Due giorni prima di Natale sono caduti i sei mesi dall’inizio del Presidio Solidale di Torino.
Il 22 di giugno 2019 sembrava il sogno sgangherato di pochi nostalgici di un tempo in cui metterci la faccia e il corpo, dire no, era considerato coraggio e non follia. Il 23 di giugno 2019 era realtà e non pochi erano i sacchi a pelo stesi a terra tra zanzare e caldo afoso.
Nove notti consecutive fino alla notizia che le persone a bordo della Sea Watch 3 erano state fatte sbarcare, e poi ancora, ogni venerdì notte, dopo aver saputo che allo sbarco era seguito l’arresto della capitana Rackete e la conferma che la legge aveva perso la bussola della giustizia in un mondo tutto al rovescio dove il bene era scambiato con il male e viceversa.
Non son bastate le piogge autunnali né il freddo invernale a fermarci, consci che per migliaia di persone migranti respinte ai confini il caldo e un tetto sulla testa sono diritti che rimangono parole ben distanti dalla realtà. Abbiamo pertanto solo cambiato giorno e orari per non perdere la partecipazione di quella parte di mondo che ha la possibilità la sera di tornare in case confortevoli e riscaldate, ma che continua a sentire la scomodità di vivere come privilegio ciò che dovrebbe essere di tutti. Anche l’agio può essere disagio se non è condiviso.
Il presidio è anzitutto per noi un luogo partecipato e attivo per incontrarci e incontrare chi passa oltre le differenze.
Sul sagrato della chiesa abbiamo sperimentato la prossimità tra attivisti politici, anarchici, cattolici e non, associazioni, liberi cittadini. Ci siamo ritrovati a conoscerci e dormire fianco a fianco, spinti dalla sola voglia di manifestare l’accordo e l’impegno contro le ingiustizie e i trattamenti inumani subiti da uomini, compagni e fratelli apparentemente lontani da noi.
È stato un luogo di condivisione, scambio, formazione e ricchezza immensi per chi ne ha avuto contatto.
A fermarsi sono spesso i bambini e i ragazzi e questo fa ben sperare nel futuro, contraddice chi parla di perdita di valori e mancanza di impegno e protagonismo delle nuove generazioni.
Non esistono bambini indifferenti e, così, sono proprio loro a tirare la mano dei loro genitori, a chiedere di fermarsi un attimo, a lasciare segni e disegni sui post-it con le loro grafie incerte e colorate. Sono sempre loro, i bambini, a pretendere, con i loro insistenti perché, di capire cosa ci fa una barca carica di loro coetanei e delle loro famiglie in mezzo al mare respinta da ogni porto. E non si accontentano di risposte frettolose, la logica incontrovertibile dell’infanzia ha bisogno di certezze, l’uomo è animale terrestre, non è fatto per vivere in acqua.
Insegniamo ai ragazzi a ripetere a memoria le parole di Dante “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”, illudendoci che non ci interroghino sul significato, perché ci troveremmo costretti ad ammettere le nostre responsabilità nel non aver voluto o saputo seguire i consigli del padre della poesia e della letteratura italiana di cui tanto andiamo fieri.
Ma ad ogni fogliettino che si aggiunge sul muro del benvenuto steso al presidio – che bello sarebbe poter stendere anche i tanti muri tristemente eretti per dividerci sulla Terra- il Poeta torna a sorridere e noi ricominciamo a sperare che Caronte smetta di traghettare anime in un Inferno diventato terreno.
Non possiamo rimanere indifferenti davanti alle morti in mare e alle torture in Libia: le motivazioni che hanno portato alla nascita del presidio sono oggi più vive che mai.
Poiché abbiamo la sensazione che il sagrato della chiesa di San Dalmazzo sia un po’ una casa comune, fraterna e condivisa, abbiamo deciso di aspettare qua il nuovo anno, senza botti, spumante né fuochi d’artificio ma pronti a festeggiare se davvero il nuovo anno porterà a un cambiamento verso un mondo più giusto e finalmente in pace dove migrare sia per tutti una scelta e non un gioco al massacro.
Il Presidio Solidale si troverà Torino, via Garibaldi angolo via delle Orfane, dalle 22 di martedì 31 dicembre.