Ieri a Torino i riders hanno manifestato, sfilando per le vie del centro, la loro vicinanza a Zohaib, il loro collega investito da un automobilista il 19 dicembre e tutt’ora ricoverato al S. Giovanni Bosco.
Il corteo si è fermato per degli speech davanti al comune e all’ispettorato del lavoro.
“Non si può morire per portare una pizza. Glovo schiavista sei il primo della lista” hanno inneggiato i manifestanti.
I ciclofattorini, in particolare quelli di Glovo, lamentano condizioni di lavoro estremamente difficoltose, l’azienda non fornisce loro le più elementari dotazioni di sicurezza: casco, luci, un giubbotto riflettente adeguato, hanno anche dichiarato che devono pagare il cestello a zaino che utilizzano per trasportare il cibo da consegnare.
Come ben sappiamo il loro lavoro è regolato da un software che assegna un punteggio, più il punteggio è alto e più il fattorino si vedrà assegnare ulteriori consegne, avendo l’opportunità di guadagnare di più.
Quindi se per motivi magari molto seri, o semplicemente per una settimana di vacanza, il rider smetterà di lavorare, vedrà il proprio punteggio scendere.
È eticamente accettabile che un lavoratore non abbia praticamente diritti inerenti al proprio lavoro, che le sue condizioni di vita, di essere umano, siano regolate da un algoritmo?