“Le donne curde non vanno viste solo come combattenti. La loro partecipazione nelle forze di autodifesa e’ importante, ma non va sottovalutato il loro ruolo nel sistema democratico del Rojava. Purtroppo l’aggressione della Turchia punta anche a cancellare questa nostra partecipazione”. A lanciare il monito è Haskar Kirmizigul, del Movimento donne curde, ospite a Roma della tavola rotonda ‘Rojava, sguardo oltre la guerra‘, organizzata dall’agenzia di stampa Dire in collaborazione con l’Ufficio di informazione curdo in Italia – Uiki Onlus, l’ong ‘Un Ponte Per…’ e la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (Focsiv).
L’incontro è servito a fare il punto sull’attuale situazione umanitaria nella regione nord orientale della Siria, a quasi due mesi dall’inizio dell’aggressione turca, con un’attenzione particolare al ruolo della donna nella società curda. Quest’ultima, secondo Kirmizigul, è stata e continua ad essere centrale nella costruzione della Confederazione democratica del nordest, il laboratorio di autogoverno democratico che i siriani curdi hanno avviato all’indomani della cacciata dello Stato islamico da queste terre.
“Le donne non sono solo parte della società curda, ma ricoprono ruoli di leadership nei settori economici e politico-amministrativi” ha proseguito Kirmizigul, che è anche portavoce del Comitato Jineoloji Europa. Jineoloji è una delle chiavi con cui le donne “stanno cambiando la mentalità”. Come spiega la responsabile, questa parola indica la “Scienza delle donne” (da ‘jin’, donna, in curdo, e ‘logos’, in greco, discorso). La ‘gineologia’ è il fondamento teorico in base al quale, dalle elementari fino all’università, si insegna che la società, sin dai primordi, si organizzava sul matriarcato. “Il patriarcato si è imposto dopo- ha detto Kirmizigul- ed è ora di recuperare le nostre radici e riprenderci il nostro ruolo nel dirigere i diversi ambiti della nostra società”.
Purtroppo, l’attacco sferrato dalla Turchia con l’operazione ‘Fonte di pace’ di inizio novembre, secondo la responsabile, punterebbe anche a soffocare questo processo: “Negli 11mila combattenti rimasti uccisi, la meta’ sono donne– dice Kirmizigul- inoltre molte attivita’ economiche condotte da donne sono state interrotte. Ma noi intendiamo continuare la nostra rivoluzione, perche’ vogliamo salvare tutto quello che di utopico e importante e’ stato realizzato”.
A testimoniare questa forte resilienza è anche Martina Pignatti, responsabile Progetti di Un ponte per, la sola ong che ha continuato a lavorare nel nordest anche all’indomani dell’attacco della Turchia: “Gli attacchi non si sono arrestati, nonostante questo le donne che nel Rojava gestiscono gli enti locali, le cooperative di negozi o agricole continuano a lavorare come prima. Molte di loro- ha evidenziato Pignatti- hanno perso dei famigliari o delle risorse. Eppure continuano”. Un esempio: “proprio in questi giorni le cooperative di donne proseguono le trattative per avviare entro il prossimo anno una cooperativa per lo smaltimento dei rifiuti. Ciò dimostra la grande speranza e vitalita’ che le donne curde esprimono nonostante la guerra”.
Ne è convinto anche Gianni Del Bufalo, direttore di Focsiv: “la forza delle donne in questi giorni d’emergenza è un sostegno fondamentale per andare oltre la crisi. La Federazione sta lavorando nel nordest della Siria col progetto Humanity (rivolto più in generale ai profughi della guerra in Siria e Iraq, ndr) per sostenere le popolazioni vittime dell’aggressione lanciata dalla Turchia a inizio novembre. Il progetto e’ nato prima dell’attacco – ha chiarito Del Bufalo – e qui era volto a sostenere il rilancio dell’agricoltura per rendere il settore capace di aprirsi alle esportazioni. Lo abbiamo dovuto riadattare ma ora siamo pronti a partire al fianco di queste donne con corsi di formazione e altri tipi di sostegno”.
Yilmaz Orkan, direttore dell’Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia (Uiki), ha lanciato un appello alla comunità internazionale a soccorrere i siriani curdi del nord est: “Nella Siria settentrionale- ha detto Orkan- per la prima volta in Medio Oriente, non si vuole creare uno Stato nazione, ma una democrazia da condividere con altri popoli. Anche i due milioni di curdi che vivono in Europa devono sostenere la democrazia dei loro fratelli del Rojava”. Il responsabile quindi ha ricordato che la “rivoluzione” del Rojava non e’ solo curda: “Nella regione vivono cinque milioni di persone, di queste due milioni e mezzo sono assiri, arabi e yazidi” ha detto Orkan. Il direttore di Uiki ha aggiunto: “Sono tutti ugualmente vittime del tentativo di pulizia etnica, in Turchia oggi vivono solo 2mila assiri, da un milione che ne vivevano solo alcuni anni fa. Circa 500mila yazidi curdi sono scappati in Germania”.
“Dopo l’aggressione turca tutto è cambiato” ha denunciato in un videomessaggio inviato all’agenzia da Qamishlo Jamila Hami, la co-presidente della Mezzaluna Rossa Curda. Hami ha aggiunto: “I turchi Hanno fatto qualsiasi cosa per colpire i civili, e le battaglie di Serekaniye e Tell Abyad hanno iniziato a estendersi lungo tutto il confine. È difficile raccontare quello che vediamo, ma la cosa più difficile è vivere di persona certi momenti”.
“Le donne curde non vanno viste solo come combattenti. La loro partecipazione nelle forze di autodifesa e’ importante, ma non va sottovalutato il loro ruolo nel sistema democratico del Rojava. Purtroppo l’aggressione della Turchia punta anche a cancellare questa nostra partecipazione”. A lanciare il monito è Haskar Kirmizigul, del Movimento donne curde, ospite a Roma della tavola rotonda ‘Rojava, sguardo oltre la guerra‘, organizzata dall’agenzia di stampa Dire in collaborazione con l’Ufficio di informazione curdo in Italia – Uiki Onlus, l’ong ‘Un Ponte Per…’ e la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (Focsiv).
L’incontro è servito a fare il punto sull’attuale situazione umanitaria nella regione nord orientale della Siria, a quasi due mesi dall’inizio dell’aggressione turca, con un’attenzione particolare al ruolo della donna nella società curda. Quest’ultima, secondo Kirmizigul, è stata e continua ad essere centrale nella costruzione della Confederazione democratica del nordest, il laboratorio di autogoverno democratico che i siriani curdi hanno avviato all’indomani della cacciata dello Stato islamico da queste terre.
“Le donne non sono solo parte della società curda, ma ricoprono ruoli di leadership nei settori economici e politico-amministrativi” ha proseguito Kirmizigul, che è anche portavoce del Comitato Jineoloji Europa. Jineoloji è una delle chiavi con cui le donne “stanno cambiando la mentalità”. Come spiega la responsabile, questa parola indica la “Scienza delle donne” (da ‘jin’, donna, in curdo, e ‘logos’, in greco, discorso). La ‘gineologia’ è il fondamento teorico in base al quale, dalle elementari fino all’università, si insegna che la società, sin dai primordi, si organizzava sul matriarcato. “Il patriarcato si è imposto dopo- ha detto Kirmizigul- ed è ora di recuperare le nostre radici e riprenderci il nostro ruolo nel dirigere i diversi ambiti della nostra società”.
Purtroppo, l’attacco sferrato dalla Turchia con l’operazione ‘Fonte di pace’ di inizio novembre, secondo la responsabile, punterebbe anche a soffocare questo processo: “Negli 11mila combattenti rimasti uccisi, la meta’ sono donne– dice Kirmizigul- inoltre molte attivita’ economiche condotte da donne sono state interrotte. Ma noi intendiamo continuare la nostra rivoluzione, perche’ vogliamo salvare tutto quello che di utopico e importante e’ stato realizzato”.
A testimoniare questa forte resilienza è anche Martina Pignatti, responsabile Progetti di Un ponte per, la sola ong che ha continuato a lavorare nel nordest anche all’indomani dell’attacco della Turchia: “Gli attacchi non si sono arrestati, nonostante questo le donne che nel Rojava gestiscono gli enti locali, le cooperative di negozi o agricole continuano a lavorare come prima. Molte di loro- ha evidenziato Pignatti- hanno perso dei famigliari o delle risorse. Eppure continuano”. Un esempio: “proprio in questi giorni le cooperative di donne proseguono le trattative per avviare entro il prossimo anno una cooperativa per lo smaltimento dei rifiuti. Ciò dimostra la grande speranza e vitalita’ che le donne curde esprimono nonostante la guerra”.
Ne è convinto anche Gianni Del Bufalo, direttore di Focsiv: “la forza delle donne in questi giorni d’emergenza è un sostegno fondamentale per andare oltre la crisi. La Federazione sta lavorando nel nordest della Siria col progetto Humanity (rivolto più in generale ai profughi della guerra in Siria e Iraq, ndr) per sostenere le popolazioni vittime dell’aggressione lanciata dalla Turchia a inizio novembre. Il progetto e’ nato prima dell’attacco – ha chiarito Del Bufalo – e qui era volto a sostenere il rilancio dell’agricoltura per rendere il settore capace di aprirsi alle esportazioni. Lo abbiamo dovuto riadattare ma ora siamo pronti a partire al fianco di queste donne con corsi di formazione e altri tipi di sostegno”.
Yilmaz Orkan, direttore dell’Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia (Uiki), ha lanciato un appello alla comunità internazionale a soccorrere i siriani curdi del nord est: “Nella Siria settentrionale- ha detto Orkan- per la prima volta in Medio Oriente, non si vuole creare uno Stato nazione, ma una democrazia da condividere con altri popoli. Anche i due milioni di curdi che vivono in Europa devono sostenere la democrazia dei loro fratelli del Rojava”. Il responsabile quindi ha ricordato che la “rivoluzione” del Rojava non e’ solo curda: “Nella regione vivono cinque milioni di persone, di queste due milioni e mezzo sono assiri, arabi e yazidi” ha detto Orkan. Il direttore di Uiki ha aggiunto: “Sono tutti ugualmente vittime del tentativo di pulizia etnica, in Turchia oggi vivono solo 2mila assiri, da un milione che ne vivevano solo alcuni anni fa. Circa 500mila yazidi curdi sono scappati in Germania”.
“Dopo l’aggressione turca tutto è cambiato” ha denunciato in un videomessaggio inviato all’agenzia da Qamishlo Jamila Hami, la co-presidente della Mezzaluna Rossa Curda. Hami ha aggiunto: “I turchi Hanno fatto qualsiasi cosa per colpire i civili, e le battaglie di Serekaniye e Tell Abyad hanno iniziato a estendersi lungo tutto il confine. È difficile raccontare quello che vediamo, ma la cosa più difficile è vivere di persona certi momenti”.