“Non intendo partecipare a questa specie di elezioni. Il voto di oggi è illegittimo e rischia di aggravare la crisi”. Alle 8 di stamani in Algeria si sono aperti i seggi per le presidenziali, un appuntamento che giunge otto mesi dopo le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika, sull’onda di forti mobilitazioni popolari. A parlare con l’agenzia Dire è Amin Khan, poeta e intellettuale algerino, funzionario Unesco verso la fine degli anni Ottanta e promotore della cultura algerina come motore di cambiamento sociale.
A partire dal 22 febbraio milioni di algerini in tutto il Paese sono scesi in strada ogni venerdì per chiedere non solo a Bouteflika, da 20 anni al potere, di non ricandidarsi per un quinto mandato, ma anche un rinnovo delle istituzioni ritenute appannaggio di certe elite. Oltre alle riforme democratiche, il movimento popolare ha chiesto maggiore inclusione dei cittadini ai vertici del Paese per porre fine a un “nizam”, “sistema” in arabo, ritenuto corrotto e responsabile delle difficoltà economiche del paese.
A candidarsi alle presidenziali di oggi sarebbero però solo esponenti del “nizam”: per questo i movimenti popolari hanno lanciato un appello a boicottare le urne. Khan, classe 1956, che ha conosciuto l’Algeria della guerra contro la Francia coloniale e poi l’indipendenza, si dice d’accordo con i contestatori. E spiega così la sua scelta: “Mi ritengo un partigiano della transizione democratica, frutto di un negoziato tra il potere e il movimento popolare. Solo questo permetterà di creare le condizioni politiche, giuridiche e amministrative per elezioni realmente democratiche”.
L’intellettuale continua: “I manifestanti, completamente pacifici, non si accontentano di un cambiamento di facciata, ma rivendicano la fine di un regime corrotto e la sua sostituzione con un governo democratico impegnato nella costruzione dello stato di diritto. Invece oggi il regime, imponendo agli algerini delle elezioni sotto la propria egida, nel quadro delle sue leggi e ricorrendo a tutti i mezzi di pressione a sua disposizione, dimostra di voler ignorare le istanze dei cittadini”.
Perchè per Khan, la rinascita della società civile è stata “un dono divino”. “Da tempo il governo di Bouteflika era in totale stallo” sottolinea. “L’Algeria soffre il drastico calo
delle risorse finanziarie, dilaga la corruzione, la mancanza di diritti e di libertà di espressione. Il disagio sociale è forte per via dell’alto tasso di disoccupazione e della povertà. La crisi è profonda e colpisce tutti gli ambiti della società. La gente è consapevole che tutto va ricostruito dalle fondamenta. Secondo l’intellettuale, “il movimento popolare del 22 febbraio è un’opportunità storica per il Paese”, ma le classi politiche “non vogliono coglierla”.
Al voto di oggi l’affluenza potrebbe non raggiungere neanche il 20 per cento, “ben al di sotto delle elezioni farsa di Bouteflika” osserva Khan. Che avverte: “Chiunque sarà eletto avrà ancora meno legittimità del suo predecessore e questo peggiorerà la crisi. Queste elezioni sono un grosso rischio per il Paese”.
In questo quadro, Khan sollecita il ruolo degli intellettuali: “Il regime per anni ha maltrattato la cultura promuovendo spettacoli volgari e riletture superficiali del nostro
patrimonio”. Scrittori, pensatori e artisti rimasti svincolati dal regime godrebbero però di grande stima tra la popolazione. “Possono assumere un ruolo di guida” sottolinea Khan: “Ricostruire l’Algeria è un compito immenso, ma noi possiamo dare il nostro contributo per lo sviluppo della società e dei suoi valori più positivi: libertà, giustizia e dignità”.