Gli ultimi dati comunicano che in Italia sono in aumento i femminicidi e nel 2018 sono state 142 le donne uccise: è evidente che non facciamo abbastanza per prevenire il fenomeno ormai divenuto una vera emergenza. Analizzando il nostro vivere sociale ci possiamo rendere conto dell’imporsi di un modo di comunicare contrario ad ogni regola di civile convivenza. Sì, perché la civile convivenza dovrebbe essere rispettare, non scavalcare e rivolgersi agli altri con un eloquio educato per favorire rapporti pacifici. La nostra quotidianità è invece sempre più governata dalla legge della giungla dove il più forte sopravvive grazie a tutti coloro che non ce la fanno. Questa “legge” supportata e sostenuta dall’evoluzione tecnologica ha reso pervasiva la violenza dandole la possibilità di diffondersi in modo capillare con enorme spietata supremazia, pensiamo ai social e alla loro diffusione in tutti gli strati sociali con la possibilità che offrono di attaccare, bullizzare e stalkerizzare. Il più forte è anche chi detiene il potere economico e chi manipola le menti. La violenza non è nemmeno soltanto la guerra, indicatore della mancata e vera evoluzione umana, essa viene trasmessa e tenuta saldamente in vita quotidianamente a partire da piccoli gesti.
Dal carrello della spesa prevaricatore, al sorpasso di un’auto sulle strisce pedonali, passando per uno sguardo ostile quando una donna esprime un’idea brillante, giungiamo alla violenza fisica se lei decide di chiudere la relazione e lui, invece di chiedersi il perché, risponde con un gesto a volte estremo. I gesti violenti sono sempre verso i più deboli e continuano ad esistere anche a causa di una aumentata incapacità di perdere, è sempre più difficile accettare la sconfitta qualunque essa sia e la frustrazione trova linfa vitale nella vendetta piuttosto che nella ricerca di una soluzione.
La parola è come un Farmakon, sa essere un veleno mortale, lo ha detto il filosofo Gorgia cinque secoli prima di Cristo, concetto che nel detto popolare “La lingua uccide più della spada” ha trovato immediata divulgazione. Se si vuole colpire qualcuno si può farlo con l’uso del linguaggio, infatti le parole sanno produrre violenza, si parla di violenza verbale quando due interlocutori si insultano, si diffamano, si distruggono a vicenda: il più abile comunicatore vince il duello e l’altro soccombe. Gli esseri umani devono quindi combattere ad ogni costo? O con la spada o con la lingua? No, ed è qui che entra in gioco la nonviolenza, unico codice comportamentale capace di mitigare l’aggressività dilagante. La nonviolenza è un atteggiamento mentale che sa tradursi in comportamento di lotta civile senza armi, è un modo di vivere quotidiano che osserva e agisce anche in gruppo per il bene comune. Credo sia sufficiente osservare la società con maggiore attenzione, con sguardo analitico e allo stesso tempo d’insieme e quindi filosofico, per rendersi conto che quanto sto affermando è realizzabile.
Ci sono infatti tanti esseri umani che lo testimoniano evitando il conflitto. Quando qualcuno taglia la strada mentre si è in auto, anche se è un pericolo, non è urlando improperi, aprendo la portiera con atteggiamento minaccioso, usando la forza di un pugno o di una pugnalata che si risolve il problema della maleducazione stradale, ma come sempre è bene prevenire con l’educazione. Mi direte che è la solita storia, che non c’è e non ci sarà mai un vero impegno collettivo. Non è vero! La nonviolenza è seguire un esempio di lotta che disconosce ogni forma di prepotenza come ci ha insegnato Ghandi e che nel mondo di oggi si può tradurre nel seguire modelli di vita rispettosi della Natura e dei suoi abitanti. Chi ama gli animali non può criticare l’azione di Greta Thunberg solo perché dietro il suo impegno si dice ci sia una organizzazione a scopo di lucro, al contrario deve apprezzare il significato simbolico della sua lotta senza alcuna forma di violenza. Il 2019 ha visto la venuta al mondo di nuovi movimenti come quello appena nato delle cosiddette Sardine che, al di là di ogni posizione politica che non mi interessa valutare, mostra la possibilità di opporsi ad un partito politico in modo assolutamente non aggressivo. Esso comunica “non sono d’accordo” e per dimostrarlo occupa uno spazio pubblico. È il risveglio, in generale, di una collettività che rifiuta lotte e spargimenti di sangue reali o simbolici. Cosa ci sarà dietro tutto ciò ce lo dirà la storia, ora è il momento di osservare senza continue ed estenuanti polemiche.
Possiamo solo sperare che la nonviolenza espressa attraverso le manifestazioni diventi un modello educativo capace di sensibilizzare i giovani, e non solo, ad un approccio rispettoso dell’integrità della donna senza dimenticare tutti gli esseri viventi. Mi auguro si espanda, quindi, come un’onda salvifica capace di ri-educare.