Lo scorso 10 dicembre un uomo ha ucciso 6 persone prima di suicidarsi presso l’ospedale universitario di Ostrava, nell’est della Repubblica Ceca. Il serial killer, un operaio 42nne, era convinto di essere malato e di non essere preso sul serio dal personale medico. Una strage che mette l’accento sulla libertà di procurarsi armi nel paese centroeuropeo.
La strage di Ostrava è la peggiore in Repubblica Ceca dal 2015, quando Zdeněk Kovář uccise otto persone in un ristorante di Uhersky Brod. L’assassino, nonostante i disturbi mentali, aveva una regolare licenza per detenere armi.
Come ricorda Giorgio Beretta di Rete Disarmo, la Repubblica Ceca è uno dei paesi UE dove vige una sorta di “diritto a detenere armi” come negli Stati Uniti, e dove è più facile procurarsi un’arma. Da cui, le stragi.
Eppure, proprio il governo di Praga l’anno scorso si era opposto alla Direttiva UE che pone limiti sul possesso di armi: “Lede i diritti dei cittadini cechi” disse il Ministro degli Interni Milan Chovanec, evocando la “libera circolazione” delle armi. La Corte UE aveva poi respinto il ricorso ceco. La direttiva, modificata dopo gli attentati di Parigi e Copenhagen, non viola la libera circolazione delle merci, secondo i giudici di Lussemburgo, perché la pubblica sicurezza prevede anche misure di natura eccezionale.
I cittadini cechi hanno il diritto di portare un’arma, incluse semi-automatiche, purché abbiano la fedina penale pulita, siano considerati di “carattere affidabile”, in buona salute, e abbiano passato un test teorico e pratico. La legge permette inoltre ai 240.000 detentori di armi di portarle con sè, purché nascoste e a scopo difesivo.
Nel 2017, su impulso del ministro Chovanec, la Repubblica Ceca ha incluso nella sua costituzione il diritto per i detentori d’armi di farne uso in caso di attacco terroristico.