Contro il mondo che invecchia e che ha a che fare con sempre più malattie croniche è opportuno riconoscere un diritto: quello alle cure domiciliari che “rappresentano un bene fondamentale per i pazienti che necessitano di prestazioni di medio-alta complessità assistenziale e che spesso presentano anche fragilità sociali”. A dirlo sono 8 associazioni di malati che hanno realizzato un documento, rivolto alle istituzioni, per una politica di integrazione sulle cure domiciliari. Il documento vede la firma dell’Aism (l’Associazione italiana sclerosi multipla), dell’Uildm (l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare), dell’Aisla (l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) delle Famiglie Sma (per la ricerca sull’atrofia muscolare spinale), dell’associazione italiana pazienti Bpco onlus, di Respiriamo insieme, di Anna (Associazione nazionale nutriti artificialmente) e dell’Associazione “Un filo per la vita”.
Terapie salvavita come l’ossigenoterapia, ventilazione meccanica, nutrizione artificiale, prestazioni sanitarie e riabilitative e il monitoraggio da remoto con strumenti di telemedicina, oltre che la fornitura di ausili standard e personalizzati. È quanto offrono gli homecare provider, i fornitori di servizi e assistenza domiciliari, che si affiancano ai caregivers e alle figure sociosanitarie nell’assistenza a persone che per le malattie o l’invecchiamento hanno bisogno di supporto in alcune funzioni vitali. Queste figure diventano sempre più centrali in modello di assistenza sanitaria che in Italia sta evolvendo. Da una parte emerge la necessità di cure, nel territorio, che evitino o riducano al massimo o ricoveri in ospedale. Dall’altra aumenta anche l’attenzione verso la qualità.
Secondo un’indagine presentata oggi a Roma nel corso dell’incontro “Le cure domiciliari e il ruolo degli Homecare provider – Integrazione dei servizi, valore per il paziente”, tra le persone dai 65 ai 74 anni, circa il 48,7% si dichiara affetto da almeno due malattie croniche, dato che raggiunge il 68,1% per le persone di età maggiore ai 75 anni. Le patologie più frequenti sono le malattie cardiovascolari (32,8%), seguite da quelle respiratorie croniche (24,5%), dal diabete (20,3%), dai tumori (12,7%), dall’insufficienza renale (10,1%), dall’ictus (9,9%), dalle malattie croniche di fegato (6,1%). Un’elevata presenza di più malattie contemporaneamente, con la presenza di 3 o più patologie croniche, coinvolge il 13% della popolazione (poco meno di 8 milioni di persone). A questi vanno aggiunti i pazienti fragili – quali ad esempio le persone (spesso bambini) con malattie croniche, rare e non autosufficienti, con disabilità, così come quelli che necessitano di cure palliative. La predisposizione di una nuova offerta di cure non può che avvenire sulla base dei bisogni di questi pazienti fragili.
“L’Italia – sottolinea Roberto Bernabei, ordinario di Geriatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente di Italia Longeva- sta invecchiando velocemente con il raggiungimento della cosiddetta ‘terza età’ da parte dei baby boomers, con il conseguente incremento delle condizioni patologiche che richiedono cure a lungo termine e con un’impennata del numero di persone non autosufficienti. La grande sfida dei prossimi decenni sta quindi nella capacità di ripensare l’assistenza socio-sanitaria potenziando le cure domiciliari e investendo in reti assistenziali, competenze e tecnologie. Siamo ai primi posti al mondo per longevità, ma l’obiettivo, del singolo e dell’intera collettività, non è solo quello di invecchiare, quanto piuttosto di raggiungere una vecchiaia attiva e il più possibile in buona salute”.
In ambito sanitario, le imprese impegnano oltre un migliaio di addetti (il totale del comparto, incluso il settore industriale, arriva a circa 5.000 addetti tra cui infermieri, dipendenti, fisioterapisti, personale sanitario e Oss) e gestiscono 384mila pazienti l’anno, operando nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale in coordinamento con Asl, ospedali, medici di medicina generale e specialisti. Ci sono in questo ambito delle criticità da affrontare, tra le quali la complessità e la frammentazione del sistema delle cure domiciliari nel nostro Paese.
“Cure domiciliari e presa in carico della persona con disabilità – spiega Marco Rasconi di Uildm – sono dei nostri cavalli di battaglia. È chiaro che per noi è fondamentale il concetto che la persona con disabilità possa trattare la sua malattia all’interno della propria abitazione. Vogliamo alleggerire i familiari per quanto riguarda la cura ma è anche nostro intento sviluppare sempre di più i progetti di vita delle persone con disabilità. Parlare del ‘Durante noi’ che porta a un dopo di noi più sereno, è molto importante. Passa tutto attraverso la presa in carico sociale e sanitaria, che spesso devono incrociarsi e accavallarsi in quel preciso momento che è la cura a casa. Che sia trasversale, disponibile a tutti, con un minimo garantito su tutto il territorio nazionale, è per noi di assoluta importanza”.
“Ogni paziente – spiega Filippo Lintas, presidente del Gruppo Gas medicinali e servizi di assistenza domiciliari di Assogastecnici – specialmente quello complesso, è assistito da un insieme di fornitori diversi, che vengono selezionati attraverso gare d’appalto indette per ogni singolo aspetto dell’assistenza. L’onere dell’integrazione dei diversi servizi ricade quindi interamente sul paziente o sul suo caregiver, cioè chi se ne prende cura. Complesso, perché le numerose gare d’appalto (una per ogni servizio reso alla stessa persona) indette da centrali d’acquisto diverse tra loro, rendono altamente complessa la gestione delle cure domiciliari e il coordinamento tra i vari aspetti ad esse correlati, anche da parte del Servizio sanitario nazionale, con la conseguenza che il modello non è ‘cucito’ sui bisogni terapeutici del paziente. È un sistema iniquo perché i Lea, Livelli Essenziali di Assistenza, forniscono una cornice di riferimento in termini generici: spetta a Regioni ed enti sanitari territoriali l’implementazione e l’erogazione concreta dei servizi domiciliari. Le diverse tempistiche di applicazione, unite al mancato coordinamento sull’offerta da garantire e alle differenze di budget esistenti tra i diversi enti, hanno generato diseguaglianze per cui a molti pazienti non vengono garantiti adeguati servizi domiciliari e questo in base alla loro area geografica di residenza. Di conseguenza, avendo noi come Homecare provider una visione privilegiata ci sentiamo in obbligo di intervenire affinché queste diseguaglianze vengano superate con un modello di presa in carico che sia omogeneo, efficiente ed efficace”.