Da marzo 2018 ad oggi “la storia di un borgo che ha fatto storia”
Nel marzo 2018 Matteo Salvini diviene Ministro degli Interni.
Tra le sue prime dichiarazioni: “Domenico Lucano è uno zero”. Il progetto di demolizione dell’accoglienza era ancora abbozzato, ma intanto arrivano le ruspe a San Ferdinando, la stampa e i social pubblicano proclami dell’uomo forte del momento, messaggi di odio verso i migranti, le Ong. Riace intanto assiste allo svuotamento del paese: i migranti ospiti cercano nuove patrie, famiglie di nuovo in marcia, scuola chiusa… niente più bambini. Cala il sipario. Domenico Lucano è esiliato come se fosse un pericoloso mafioso. Intanto si avvicinano le elezioni comunali e già da tempo si assiste a strane manovre, nasce la sede di “Noi con Salvini”, il cui segretario, Claudio Falchi, eletto consigliere nel maggio 2019, si è poi recentemente dimesso, ufficialmente “per motivi familiari”, ma, guarda caso, lo stesso giorno in cui la prefettura lo ha dichiarato ineleggibile a causa di una condanna per bancarotta rimediata nel 2003. “Bisogna riportare la legalità a Riace” diceva in campagna elettorale, con l’appoggio incondizionato del mitico Capitano. La sua lista era guidata da Antonio Trifoli, noto vigile urbano del paese. E vince. In quegli stessi giorni il Ministro Salvini promuoveva Michele di Bari, prefetto di Reggio Calabria, Capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. Era il 14 maggio 2019. Un segnale chiaro di come sarebbero andate le cose in tema d’immigrazione. Michele di Bari è noto per essere stato un prefetto “poco sensibile alle problematiche dei migranti”, per usare un eufemismo.
Trifoli, grazie ai voti di Riace Marina ce la fa. Il suo mandato, come vedremo, durerà poco e passerà alla storia per avere usato tutte le sue energie e poteri per demolire quanto era stato costruito dall’amministrazione Lucano. Spinto dal sacro fuoco della “normalizzazione di Riace” spara a zero su tutto: via il cartello del Sentiero dell’Acqua, via i cartelli “Riace paese dell’accoglienza”, via persino quello su Peppino Impastato. Già, che c’entra Peppino Impastato, ucciso dalla mafia, in terra di ‘Ndrangheta? I santi patroni Cosma e Damiano, diventano Cosimo e Damiano… non sia mai che a qualcuno salti in mente di cercarne le origini e scoprire così che erano siriani, venuti dal mare, professavano la medicina e curavano i bisognosi.
Insomma, da quando è stato eletto, Antonio Trifoli si distingue per la sua forte necessità di negazione, di cancellare con segnali propagandistici tutto quello che appartiene al Lucano pensiero: persino l’ambulatorio medico gestito dai volontari dell’associazione Jimuel deve sloggiare. Un’iniziativa impopolare che colpisce non solo i migranti ma tutti i cittadini meno abbienti che usufruivano di un servizio professionale libero e gratuito. Trifoli si fa persino fotografare mentre riprende le scene dello sgombero. Sul perché Trifoli collezioni così tante iniziative impopolari, ben oltre il mandato “leghista” che nuocciono soprattutto alla sua immagine, sono stati in tanti a chiederselo, riacesi compresi. Prendere il posto di Domenico Lucano era una sfida complessa, ma anche una grande opportunità. Avrebbe potuto fare tante cose, il sindaco Trifoli e sfruttare la popolarità che gli derivava dalla situazione. Invece no. Si limita a disfare. E mentre in Italia si assisteva all’entrata in vigore del primo Decreto Sicurezza con lo smantellamento degli Sprar e in Calabria Domenico Lucano continuava il suo esilio, arrivava alla Procura di Locri un esposto sulla incandidabilità di Antonio Trifoli presentato da Maria Spanò, capolista della lista “Il cielo sopra Riace”, sconfitta alle elezioni comunali. Oggi sappiamo che il Tribunale di Locri ha stabilito che Trifoli non poteva partecipare alle elezioni perché era un dipendente dello stesso Comune, assunto a tempo determinato come vigile urbano e non poteva godere dell’aspettativa non retribuita per motivi elettorali da lui richiesta (e che una volta eletto sindaco aveva continuato a concedere a se stesso). In attesa dell’appello, la Prefettura ha disposto che decaduta la carica di sindaco del sig. Trifoli, ora le funzioni saranno svolte dal Vice sindaco.
In tutto questo caos, da tutta Italia e grazie anche alla Fondazione E’ stato il Vento, si cercava il modo di difendere il villaggio dell’accoglienza, ripartire da quello che c’era e ridare la speranza. Una raccolta fondi ancora aperta ha permesso il restauro di alcuni edifici, la riapertura delle botteghe artigiane, il sostegno a quelle famiglie lungo permanenti rimaste a Riace. E’ stato possibile completare il frantoio di comunità per la produzione di olio extravergine di altissima qualità che ha permesso l’impiego di circa venti persone tra migranti e riacesi. Il nuovo frantoio è un modello tecnicamente all’avanguardia e questo progetto ha coinvolto e rivitalizzato tutto il paese, anche perché la raccolta delle olive e la produzione dell’olio fanno parte della tradizione riacese sin dai tempi più antichi. Nel mese di ottobre è iniziata la raccolta delle olive e oggi è finalmente pronto l’olio.
La produzione e la vendita dell’olio rappresentano il futuro non solo per chi ci lavora, ma anche per noi tutti: acquistare l’olio di Riace significa portare a casa non soltanto un prodotto di altissima qualità, ma anche la speranza della rinascita di questa comunità, nonostante tutto. Un riscatto nato dal basso, con pochi mezzi a cui ognuno di noi partecipa come può.
Ordinare l’olio di Riace è semplicissimo, basta scrivere una mail a:
frantoio.oleario.riace@gmail.com
Disponibili latte da 5 litri e da 10 litri
Costo: 9 euro al litro per l’extravergine
10 euro al litro per l’extravergine biologico
Si consiglia l’acquisto collettivo per abbattere le spese di spedizione, che sono a carico dell’acquirente.