« La realizzazione di colonie nel territorio palestinese occupato, compreso Gerusalemme Est, non ha alcun valore legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale come indicato dalla Risoluzione 2334 (2016) del Consiglio di Sicurezza ».
A ripetere l’affermazione ormai pleonastica, visto che non viene fatta rispettare, è stavolta Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite. La riporta il sito internet dell’ONU.
L’occasione per l’intervento è data dalla “Giornata internazionale di solidarietà al Popolo palestinese” che si è svolta ieri 29 novembre scorso, a 72 anni esatti dalla Risoluzione 181 che prevedeva « l’istituzione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo in Palestina, con Gerusalemme come corpus separatum sotto un regime internazionale speciale ».
Guterres ha tracciato un sintetico bilancio dell’anno trascorso: « non c’è stata alcuna evoluzione positiva, anzi la situazione nei Territori continua a deteriorarsi ».
I nuovi insediamenti, ha spiegato il Segretario dell’ONU, « compromettono la strada verso la creazione di uno Stato palestinese ».
E’ noto che la “Convenzione di Ginevra” del 1949 (articolo 49, paragrafo 6) vieta ad una potenza occupante d’installare la propria popolazione civile nei territori che ella occupa. Invece, sono circa 240, con 650.000 coloni, gli insediamenti israeliani in Cisgiordania ed a Gerusalemme Est dal 1967 ad oggi.
Antonio Guterres, tuttavia, ha intimato ai palestinesi di cessare gli spari di mortaio o il lancio di missili sulla popolazione civile israeliana.
La soluzione al conflitto si troverà, prima o poi, è convinto il massimo esponente dell’ONU.
Per Tijjani Muhammad-Bande, presidente dell’Assemblea delle Nazioni Unite, trovare una soluzione alla “questione palestinese” è « un dovere collettivo ».
In attesa che giunga la pace, però, il 43% dei palestinesi – più di 5,4 milioni di persone – ha abbandonato il proprio Paese e vive in condizione di “rifugiato” altrove.
« La situazione umanitaria e socio-economica continua ad alimentare collera e disperazione nelle popolazione palestinese e nuove “escalation” di violenza », ammette Tijjani Muhammad-Bande.
Solo pochi giorni fa, Nickolay Mladenov, inviato ONU per il Medio Oriente, aveva ricordato gli sforzi dell’ONU per assicurare i servizi elementari agli abitanti di Gaza: « è stata riattivata l’elettricità nelle case; sono stati creati del lavoro e delle opportunità economiche ».
Mladenov, pur ammettendo il peso delle azioni di Israele e la mancanza di risorse finanziarie, accusa le « divisioni politiche interne » dei palestinesi quale causa delle pessime condizioni di vita del Popolo palestinese.
Pertanto l’inviato ONU per il Medio Oriente, invocava, come soluzione alle divisioni, lo svolgimento di « elezioni credibili » al più presto e che coinvolgano tanto gli abitanti di Gaza che i palestinesi in Cisgiordania ed a Gerusalemme Est.