli scienziati. Non passa giorno in cui la scienza e la cultura vengano attaccati ufficialmente, sia dai ministri preposti che dallo stesso presidente. La nomina, da parte della prestigiosa rivista “Nature”, di Ricardo Galvão come scienziato dell’anno non è bastata: al divulgare i dati sulla devastazione amazzonica, venne licenziato in tronco. L’ ultimo attacco frontale ha visto lo stesso presidente della repubblica affermare che i libri di testo per gli studenti di ogni ordine e grado sono una “montagna di parole inutili che bisogna semplificare, i genitori saranno contenti perché a partire dal prossimo anno scolastico i libri avranno stampata in copertina la bandiera della patria e in prima pagina l’inno nazionale”. La cultura e le università: antro di gay marxisti; la scienza: un’inutile appendice perché tutto quello che serve all’uomo è scritto nella Bibbia. I libri: agglomerati di parole complicate che bisogna eliminare. L’arte: volgare pornografia che perverte i nostri figli e le tradizioni nazionali. E il cinema non è da meno. L’odio bolsonarista verso la settima arte viene da lontano, già dai tempi della campagna elettorale manifestava la sua intenzione di estinguere l’Agenzia Nazionale di Cinema ( Ancine ), l’organo pubblico per l’incentivo alla cinematografia. In questi ultimi anni, il Brasile si è distino internazionalmente: finanziamenti pubblici e privati insiema al sorgere di grandi registi hanno permesso al nostro cinema di raggiungere notevoli livelli artistici. Storicamente il cinema brasiliano, figlio del neorealismo, è stato lo strumento con il quale, attraverso la catarsi artistica, si sono discussi i grandi problemi nazionali. La dittatura militare degli anni sessanta e settanta mise fine agli anni d’oro. Nel decennio successivo la grande crisi economica stroncò ogni ripresa. Negli ultimi venticinque anni invece il cinema nazionale ha ritrovato se stesso e la sua capacità narrativa. Bolsonaro invece pensa il contrario, pensa che il nostro cinema è la quintessenza della perversione e ha fatto di tutto per screditare l’Agenzia Nazionale. Una volta al potere è andato oltre: ha estinto il Ministero della Cultura. Il nuovo presidente dell’Ancine, in un gesto simbolico ha fatto togliere dalle pareti della sede tutti i poster dei film nazionali più importanti, incluso i capolavori premiati a Cannes, Berlino, Venezia…
E un giudice, un solerte e zelante magistrato, oggi emette la sentenza che obbliga Netflix a ritirare dal suo palinsesto il film realizzato dal gruppo comico “Porta dos Fundos”. Nello stile demenziale di Monty Python, la famosa compagnia teatrale che da anni irride i potenti di turno, ha osato fare una parodia sui dogmi religiosi, chiamadola addirittura “Especial de Natal”, lo Speciale di Natale. Una parodia di dubbio gusto sui personaggi sacri, niente di più. Le chiese evangeliche attraverso i loro leader (molto più popolari e seguiti di qualunque scienziato…) gridano al vilipendio e lanciano gli strali dei loro anatemi, con maledizioni incluse. Qualche giorno fa un gruppo legato ai movimenti neofascisti ha attaccato a colpi di molotov la sede della compagnia teatrale. Dopo il silenzio delle autorità sull’accaduto, oggi il giudice proibisce Netflix di divulgare lo Speciale di Natale, dando un eloquente avvallo all’azione violenta che ha preceduto la sua decisione. Nella sentenza, tra le motivazioni che muovono il magistrato a intervenire, si leggono parole come Dio Patria Famiglia Morale Gioventù Perversione Etica Tradizioni Popolo…
Davanti al Capranichetta, tanti anni fa, per salvarmi dalla eresia di Godard, mi volevano picchiare. Oggi, a tutelare la mia integrità morale, ci pensa un giudice.