Osservate bene questa foto, è il volto di un giovane ragazzo indigeno; era un “Guardiano” un Custode della Foresta, un protettore di Madre Terra e su di essa vegliava. Nato e vissuto nel verde dell’Amazzonia, cresciuto nel parlare degli uccelli, nello scorrere dell’acqua che si fa vita dentro la linfa dei maestosi alberi, dipinto sul volto dei colori, dei disegni, dei simboli delle creature che popolano l’oceano verde chiamato Amazzonia.
Lo hanno strappato alla vita, in questi giorni se ne apprende la la notizia. Un agguato di taglialegna intenti a tagliare alberi all’interno del territorio indigeno di Araribóia, regione di Bom Jesus das Selvas, Maranhão.
Gli hanno sparato nel mezzo ai villaggi di Lagoa Comprida e Jenipapo. Riverso in terra come ad abbracciarla ancora un’ultima volta. Lo hanno trovato così, venerdì 1° novembre, un giovane indigeno, si chiamava Paul Paulino Guajajara.
Secondo le informazioni ottenute ad oggi, anche il guardaboschi assegnato formalmente a quella zona, Laércio Guajajara è stato colpito durante l’attentato. Pare che nell’attentato sia morto anche uno dei taglialegna, il corpo poi fatto sparire dagli altri taglialegna prima dell’arrivo delle autorità brasiliane.
Siamo di fronte all’incapacità dello Stato brasiliano governato da Bolsonaro di proteggere i territori indigeni, di salvaguardare la foresta, i “Guardiani della foresta” i popoli indigeni in questo momento ne stanno pagando il prezzo più alto, con morti e uccisioni che avvengono tutte le settimane, una incapacità che spesso sfocia nella complicità del governo brasiliano, nell’aver promesso ai grandi proprietari terrieri e alle grandi aziende multinazionali di poter sfruttare vaste zone della foresta amazzonica
Invase da accaparratori di terra e taglialegna, le terre indigene di Maranhão sono da tempo teatro di una lotta impari, in cui piccoli gruppi di Indigeni Guardiani scelgono di difendere, spesso con le loro vite, l’integrità dei loro territori.
Paulino e Laércio sono solo le ultime vittime di uno stato che rifiuta di rispondere alla Costituzione federale.
“Ripudiamo e diciamo basta a una vera e propria ondata di violenza quella generata dall’incapacità dello Stato di adempiere minimamente al suo dovere di proteggere questo e tutti i territori indigeni del Brasile, chiediamo l’adozione di misure immediate per prevenire ulteriori conflitti e morti nella regione.” così hanno affermato i rappresentanti di Greenpeace del Brasile, riguardo all’ennesima morte di un indigeno
“Siamo dalla parte e solidarizziamo con i coraggiosi guerrieri Guajajara dell’Arariboia Indigenous Land e i Guardiani della Foresta nel Maranhão e in tutto il Brasile, che continuano a combattere quotidianamente per il diritto all’esistenza.” hanno continuato i rappresentanti di Greenpeace del Brasile.
Aggiungiamo che questa battaglia per la salvaguardia dei popoli indigeni e della foresta dell’Amazzonia anche se pare lontana, è vicinissima a noi e alle sorti di tutto il nostro pianeta. Secondo le ultime previsioni riportate in un precedente articolo, proseguendo al ritmo odierno con l’abbattimento di vaste aree forestali amazzoniche, in capo a pochi anni, (chi afferma 2 anni, altri 5, i più ottimisti 10), si ridurrà la foresta amazzonica all’incapacità di auto-produrre sufficienti piogge per il suo stesso mantenimento, venendosi a creare così una specie di punto di non ritorno, ormai molto vicino secondo i dati, e che una volta oltrepassato, la foresta amazzonica sarebbe destinata a scomparire nel tempo, per trasformarsi in un’area molto più simile ad una savana che a una foresta.
Ciò comprometterebbe pesantemente il ciclo delle piogge, di fatto condannando l’intero pianeta a stravolgimenti climatici e ambientali enormi che cambierebbero il volto stesso del pianeta così per come è adesso.
Si parla quindi nel breve termine di una lotta per la protezione e la salvezza dei popoli indigeni e della foresta dell’Amazzonia, ma nel medio periodo, la loro distruzione significherebbe anche la condanna del mondo, almeno per come lo conosciamo.