Una salute mentale più umana e più giusta non è un miraggio, ma una realtà che ha cominciato a diffondersi anche grazie all’esperienza fatta durante un convegno organizzato a Trento alla fine degli anni Novanta, quando per la prima volta non parlarono solo esperti e operatori del settore, ma anche chi soffre di problemi psichici e i loro familiari. Questo appuntamento continua da allora, ogni anno, e ha dato vita a molte altre iniziative, una proposta di legge depositata in Parlamento e la nascita de Le Parole ritrovate con il suo approccio incentrato sul “fareassieme”, un movimento che negli ultimi vent’anni ha cercato di rivoluzionare la salute mentale in Italia e non solo. Lo ha fatto in maniera “dolce”, attraverso la passione e l’impegno quotidiano di migliaia di persone che hanno cercato di dare voce ha chi non ne aveva mai avuta, coinvolgendo utenti e familiari nelle decisioni che contano attraverso quell’approccio che è diventato noto in tutta Italia come fareassieme. “Nell’Italia della salute mentale, che viaggia a molte velocità diverse, ci sono ancora realtà dove le persone che soffrono di disturbi psichici – e le loro famiglie – sono spesso abbandonate e inascoltate. Lasciate ai margini” ha ricordato Renzo De Stefani, psichiatra, co-fondatore e referente del movimento Le Parole ritrovate e autore assieme al giornalista Jacopo Tomasi dell’omonimo libro pubblicato da Erickson “Le Parole ritrovate” che racconta proprio la storia di chi questa rivoluzione l’ha messa in atto con azioni e iniziative concrete, dalle attività nei Dipartimenti, ai convegni, passando per originali traversate dell’oceano in barca a vela o viaggi in treno fino a Pechino.
Per questo all’indomani della giornata mondiale sulla salute mentale, venerdì 11 ottobre, proprio Trento è tornata ad ospitare l’incontro “Paese che vai fareassieme che trovi” che ha presentato quattro diverse esperienze attivate in quattro continenti, che sono entrate in contatto, in vario modo, con l’approccio e le buone pratiche del fareassieme nella salute mentale. L’appuntamento che si è inserito all’interno del 20° incontro de Le Parole ritrovate, è stato promosso anche da Fondazione Fontana e dall’Associazione Trentino con i Balcani ed è partito dalla visione strategica del Servizio salute mentale di Trento, che è stato diretto dal 1989 al 2018 proprio da De Stefani e che da diversi anni cerca di modellare le proprie strutture e i propri processi assistenziali sui principi e sulle pratiche del fareassieme. Come? “Occorre credere che tutti possediamo un sapere. Per gli operatori deriva da un percorso professionale, per gli utenti e i familiari dall’esperienza acquisita convivendo con il disturbo psichico. Dal rispetto, dal riconoscimento e dall’integrazione di questi due saperi aumenta il sapere collettivo; serve credere nel valore della responsabilità personale. Per tutti, anche per la persona che vive le più grandi difficoltà, investire in responsabilità significa investire in salute e benessere; è necessario credere che il cambiamento sia sempre possibile. La sofferenza psichica è un evento della vita che possiamo affrontare e superare”. Appare quindi indispensabile “credere che ognuno abbia delle risorse e non solo dei problemi. Tutti, se ci guardiamo dentro, possiamo scoprirle ed imparare a valorizzarle al meglio”.
È questo il comune denominatore anche delle iniziative presentate durante la serata che prese singolarmente possono sembrare piccole, ma unite l’una all’altra dipingono un quadro di fiducia e speranza che ci arriva da ogni parte del mondo a cominciare dal Brasile dove il fareassieme è arrivato quasi per caso nel 2005, sbarcando a Ijuí, una piccola città a 500 chilometri da Porto Alegre, capitale dello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul. Un gruppo di “ambasciatori” del fareassieme trentino, dopo una serie di conferenze e l’incontro con la locale realtà della salute mentale, ha dato vita alla casa del fareassieme di Ijuí e ad un ormai abituale gemellaggio che ha portato a una reciproca crescita. Una strada appena avviata anche in Kenya nell’agosto del 2018, quando grazie alla storica partnership che lega la Fondazione Fontana con il Saint Martin di Nyahururu, una delegazione trentina ha trascorso una settimana al Saint Martin partecipando ad una serie di incontri per conoscere e capire una realtà molto lontana da quella italiana, ma sicuramente ricca di suggestioni e interessata a portare aiuto al mondo del disagio psichico anche attraverso il fareassieme. Già dal 2016, invece, a Kragujevac nel cuore della Serbia, l’associazione LUNA2015 è diventata la prima realtà di utenti e familiari della Serbia Centrale a promuovere i diritti umani e l’integrazione socio-economica delle persone con disagio psichico. Un impegno congiunto di utenti, familiari, istituzioni locali, dell’Associazione Trentino con i Balcani e dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento che hanno permesso a LUNA2015 di crescere, di arricchirsi e di diventare un punto di riferimento prezioso all’interno della comunità di Kragujevac, proprio come è accaduto a Kagoshima, una città nel sud del Giappone. Qui nel 2015 la sintonia con i principi del fareassieme è nata visitando il Servizio salute mentale di Trento e grazie al Laguna Group ha dato vita ad un’esperienza atipica per il Giappone, dove tutto ruota ancora attorno ai manicomi privati e tradizionali che ospitano ancora 350.000 ricoverati.
Si tratta, in tutte e quattro le esperienze, di approcci che sono stati capaci di fare incontrare utenti, operatori di servizi di salute mentale, familiari e cittadini valorizzando le capacità di ciascuno. Come ha ricordato De Stefani “La malattia mentale ci può dividere o ci può unire, ci può fare sentire profondamente soli, ma ci può anche dare occasione e motivo di valorizzare la radice profondamente umana, e quindi comune, presente in ogni esistenza, sana o sofferente che sia. Le Parole ritrovate danno voce e protagonismo a chi non li ha mai avuti e a chi li ha persi e servono a coinvolgere e a lasciarci coinvolgere da reti allargate di persone, di intelligenze, di sentimenti”. Un cambiamento sempre possibile quando cominciamo a riscoprire nelle persone non solo il “problema”, ma anche la risorsa, dando valore e significato a ciascuno di noi. “Solo così il disagio psichico ritrova posto e dignità nel quotidiano di tutti noi, in una comunità in cui ciascuno è un po’ più responsabile per tutti” ha concluso De Stefani.