Marco Cappato è stato assolto dopo essere stato accusato di aver istigato e aiutato il suicidio di Fabiano Antoniani, conosciuto a tutti come dj Fabo. L’attivista e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni rischiava dai cinque ai dodici anni di carcere.
Riprendendo la sentenza dello scorso settembre, La Corte d’Assise di Milano ha stabilito che il caso non era punibile con l’articolo 580 del codice penale, che si occupa appunto di assistenza e istigazione al suicidio.
“Fabo è stato libero di scegliere di morire con dignità”, recita la pm Tiziana Siciliano durante la lettura della sentenza. Alla fine dell’udienza, la pm avrebbe poi aggiunto: “E’ una giornata storica e un grande risultato perché la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell’articolo due della Costituzione che mette l’uomo al centro della vita sociale e non anche lo Stato. Ora è compito del legislatore colmare le lacune che ancora ci sono”.
LA VICENDA
Fabiano Antoniani nel febbraio 2017 avrebbe chiesto supporto a Cappato. La sua richiesta era di essere portato in una clinica svizzera in modo da poter ottenere l’eutanasia per mezzo del suicidio assistito, che era legale in Svizzera ma non in Italia.
Dopo un grave incidente nel 2014, dj Fabo era diventato cieco e quasi completamente paralizzato. Visto che la patologia irreversibile gli causava grandi sofferenze fisiche e psicologiche, Cappato, da anni forte esponente e attivista dell’eutanasia legale in Italia, gli avrebbe mostrato sostegno prendendosi quindi la responsabilità di accompagnarlo in clinica. La stessa mattina del suicidio, dj Fabo lo avrebbe poi ringraziato tramite facebook per averlo aiutato e “sollevato da questo inferno di dolore”.
L’AUTODENUNCIA E IL RINVIO A GIUDIZIO
Dopo essersi autodenunciato una volta tornato in Italia, Cappato era stato quindi imputato per istigazione e aiuto al suicidio. Dopo varie udienze a fine 2017 e inizio 2018, nel febbraio dello stesso anno era stato assolto per la parte di istigazione al suicidio. Per quanto riguarda l’aiuto al suicidio invece, La Corte d’Assise aveva rinviato il giudizio alla Consulta sulla costituzionalità dell’art. 580 del codice penale.
La Corte Costituzionale aveva dichiarato di riunirsi sulla questione solo nell’ottobre del 2018. In questo modo il Parlamento – rimasto però inerte sulla questione – avrebbe avuto il tempo necessario per decidere e legiferare una chiara disciplina in materia di suicidio assistito. Sempre nell’ottobre dello stesso anno, la Consulta sospende ancora il giudizio per riconvocare una nuova udienza a settembre 2019.
ASSOLTO PERCHÉ “IL FATTO NON SUSSISTE”
Il 24 settembre 2019, la Consulta si è pronunciata ribadendo che “non è punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni”. In particolare non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20190926122152.pdf. Difatti la Corte costituzionale consegna alla Corte d’Assise il giudizio finale. Il 23 dicembre la Corte d’Assise di Milano assolve Marco Cappato perché “il fatto non sussiste”.
LA LOTTA PER L’EUTANASIA LEGALE
Con la lotta per l’eutanasia legale, l’associazione Luca Coscioni sta contribuendo ad indirizzare il nostro paese verso una direzione chiara e di maggiore libertà per tutti i cittadini. Quando si parla di questo argomento, si ribadisce la possibilità di essere liberi fino alla fine di decidere autonomamente sulla propria vita. Ricordando che la battaglia portata avanti, non obbliga nessuno a fare nulla, bensì è una possibilità che potrebbe essere data a chi decide di non restare in condizioni di sofferenza irreversibile.